Odio gli specchi, voi no?
Ti sbattono davanti la cruda realtà di quello che sei, o meglio, quello che appari, senza nemmeno darti un attimo per prepararti a quello che stai per vedere.
Fanculo gli specchi.
Lo specchio davanti a me, mi riporta, infatti, quello che dovrebbe essere il mio riflesso, peccato che io in realtà non mi rispecchi per niente in esso.
Una ragazza non grassa, non magra, ma noiosamente, normalmente rotondetta. Un gradino più in basso rispetto a quelle magre, belle, ovvie.
In realtà non sono invidiosa di loro (a parte del loro fisico), perché mi fa un po' pena e spavento pensare a quanti identiche a loro ce ne siano.
- Deborah!
La voce di mia madre e la porta sbattuta con violenza mi ridestano da uno dei miei black out filosofici, come li chiamano in famiglia: ovvero quando mi stacco dal resto del mondo e mi perdo nel mio palazzo mentale.
- Ne hai ancora per molto? - mi rimprovera mia madre con un cipigio nel notare che io in realtà sia perfettamente pronta, ma impalata davanti lo specchio.
Lancio una veloce occhiata al mio riflesso, ed è sempre così, sono sempre occhiate veloci, guardo disgustata quanto mi stia male la nuova uniforme. La gonna mette in mostra quelle che dovrebbero essere le mie gambe e la camicetta bianca è qualcosa di decisamente inguardabile, per non parlare dell'orrido fiocco blu. Cristo.
Nonostante sia settembre, sono pallida come la morte (perché, sul serio, come credete che abbia passato l'estate?). Mia madre mi ha costretta a legare i capelli, che, noiosamente castani, sono ricci e quindi tremendamente arruffati, visto che non ci provo nemmeno a pettinarli. Ho gli occhi castano-verdi e un naso su cui fa bella mostra di sé Bob, il mio inseparabile amico brufolo (ciao, Bob).
- Le valigie sono già in macchina e Cherry ti sta aspettando, muoviti! - mia madre a quel punto esce e io la seguo. Cherry è probabilmente la unica amica (si scrive così?), ma diciamo che più che altro è quello che piace pensare alle nostre madri best friend forever, che volevano che le figlie fossero ugualmente legate.
Cherry è okay, ma il fatto è che lei mi sta un po' sul cazzo. Si insomma, è una di quelle ragazze che sembra non pensare, una di quelle che si trovano ovunque. E non è nemmeno il fatto che sia uno schianto che me la rende pallosa, ma il suo vuoto mentale. Ed eccola lì.
Caelli biondi come la seta, simili ai raggi solari che le ricadono sul volto splendente di giovinezza e bellezza; occhi verdi come uno sguardo felino ammaliatore; pelle baciata dal sole per per le giorante passate in topless e col culo da fuori sulla spiaggia, ecco perché.
- Deborah! Sono così emozionata, tu no? - mi saluta con due baci sulla guancia e subuto ho modo di testare quanto appiccicoso sia il quintale di lucidalabbra che si è spalmata.
- Ehi Cherry - ci metto decisamente meno entusiasmo, ma, ehi, non tutti sono perfetti.
Ah, e inutile dire che mi basta una sola occhiata per appurare quanto l'uniforme le stia divinamente (c'era bisogno di chiederlo?)
Saliamo in macchina, mia madre alla guida e quella di Cherry che ci saluta. Cherry la saluta con mille baci volanti, ma appena voltiamo l'angolo prende il suo Samsung S6 e si fa i cazzi suoi.
Dopo qualche minuto, la mia faccia si ritrova spiacciacata contro il vetro in un'immagine che terrorizza alquanto i bambini che mi vedono.
Dopo appena mezz'ora ho voglia di aprire lo sportello e lasciare che il mio corpo si scomponga in tanto pezzi organici sparsi sull'asfalto.
Destinazione di questa nuova grande avventura?
Il college in cui passarò il mio quarto anno di liceo.
Evviva.