Angel pov:
17:57 - vVv tower
Aprii lentamente i miei occhi consumati e appesantiti dall'ultimo "chack" uscito dalla bocca di travis quella sera. Tutto il mio corpo tremava insieme alle mie palpebre ancora troppo sfinite da quello che fino a qualche mese fa credevo il mio "sancto sactuarium" della passione pazza e travolgente ma, che si é risultata alla fine solo una droga, che inalavo in continazione sperando che un giorno ne sarei diventato troppo accecato per rimpiangere quella scelta di vita che stoltamente avevo preso. Cadendo un'altra volta in un pozzo senza fondo, destinato a precipitare all'infinito in quell'abisso di falsi sogni che mi ero creato tutt'attorno. Una muraglia invisibile che pensavo nessuno sarebbe mai riuscito a buttare giù. Riuscii finalmente a mettere a fuoco la visuale: un letto, telecamere, buio. Buio, Una condizione in cui potevo lasciare andare le lacrime, senza che nessuno mi consolasse o mi capisse. Solo io e il mio futuro insesistente, già prescritto da quella catena fucksia che bruciava la mia carne al solo scintillio incontrollato che essa trasmetteva. Raccolsi le ultime forze rimaste da quella sera e piantai un gomito sul materasso, standendo l'avambraccio per darmi più sostegno nel tirare su il busto che mi formicolava, portandomi una sensazione in corpo simile allo svanimento. Il mio respiro caldo regolava i miei battiti, lenti ma comunque irregolari. Ansimando cercavo una luce, una piccola fonte di calore che mi scaldasse le membra, stanche e senza forze a causa del film registrato quel tardi pomeriggio. Aspettavo che la mia vista si affilasse, scorgendo paralizzato piccole gioccioline scarlatte che atterravano espandendosi sul materasso rosa. Girari lentamente la testa, evitatando che quest'ultima iniziasse a girare e cercavo di intravedere nell'oscurità la mobilia che mi circonadava. Il buio inglobava ogni cosa, avvinghiandola a se come se volesse nascondermi tutto ciò che potesse creare abbastanza tranquillità da rallentare i miei respiri, diventati frenetici e incontrollati dalla stanchezza. Feci leva con l'avambraccio steso sul materasso e con una spinta alzai il busto. A quello spostamento le mie gambe si mossero col mio addome, come fossero prive di vita, erano come pezze attaccate al mio busto, formicolanti a tal punto da non riuscire quasi più a sentirle. La sensazione era stimolata ancora di più dalla presa attillata che i miei lunghi e stretti stivali avevano fin sul polpaccio. Non li avrei tolti. Quei tacchi erano impenetrabili come le mutande di una suora, cavó che mi permettevano di oscurare la parte meno ambita del mio corpo, quella parte bestiale e virile che ancora mi apparteneva per quanto io cercassi di ignorarla. Lentamente passai una mano dei miei arti inferiori sullo stivale, lasciando che che le dita scivolassero sul lungo tessuto di pelle accarezzandolo, indeciso se aprire la zip e lasciare respiro alla mia pelle. Presi la piccola cernierina tra pollice e indice. A quel contatto la mia mano sussultó, a causa della piccola scossa che il formicolio mi aveva provocato a contatto con la mia pelle. Le mie dita iniziarono a tremare mentre giocavano con il piccolo metallo che reggievano, come se stessero abusando di un arma micidiale senza protezioni. Lasciai un respiro tremante allontanarsi dalle mie labbra, sentendo il calore diminuire mentre piano quel monsone si allontanava. L'aria era irrespirabile, troppo calda ma, che ti faceva sudare freddo. Era umida l'oscurità che mi circonadava, come se stesse bramando il momento in cui mi sarei svestito di quelle impalcature per prenderle a sé, lasciandomi completamente nudo in tutti i sensi. Procrastinavo passandomi l'aggeggino di metallo tra le dita, aspettando il momento in cui le mie dite avrebbero raggiunto lo spasmo per far scivolare fin giù la zip degli stivali, quando, il mio respiro si spezzó. "cazzo" ansimai, lasciando che le mie corde vocali sibilassero l'ultima sillaba cercando di fermare il tempo in quell'istante. Sentivo il rumore di tacchi secchi e sottili rimbombare nell'immensa struttura vuota. Difficile non riconoscerli: gli stivali di colui che possedeva la mia anima e che mi faceva spezzare la schiena appena ne aveva l'occasione. Quei ticchettii calibrati perfettamente dalla vulvetta per far gelare il sangue a chiunque si fosse trovato vicino alla falena mangiacuori nell'arco di chilometri. Non sapevo se fosse venuto da me ma, non volevo scoprirlo. Più velocemente possibile, seppur lentamente, feci calare le mie gambe tremanti ai piedi del letto, tirando a loro di rimando anche la parte superiore del mio corpo, lasciandomi per qualche istante senza respiro, mentre le tenebre ancora osservavano il mio comportamento, limitandosi a guardare e non agire. Ma d'altronde erano solo tenebre, formate dalle membra delle anime corrote dall'ira, avarizia, invidia, superbia, ingordigia, accidia e lussuria. Costrette a vagare senza meta nell'ombra della fossa della perdizione, sperando di poter tornare alla luce della redenzione che loro però si ostinano a non voler vedere, continuando a perdersi nella loro oscura dannazione eterna. Cercavo di rimettere su la mia maschera da finto attore dopo il piccolo frantumamento di pochi minuti prima, quando, una foschia inebriante fucksia si faceva strada sul mio corpo, arrotolandosi sempre di più al mio essere. Quel fumo non poteva stringermi ma, il solo odore mi causava uno stordimento immane, quasi piacievole, come una droga che per un attimo ti fa sentire amato e incantevole, anche sotto gli occhi del tuo abusatore... Io ero l'assuntore di quel veleno che era Valentino, sapevo che un giorno mi avrebbe consumato tutto ma, non potevo farne a meno per quanto lo desiderassi: io non sono nessuno senza Valentino, sarei solo anthony, un fragile, laido, sgraziato, goffo e orribile peccatore come gli altri, che sfrutta l'infelicità altrui oer i propri scopri grotteschi e perversi. Inalai una piccola scia fucksia che si esibiva sotto il naso, pronta per diventare altro veleno per le mie membra. Chiusi gli occhi per assaporare ogni sfumatura di quel rosa assassino che si mescolava coi miei organi. "ben svegliato, amorcito" aprì di scatto gli occhi con un piccolo spasmo che fece sussultare ogni parte del mio corpo, spezzando il mio irregolare respiro. La figura nera imponente della falena si stava facendo strada tra le tenebre, che quasi si affrettavano a farsi da parte per far passare il signore supremo. "allora angie... Divertito ieri sera?" si piegó lievamente, stringendo in modo poco delicato le mie coscie che tremavano dalla stanchezza e divaricandole con un gesto veloce e freddo. Lui mi guardava fiero, sapendo che ogni parte del mio corpo aveva paura di lui ma, allo stesso tempo a causa di quel suo fumo lo desideravano tanto. "ehm... I-io val. -" di scatto mi buttó all'indietro con la schiena sul morbido letto, che però mi sembró di pietra dall'aggressività con cui mi sbatté su questo. Mi prese con gli arti superiori tutte e quattro le braccia stringendole in una gelida morsa che mi bloccava la circolazione, il che mi portó solo ad ansimare di più. "brutta troia se pensi di poter svanire nel nulla e ignorarmi per poter scampare al nostro patto di sbagli di grosso..." le sue parole erano taglienti come rasoi. Mi prese il viso stringendolo forte, un dolore lento e lacerante che mi bloccava il respiro. "tu sei mio, tu mi appartieni. Sei sotto contratto per la vita eterna e NIENTE e NESSUNO potrà SALVARTI" mi scaraventó a terra con un forte schiaffo. Feci dei grossi respiri incontrollati tornando a respirare mentre ancora accartocciato a terra cercavo di allontanarmi mentre guardavo ancora valentino con un sguardo supplichevole, quasi sul punto di scoppiare a piangere. "val, io... ti prego!" non feci in tempo di finire la frase che lui mi attanaglió il braccio destro, stringendolo con una forza immane. Odore di carne bruciata si fece largo per tutta la stanza. La mia carne bruciata. La falena mi stava ardendo il braccio con la sua presa dannatamente troppo forte per riuscire a ribellarmi, neppure le mie grida di dolore riuscivano a fargli smettere quel gioco letale che mi stava riuccidendo. "adesso va a quella topaia del tuo merdoso hotel e vedi di rispondermi ai messaggi altrimenti ti faró scopare per tutta la notte fino a ché non ti ricorderai nemmeno più il tuo fottuto nome" detto ció lasció la presa fumante del mio braccio ormai ridotto a brandelli viola, il segno delle sue dita era marchiato nella mia pelle come un segno di appartenenza. Ritrassi subito il braccio, portandolo a me come per proteggerlo senza però mai distogliere lo sguardo dalla falena, per paura che potesse cogliermi di nuovo alla sprovvista. " scusami amorcito, che monello che sei mi fai perdere la testa~" dopo avermi umiliato un'altra volta con queste parole se ne andó dinuovo, lasciandosi inglobare nuovamente nell'oscurità che circondava la grande sala illuminata solo dalla luce dei lampioni fuori dallo studio. Il mio respiro piano tornó decente dopo che non sentii più il ticchettio dei tacchi del mio abusatore che mi creavano solo angoscia. Io invece ero lì, ansimante e tremante a terra che soffocavo le lacrime, incapace di agire o chiedere aiuto perché non lo avevo chiesto a nessuno, e doveva rimanere così. Questa é la mia cazzo di dannazione, la solitudine e lo sconforto eterno, dover reprimere il mio vero io nei meandri del mio essere per venire accettato non per quello che sono ma, per il teatrino che val mi ha fatto diventare: angel dust.
STAI LEGGENDO
ONE SHOTS-hazbin hotel
FanfictionQui pubblicherò le mie one-shots da leggere tutto d'un fiato sulle ship di hazbin hotel, farò le one-shot che mi chiederete nei commenti così avrete le ship che più desiderate... Vi avverto in ogni one-shot ci saranno scene spinte, violenza, sangue...