«Il solito, per favore».
Lui le porge il bicchierino di liquore con un sorriso: sulla bocca, si mangiucchia quella domanda (qual è il tuo nome?) che gli logora l’anima come il calore fa con la neve, quando un dito la sfiora e vi scava un solco. Jack non riesce a essere indiscreto: timido non lo è mai stato ma, nel momento in cui incontra il suo sguardo, si riscopre un ragazzino innamorato dell’idea dell’amore – e che, per questo, lo teme come poche altre cose.
«Oggi va meglio?».
Non riesce a non frenare quelle parole – lei spalanca gli occhi chiari, sorridendo timidamente: è gelida, un chicco di grandine che colpisce e lascia il segno, graffiando e ferendo quella pelle troppo chiara. Jack ha il pallore di un annegato, quando la guarda e scopre che respira meglio se si focalizza sul suo viso.
La fa sorridere, ma il ghiaccio non si scioglie.
«Sì, ti ringrazio» sussurra lei, sfiorando con i polpastrelli il bordo del bicchiere. «Tu?».
Jack inghiotte frammenti di discorso – andrebbe meglio se sapessi il tuo nome, sì ma non mi hai detto come ti chiami, ti prego dimmi almeno chi sei – e sorride, a disagio.
«Bene, grazie» sussurra. «Io…».
«Volevo ringraziarti» lo interrompe lei. «Non eri tenuto ad ascoltarmi, sei stato gentile».
Pronuncia quella parola con riverenza, come se ne comprendesse il significato più profondo: è quel che gli suggerisce che, lei, cosa sia la gentilezza non l’ha saputo mai – non se l’è saputa meritare, penserà, ma magari semplicemente ha perso la sua occasione.
Jack sospira, sorride – lui la gentilezza l’ha sempre condita con ghiaccio a cubetti e ciliegie caramellate ma, da quando l’ha vista, da quando i suoi occhi si sono posati su di lei ha desiderato poterle regalare tutta la gentilezza che ha dentro. E amore, anche.
«Non devi ringraziarmi» sussurra. Però potresti dirmi il tuo nome – il coraggio gli smangiucchia il bordo dei pensieri e, allora, Jack non dice mai niente.
Ma lei gli prende la mano e vi deposita sul palmo un biglietto del teatro dove si esibisce, sorridendo (un po’ a disagio).
«Dicono che lo spettacolo sia molto bello» commenta, calma. «E non lo dico perché è il mio spettacolo ma, insomma…».
Jack sorride, osserva il biglietto – verrò, le dice, in un sussurro.***
Prepara il caffè, mette a lavare le tazze – sarebbe la stessa storia di ogni giorno, di ogni ora e di ogni minuto, se non fosse che a mezzanotte in punto, come una Cenerentola infrasettimanale, la stellina del teatro locale entra in un fruscio di gonne e si siede al bancone.
«Il solito, per favore».
Scopre il suo nome allo spettacolo della domenica sera e, il lunedì, si domanda se riuscirà a raccattare il coraggio per poterlo usare: Elsa ricambia il suo sguardo, le mani rese rosse dal freddo pungente e il naso del medesimo colore.
Spero di non stare covando un raffreddore, sussurra sul bicchierino, sarebbe la rovina della mia settimana libera: i teatri chiudono, per Natale, e io non voglio passare le feste a letto a tossire e starnutire.
«Tornerai a casa, per Natale?» domanda lui, con casualità.
Lui che sarà spenderà il proprio tempo di fronte all’insegna del teatro, a leggere il suo nome come se fosse una formula magica – e che sia neve! – per salvarlo dall’inverno che gli si arrampica nel cuore.
«Non credo» risponde Elsa, scrollando le spalle. «Mia sorella vorrà passare del tempo con il suo ragazzo e io…».
C’è solitudine, in lei, quando alza lo sguardo e sorride, a disagio – e Jack, che pure mai ha sofferto di timidezza, si ritrova ancora una volta a mangiarsi le parole senza sapere cosa dirle.
«Mi trovi qui».
Elsa spalanca gli occhi e, quando gli porge i soldi, le tremano un po’ le mani – ma ha lo sguardo saldo e, quando esce dal locale, a Jack non rimane altro da fare se non ascoltare il rumore dei suoi passi che sfuma nel silenzio.***
Prepara il caffè, mette a lavare le tazze – sarebbe la stessa storia di ogni giorno, di ogni ora e di ogni minuto, se non fosse che a mezzanotte in punto, come una Cenerentola infrasettimanale, la stellina del teatro locale entra in un fruscio di gonne e si siede al bancone.
«Il solito, per favore».
Elsa si stringe nel capotto color notte, sedendosi al solito posto, con le mani rese rigide dai guanti: soffre il freddo, lei, così tanto che a volte Jack non deve domandarsi se non sia sbagliata, per lei, quella stagione. Eppure è nata ai primi di dicembre, e lo sa perché una volta ha mancato l’appuntamento del dopo lo spettacolo, per presentarsi due ore dopo con una coroncina di carta in capo e l’espressione stralunata di chi ha alzato un po’ il gomito.
Jack le porge il bicchierino e, inevitabilmente, le sfiora le dita coperte dal pile del guanto azzurro: la fa sorridere e, con un gesto che lo sorprende, Elsa gli allaccia le dita attorno al polso.
«Mi fai compagnia?» domanda, seria, indicando il bicchierino ancora intonso. «Anche se non è una brutta giornata».
Jack sorride e prende un bicchiere anche per sé, riempendolo di liquore – a lei non lo dice: gli ha sempre fatto schifo, il liquore alla ciliegia, quel miscuglio di frutta zuccherata e alcol che riempie la bocca e lì rimane come un ricordo di troppo, a fermentare tra le papille gustative.
«Non pensavo saresti venuta anche oggi» commenta Jack, sorseggiando il liquore. «Non che io sia un fanatico della vigilia di Natale, però…».
La fa ridere – non a squarciagola, un risolino composto che le spacca le labbra secche di rossetto rosa, ma quando alza lo sguardo per incontrare i suoi occhi, a Jack si ferma il cuore. Congelato, come quando ti tuffi in un lago ghiacciato e perdi il controllo del tuo stesso respiro.
«Sapevo che ti avrei trovato qui» commenta lei, con un elegante cenno del capo. «Anche se stasera è la vigilia e nemmeno io sono una fanatica del Natale e…».
«Ti andrebbe di fare una passeggiata?».
Le parole gli rompono le labbra prima che Jack riesca a controllarle – ma, quando la vede sorridere, si rende conto che forse non è troppo tardi, ma il tempo perfetto per cogliere le rose di ghiaccio che ha seminato, giorno dopo giorno, sul fondo di un bicchierino di liquore alla ciliegia.
Elsa sorride, una scia rosa che le ridisegna i lineamenti, riscaldandole la pelle troppo pallida: deve bere un sorso di liquore, per riuscire a dirgli di sì.
È il nocciolo delle ciliegie, quello che ti spacca i denti (e il cuore) ma che, quando lo pianti in mezzo alla neve, fiorisce mille speranze: Jack ripone la bottiglia nel mobile alle sue spalle – per un po’, non gli servirà più.
Forse un ciliegio non sa fiorire tra le stelle di ghiaccio ma, quando lui le porge il braccio e lei vi pone sopra la propria mano (arrossata, screpolata), va bene anche uno scheletro spoglio di fiori: c’è ancora tempo per una primavera, da qualche parte, dentro di loro.●●●●●●●SPAZIO AUTRICE ●●●●●●●●●
salve community di wappad, gente.
Sono Finalmente tornata con una nuova nuova Storia!
Una One shot su Jelsa ❄️🩵
Si, si, lo so non è proprio ciò che vi aspettavate, ma per mancanza di tempo, queste solo quelle più facili di Scrivere eh eh eh.
Comunque prometto che tornerò con una nuova Storia è sarà una nuova STORIA SU JELSA 🩵❄️💙
con la S maiuscola.
Comunque se questa storia vi è piaciuta non dimenticate di farmelo sapere lasciate lasciate una stellina ed un commento.
Grazie 💙Noi intanto ci vediamo alla prossima Storia!🩷💗💕💕
Vi voglio bene 💕💗🩷
Con affetto 🩷🩷🩷🩷🩷🩷🩷🩷🩷
La vostra Mary 🩷💗💕
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CILIEGIE. (ONE SHOT JELSA 💙)
Short Storyogni minuto, se non fosse che a mezzanotte in punto, come una Cenerentola infrasettimanale, la stellina del teatro locale entra in un fruscio di gonne e si siede al bancone. «Il solito, per favore». Jack prende la bottiglia, riempie il bicchierino d...