Mi chiamo Jamie, Jamie Harris, e vivo in Ohio, più precisamente a Cleveland. La mia vita è stata sempre la stessa: se vuoi diventare qualcuno, devi studiare e non stare sempre attaccata a quel dannato computer. Ecco, questa è la teoria di mia madre, Caroline. Io sto studiando e lavoro al supermarket della mia città nei giorni liberi.
****
Oggi è il 25 maggio, uno dei periodi che odio, ma che amo di più : perché ? Perché per prima cosa finisce la scuola, e secondo,ho una noiosissima allergia al polline che in questo periodo è ovunque. Mi alzo a causa della sveglia che suona sempre alla stessa ora, 7.00 del mattino. Prima cosa che faccio una volta seduta sul letto è starnutire. Da sotto si sente la voce di mia madre che urla un "salute!", alzo gli occhi al cielo e dopo essermi stiracchiata, emetto un lamento, se si può definire così, e scendo in cucina a fare colazione. "Oh, eccola qua la dormigliona" dice mia madre. "Mamma, non è giornata". Starnutisco. "Posso rimanere a casa?". La supplisco. "Andiamo Jamie, è solo un po' di allergia, vai a lavorare o non.."
"riuscirai mai a mantenerti, si lo so." Finisco la sua frase e mi siedo al tavolo dove c'è un piatto con due pancake. Mangio di fretta e vado di sopra a cambiarmi. Prendo un paio di jeans e una camicetta bianca, cerco di mettere un po' di correttore per coprire i segni dell'allergia e, dopo aver legato i miei capelli rossicci in una coda, controllo sul computer se ho qualche nuova mail.Da SophySmt a HackJamie :
-Sfaticata, oggi ti passo a trovare, vedi di esserci.-Ovviamente solo io posso avere un'amica così scema.
Da HackJamie a SophySmt:
- Sophia lo sai che oggi devo lavorare, perciò passo io da te quando ho finito, sempre se questa allergia non mi uccide prima, vado, ci vediamo dopo.-Spengo il computer.Lo lascerei acceso, intanto mia madre è già tanto se sa accendere la tv, ma è meglio spegnerlo comunque. Prendo le chiavi del motorino e dopo aver salutato mia madre con un "Ciao, io vado", esco di casa e mi avvio al supermercato. Parcheggio il motorino sul retro e, dopo aver messo il grembiule, entro nel supermercato e vado alla cassa. Sono le 8.30 quando la gente comincia ad arrivare e io ho già consumato un pacchetto di fazzoletti.
"Wow, sei proprio messa male." Mi dice la mia collega.
"Visto ? Ecco perché odio questo periodo dell'anno" dico in risposta. "Ma non potevi startene a casa?." "Pensi che non ci sarei stata ? Mia madre dice sempre: se vuoi diventare qualcuno devi darti da fare. Perciò eccomi qua."
Ridiamo mentre facciamo passare i prodotti delle persone alla cassa. Alcune ore dopo, nel supermercato, entra un ragazzo biondo, vestito con una semplice maglietta bianca, jeans neri e un paio di occhiali da sole. Un tipo figo, ma strano. Pochi minuti più tardi, arriva alla mia cassa con delle cuffie e alcuni microfoni, pile ricaricabili e cavi USB: faccio passare tutto sul lettore ottico. "Queste sono scontate." Dico mentre passo le cuffie, le sconto e gli do lo scontrino. "Sono venti e cinquanta" dico e mi viene da starnutire: cerco di trattenermi ma proprio nel mentre in cui mi passa i soldi, starnutisco. "Oddio, mi scusi, non volevo".
"Stia attenta, dio mio, non voglio ammalarmi per colpa sua" dice con un accento irlandese.
"Ha ragione, mi scusi" dico e il ragazzo si leva gli occhiali rivelando due occhi azzurri.
" E' scusata, ora faccia in fretta che non ho tempo" dice e io mi sbrigo a mettere tutto in una busta, prendo i soldi, do il resto e lui se ne va. Lo guardo uscire e salire su un Range Rover nero.NIALL
Salito in macchina, mi avvio alla base dove Doyle, il mio capo, mi sta aspettando. Arrivo, parcheggio l'auto nel garage e salgo su dove lo trovo seduto sulla poltrona con una birra in mano.
Doyle Moore, il più grande Hacker al mondo, ex spia, nessuno sa niente di lui, so solo che una volta venne arrestato e tenuto dentro per dieci anni. "Allora Horan, hai preso tutto ?" mi chiede prendendo un sorso di birra.
"Certo". Poso la roba sul tavolino. Lui si alza e mi da una pacca sulla spalla per ringraziarmi. Doyle mi ha preso a lavorare per lui quando ero un ragazzo: ero venuto in America quando avevo tredici anni, ai miei genitori non interessava nulla di me, perciò un giorno, uscito ubriaco da una festa, mi prese sotto una macchina e ho dovuto subire un'operazione al ginocchio; due giorni dopo, Doyle mi venne a trovare in ospedale e mi propose di entrare a far parte del suo Team, non avendo una famiglia, accettai. Ero contento, ero preso in considerazione, ero eccitato di diventare una persona diversa, volevo imparare subito tutto, ma Doyle mi disse che prima dovevo capire come funziona il mondo, cosa e come pensa e agisce la gente. Tralasciando tutto, eccomi qua, a sbrigare i lavoretti per lui, se non altro, io sono l'unico in grado di indovinare password, perciò me ne è riconoscente.
"Niall stasera dobbiamo andare ad un Rave, ho un importante cliente e tu devi aiutarmi" dice.
"Certo, basta che mi dici l'ora." Rispondo e cerco nel mini frigo una birra.
"Il rave inizia alle 22, tieniti pronto Horan." dice Alex.Alex Garcia, il cosiddetto figlioccio di Doyle, lo tratta come un figlio, ma anche lui, come me, è stato "raccattato" per la strada, però quando aveva quattro anni: è più specializzato di me.
"Grazie Garcia, ma non stavo chiedendo a te". Dico ed entrambi ci guardiamo come se fossimo l'uno più alto dell'altro. "Buoni voi due." Interviene Doyle.

STAI LEGGENDO
Unknown
Teen FictionDifficile da pedinare,un'ombra che si aggira, o meglio, un hacker che si aggira attraverso i computer.Nessuno ha mai scoperto la sua vera identità. Lascia tracce che man mano spariscono. Unknown è l'unico indizio