11. Risse e giochi di parole

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Quando la mattina dopo mi sveglio, il sole mi colpisce con forza gli occhi e sento le ghiandaie grigie che cantano allegre: mi sembra di essere in una favola.

Mi alzo di malavoglia, indosso la divisa scolastica, prendo lo zaino e mi fiondo in cucina dove trovo mia nonna intenta a fare i suoi meravigliosi biscotti al cioccolato.

Gli do un bacio sulla guancia, ne rubo due e, indossate le scarpe, esco per andare a scuola. Arrivata nel posto che odio di più al mondo, arriva il momento di entrare.

Forse arrivare in ritardo ha i suoi vantaggi: non devi incontrare gente, non devi essere guardata da tutti e passare sotto il loro giudizio.

È tutto più semplice.

Mi faccio coraggio: attraverso il grande cancello e raggiungo a passi svelti le due grandi porte di vetro.

Forse una cosa più brutta dell'entrata a scuola c'è: è scoprire di prima mattina quando non sai ancora chi sei, che il tuo vicino di armadietto è la persona che odi di più al mondo.

Sul lato destro del corridoio, a metà tra la classe di biologia e quella di lingue, vicino al mio armadietto grigio esattamente uguale a tutti gli altri, Kerr Poulin sta letteralmente buttando il suo zaino dentro mentre prende due libri di chissà quale materia. Indossa la divisa scolastica (pantaloni lunghi blu, camicia bianca con la cravatta rosso scuro e la giacca dello stesso colore dei pantaloni), un paio di Nike bianche e un cappello nero invernale.

La prima campanella suona, segno che gli alunni devono prendere i libri e andare nelle classi della prima ora. Kerr non si muove di un millimetro... cosa sta aspettando?

Faccio un bel respiro e mi avvicino al mio armadietto, lo apro e metto dentro lo zaino, poi prendo i libri. Quando lo chiudo e faccio per andarmene, Kerr mi afferra la spalla con forza.

-Ciao angelo, tutto bene? Lo sai che la buona educazione impone che si debba salutare quando incontri qualcuno che conosci o che è tuo amico?-

Mi libero dalla sua stretta.

-Tu non sei mio amico. E non chiamarmi angelo.- Kerr si porta una mano al cuore come se lo avessi trafitto.

-Così mi ferisci, angelo.- mi sorride. Sto per ribattere, ma la seconda campanella suona e sono costretta ad andare in classe.

-Ci vediamo stasera, angelo.- mi blocco.

-Stasera? Perché?-

-Oh, il tuo caro padre non te l'ha detto? Questa sera venite a cena da noi per vedere la nostra nuova casa.- mi sorride soddisfatto.

Io gli faccio il dito medio.

Mi volto e vado in classe.


Finite le lezioni di chimica, storia, letteratura, algebra e storia dell'arte, mi manca solamente educazione fisica.

Vado all'armadietto in fretta e furia, metto via i libri, prendo le scarpe da ginnastica e vado nella grande palestra della scuola, esattamente l'ultima porta del corridoio del piano inferiore.

La seconda campanella è suonata già da un po', quindi quando entro ci sono quasi tutti gli altri ragazzi e ragazze del mio stesso corso che saltellano in giro, parlano o si riscaldano facendo qualche giro di corsa.

Vado negli spogliatoi femminili, mi cambio la divisa sostituendola con un paio di leggings termici neri e una maglietta a maniche lunghe blu notte, mi infilo le scarpe e raggiungo gli altri in palestra.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 23 ⏰

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