Il suono di un telefono che vibra mi strappa dal sonno. Mi giro istintivamente verso il comodino, ma la mia mano afferra solo il vuoto. Dove diavolo è finito?
Mi alzo sui gomiti, cercando di orientarmi nella stanza oscurata. Il cuore mi salta in gola quando realizzo che non sono nella mia camera, e l'adrenalina esplode quando accanto a me qualcuno si muove. Mi strofino gli occhi, sperando di mettere a fuoco. Dove accidenti sono finita? E chi diamine è questo?
Afferro il telefono da terra e spengo la sveglia. Il fascio del flash illumina la stanza, e mi mordo la mano per non urlare quando vedo chi è sdraiato accanto a me.
"Ma che cazzo...?" Il mio sussurro è un po' più forte di quanto volessi.Disteso sul fianco, con il petto nudo illuminato dalla mia torcia, c'è Dante. Lui. Gli occhi di Dante si aprono lentamente, accecati dalla luce che gli pianto in faccia.
"Ma è questo il ringraziamento che ricevo per averti letteralmente salvato la pelle ieri notte?" mormora con voce impastata dal sonno. E se non fosse un completo stronzo, potrei quasi dire che... no, meglio non andare oltre."Salvata? Da cosa, esattamente? Dal tornare a casa mia e dormire nel mio letto?" chiedo, e sento la mia voce alzarsi. "E per favore, dimmi che non abbiamo..."
"Calmati, Flavia!" sbotta, portandosi una mano sugli occhi. "Il barista, quel bastardo, ha buttato qualcosa nel tuo drink e in quello di Allegra. Lei sta bene, Luca l'ha portata a casa e l'ha monitorata per tutta la notte." Sospira, strofinandosi un occhio. "Tu, invece, ti ho trovata che barcollavi verso la tua auto. Appena ho afferrato il tuo braccio, sei collassata a terra. Ho fatto l'unica cosa che mi è venuta in mente: ti ho costretta a vomitare quella robaccia e ti ho portata qui per tenerti d'occhio."
Rimango lì, immobile, con la mente che cerca di elaborare ogni parola. Mi fissa, come aspettando che dica qualcosa.
"Non mi credi? Chiama Allegra, ti confermerà tutto," aggiunge, alzandosi dal letto. Non è che non lo credo ma posso ammettere che non mi sarei mai aspettata che questo stronzo, il quale, mi tormentava alle elementari e che mi ha sempre stuzzicata e perculata anche spesso e volentieri, mi avrebbe mai salvato la vita. Rabbrividisco al pensiero di cosa mi sarebbe successo se Dante non mi avesse trovata.
Lo guardo mentre si alza, il suo corpo nudo in controluce, i muscoli che si contraggono ad ogni movimento. Apre le tapparelle, lasciando entrare un'ondata di luce, e poi si volta verso di me, scrutandomi con quegli occhi penetranti.
"Flavia? Ci sei?" mi chiede, con una leggera preoccupazione nella voce.Finalmente trovo le parole. "Sì... scusa. È solo che sono troppe cose da processare." Faccio una pausa, cercando di mascherare l'imbarazzo con un commento ironico. "E ora sto solo pensando di trovare quel barista e rompergli il naso."
Abbasso lo sguardo. Indosso dei pantaloncini da uomo e una maglietta da hockey nella quale potrebbe benissimo entrarci un'altra persona e avremmo comunque spazio. Quanto basta per farmi sentire ancora più fuori posto. Dante, invece, indossa solo dei pantaloncini. Certo, lui non si metterebbe mai una maglietta per dormire. Troppo affascinante per farlo.
Poi mi sale un dubbio. "E i miei vestiti?"
"Sono a lavare. Ti sei vomitata addosso in parte, e non potevo metterti nel mio letto così," risponde con nonchalance.
"Mi hai... vestita tu?"
Non posso fare a meno di sentire il rossore salire alle guance.
"Non esattamente," replica, ridendo sotto i baffi. "Quando siamo arrivati qui sembravi esserti ripresa. Ti ho lasciato i vestiti in bagno con un accappatoio, per farti una doccia. Ma..." Si interrompe e indica la porta del bagno appoggiata contro il muro, completamente sradicata. "Te ne sei dimenticata a metà strada. Ti sei lavata, hai infilato la maglietta, ma eri così cotta che hai saltato i pantaloncini addomentandoti a terra.Quelli li ho messi io." Il suo sorriso si allarga, come se stesse raccontando una storia assurda a un vecchio amico.
Guardo il cuscino su cui ero poggiata pronta a vedere mascara e ombretto sbavato sul tessuto bianco.Ma non c'è nulla."Ti ho struccata, so che voi ragazze odiate andare a dormire truccate"
Ovvio che lo sa, chissà quante sono entrate e uscite da questa camera.Per me, invece, è l'ennesima umiliazione.
"Grazie," mormoro, abbassando lo sguardo. "Grazie davvero. Sei stato gentile." Le parole mi escono come un sussurro, piccola e insicura sotto il suo sguardo attento.
Si siede di nuovo sul letto, proprio dove stava prima. "Penso che chiunque l'avrebbe fatto."
"Beh, non proprio," ribatto, mentre il mal di testa inizia a martellare. "Un chiunque mi ha drogata nella speranza di divertirsi con me appena finiva il suo turno."
Lui chiude gli occhi per un attimo, come se stesse cercando di dissipare il ricordo della notte precedente. "Prova a dormire ancora un po'. È domenica, non credo tu abbia piani urgenti. Quando ti senti meglio, ti accompagno alla tua auto." Annuisco, accettando l'offerta di rimanere. Avrei dovuto pranzare con Allegra, ma dubito che sia già sveglia, visto che non mi ha ancora scritto. Invio un messaggio dicendole di chiamarmi appena si riprende.
"E comunque, del barista mi sono già occupato io." La sua voce è calma, quasi divertita, mentre si guarda le nocche sbucciate.
Lo guardo incredula, gli occhi sgranati. "Cosa...?"
"Un naso rotto sarebbe stato un ringraziamento discreto, ma due occhi neri e qualche dente in meno dovrebbero fargli capire meglio." Si avvia verso il bagno, ridendo tra sé.
La mia attenzione scivola sulla porta appoggiata al muro, mentre il ricordo della notte si fa sempre più confuso. Mi sono davvero vomitata addosso? E lui mi ha vista? Ma certo che mi ha vista. Cazzo che figura.
Mi lascio cadere di nuovo tra le coperte come un peso morto. Tutto questo sembra troppo assurdo. Sono a casa del ragazzo che ho sempre detto di odiare, quello che mi tormentava da ragazzina e che ancora, ogni tanto, si diverte a lanciarmi frecciatine e mettermi di cattivo umore appena mi è intorno.
Prima che possa riflettere oltre, il sonno mi richiama. L'ultima cosa che sento è il rumore dell'acqua della doccia che scorre, in quel bagno senza porta.
Che storia ragazzi.*
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