CAPITOLO PRIMO

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Mi sveglio di colpo sentendo il suono della sveglia. Sono le 6:30 del mattino e devo iniziare a prepararmi perché questa sera dovrò prendere un aereo che mi porterà lontana da qui.

Hanno trasferito mia madre a lavorare in California ed io devo partire con lei. Il che vuol dire lasciare la casa in cui abito da 16 anni e lasciare mio padre, mio fratello e tutti i miei amici per trasferirmi da un piccolo paesino chiamato Limbiate situato in Lombardia nel nord dell'Italia, ad una grande metropoli come Los Angeles.

Non è che sia proprio entusiasta della situazione. Voglio dire, qui ho tutti i miei migliori amici, e una delle cose che odio di più al mondo è non poterli rivedere più. Ma una parte di me è abbastanza eccitata nel cambiare vita così drasticamente.

Decido di fare una lunga doccia calda, in questo modo avrò un po' di calma, perché sono super agitata. Non so davvero cosa penare. Un attimo prima sono: "non vedo l'ora di partire" e in quello dopo sono: "no non posso lasciare tutto così" e mi viene un groppo in gola e fa male e mi fa venire voglia di piangere. Quindi oggi ho intenzione di passare tutto il pomeriggio con le miei tre migliori amiche: Linda, Martina e Rebecca. Quando gli ho fatto sapere del trasloco hanno avuto tutte e tre la stessa reazione più o meno: si sono incazzate e hanno iniziato ad urlare, poi si sono calmate e hanno chiesto spiegazioni. Ci siamo date appuntamento in paese, nella nostra gelateria preferita: Zeus. Ordiniamo i gelati e ci sediamo a un tavolino.

-Devi proprio partire anche te?- si lamenta Martina -insomma, è tua madre che è stata trasferita, non tu!-.

-Tina..non posso lasciarla andare via così, rimarrebbe da sola.-

-Ma scusa non può andare tuo fratello con lei?- si aggiunge Linda.

-Mio fratello ha un lavoro stabile qui. Ci ha messo tanto per trovarne uno, non può lasciarlo, sarebbe una follia-

-E' solo che non sopportiamo il fatto che sarai a migliaia di km di distanza da noi...- confessa Rebecca.

Qui scoppio a piangere. Eravamo già abbastanza lontane a causa dei diversi licei e ora che andrò ad abitare a 12 ore di volo da loro sarà ancora più difficile.

-Ci sentiremo ogni giorno, ve lo prometto- le abbraccio.

Guardo l'orologio e vedo segna le 19 passate. Mi agito. Tra poche ore sarò su quel maledetto/fantastico aereo. Ci incamminiamo verso casa mia, hanno deciso di seguirmi fino all'aeroporto.

Con noi porteremo anche Murphy, il nostro gatto nonché mio personale anti-stress. Sono un po' preoccupata, dovrà passare 12 ore chiuso nella sua gabbietta in una stiva in cui ci saranno parecchi altri animali...sarà spaventatissimo.

Il volo è alle 21:30, ora sono le 20:00. Ogni minuto che passa è uno strazio. Cerco di non pensarci chiacchierando con le mie amiche e provando a immaginare cosa mi riserverà la California e come mi troverò al college. Meno male che c'è Rebecca, lei riesce a farmi ridere anche nelle situazioni più tristi. Tutte le stupidate che ho combinato erano sempre in sua compagnia. Mi mancherà ridere insieme a lei. Linda e Martina accennano un sorriso quando le guardo. Hanno gli occhi lucidi e capisco che da un momento all'altro arriverà un'altra ondata di tristezza che mi colpirà la pancia.

Manca mezz'ora ma siamo già strette tutte e quattro in un abbraccio che durerà fino a che non passerò il metal detector oltre il quale continuerò a salutarle agitando le mani.

Attesa finita. Sono seduta sul sedile vicino al finestrino in attesa che l'aereo parta. Ho gli occhi rossi e gonfi di lacrime. Mia madre mi accarezza la cute per cercare di calmarmi. Almeno c'è lei. Lei è una di quelle donne che più che essere tua madre sono come una migliore amica. Lei mi ha sempre ascoltata in qualunque momento della mia vita. So che non farebbe mai nulla che possa ferirmi e so che si sente in colpa per il trasloco perché ci sto male, ma non può trasferirsi da sola a Los Angeles. Dopo pochi minuti mi addormento.

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