Capitolo 1

6 1 0
                                    

PREMESSA NECESSARIA: non volevo dare i nomi che esistono già di grandi squadre di calcio, così, non mi prendete per pazza, siccome amo la maionese, le squadre di chiameranno come le marche di maionese. Pubblicherò anche un capitolo 0 per darvi un contesto.



Stop Crying  your heart out- Oasis 


Forse ti sarai dimenticato di me, dubito fortemente tu possa averlo fatto. Io mi ricordo la prima cosa che mi dicesti, la maniera in cui detestavi sederti accanto a me: come ti alzavi subito, dopo esserti sistemato, i tuoi occhi cercavano disperatamente un banco libero. Odiavi quando parlavo, sbuffavi, alzavi lo sguardo verso il cielo, e ti agitavi, cercando un appoggio verso l'esterno. Mi ascoltavi passivamente, non c'era mio fiato sprecato che non finisse nelle tue orecchie. Forse è colpa mia, ho involontariamente mostrato un lato facilmente male interpretabile. Eppure, ogni tuo gesto annaffiava il piccolo seme di sensi di colpa, piantato dentro il mio cuore. Per un certo periodo di tempo ho avvertito la necessità di scusarmi con te. Ti ha scosso notare che non ti supplicavo, non cercavo le tue attenzioni, o i tuoi consensi. Pensasti che bastava magari un incentivo, allora cercasti la donna paradiso, Elisa. Me lo disse Maribel, inserendo dentro di me un dubbio, smentito cinque minuti dopo: "Secondo me Isidoro ed Elisa stanno insieme"

"Sono felice per loro" risposi senza pensare, non ero nessuno, e tanto meno lo sono adesso. Gli occhi cerulei della mia migliore amica, erano curiosi, affamati di verità, aspettavano una risposta che confermasse ogni suo sospetto su di te. I miei color legno si illuminano solo quando si nomina qualcosa legato al diritto. E tu te ne accorgesti subito. Avevo sedici anni, e la mia vita erano le pagine da studiare, la palestra e i libri. In cambio, rimanesti attaccato alla tua isola di paglia, costruitoti da solo, in cui accoglievi le navi a te favorevoli, rimandando in mare quelle che reputavi inutili. Non te ne ho mai fatto una colpa, tanto meno adesso. Tu, Isidoro, me ne facesti una colpa, la più grande di tutta la tua vita.

Trovarti davanti dopo anni, è strano. Ti sei alzato, sei più alto di me. Porti i capelli rossi nella stessa maniera di sette anni fa. Persino il tuo guarda roba è rimasto bloccato indietro nel tempo, i tuoi jeans scuri abbassati sulla vita e la tua maglietta bianca, comunicano un senso di ribellione in forte contrasto con la giacca nera appoggiata sulle sue spalle. Il tuo studio è piccolo, di una tonalità di bianco sporco, c'è spazio per una scrivania, una piccola libreria nera per le scartoffie e alcuni libri, e due poltroncine color petrolio. Il mio sguardo si sofferma su uno scaffale in particolare: è l'unico pieno di libri con coste di tutti colori.

Sei seduto sulla sua scrivania di legno scuro, intento a scrivere, o a leggere, dei fogli. Sei concentrato, lo si nota dal perfetto ordine presente sulla superficie piana: ogni penna ha il suo posto, prima quelle nere, poi quelle rosse e infine quelle verdi. Le penne blu non ti sono mai piaciute. Non vola neanche una mosca, scommetto che avrebbero paura persino di sbattere le ali in tua presenza. Non hai sentito neanche il rumore delle mie nocche sulla porta.

"Salve, perdoni l'intrusione, ma sono..." le parole mi scivolano sulla lingua. Non mi guarda, non alza la testa, fissa le sue cartelle. Sorrido mentalmente. Se sette anni fa mi avessero detto che lui è praticamente il mio capo, probabilmente avrei studiato altro. "Ti ho per caso dato il consenso di entrare?" la tua domanda è retorica. L'afa fa trasudare persino i mobili. Non si respira qua dentro. Tu, però, non hai caldo, ci convivi come se fosse una cosa normale.

"Si, le rinnovo le scuse" cerco di regolare il tono della mia voce. Devo essere decisa, e non farmi schiacciare. "Sono il nuovo..."

Isidoro alza gli occhi, e mi guarda. Forse non mi ha riconosciuto, ma quel verde mi comunica di sì. Mi fulmina, perché l'ho costretto a staccarsi dal suo lavoro. Mi fai paura, dalle urla che mi rivolsi, e di quello che mi potrai dire.

Tutti Odiano il VincitoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora