Nenia del Capitano Tobias Crimson Carter

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Il capitano Tobias Carter, conosciuto in tutti i mari come "Crimson," era un nome che ispirava terrore anche nei marinai più incalliti

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Il capitano Tobias Carter, conosciuto in tutti i mari come "Crimson," era un nome che ispirava terrore anche nei marinai più incalliti. I suoi capelli e occhi rosso scuro sembravano infuocati come il suo temperamento, ma non era solo il suo aspetto a conferirgli il famigerato titolo. In ogni battaglia che combatteva, il mare si tingeva di rosso scuro con il sangue dei suoi nemici, trasformandosi in un cimitero profano sotto le onde. Nessuno poteva affrontarlo, e nessuno sopravviveva per raccontarlo senza portare cicatrici.

Crimson non era solo un uomo di battaglia: era un uomo di ossessione. Dal momento in cui ottenne la sua prima vittoria in mare, una fame crebbe dentro di lui. Il suo equipaggio si meravigliava della sua efficienza spietata, del modo in cui comandava non solo i suoi uomini, ma le onde stesse, o almeno così sembrava. Mentre le navi cadevano una dopo l'altra sotto le sue spade e i suoi cannoni, divenne chiaro che il capitano Crimson non stava combattendo solo contro uomini. Stava combattendo contro qualcosa di molto più grande.

Ma col tempo, quella fame cambiò. Dopo ogni battaglia, Crimson si fermava a prua della sua nave, osservando il sangue che si mescolava nell'acqua, ascoltando il silenzio che seguiva il rombo dei cannoni. All'inizio, questo gli dava soddisfazione. Ma lentamente, una sensazione di inquietudine si insinuò in lui. Cominciò a chiedersi se il mare si fosse stancato di lui, se si fosse stancato della morte senza fine che lui portava alle sue acque. Il pensiero era come un seme, piccolo all'inizio, ma cresceva. Ogni volta che chiudeva gli occhi, sentiva una voce sussurrare: "Mi hai tinto di rosso con il loro sangue... Presto sarò cremisi col tuo."

Il suo equipaggio notò il cambiamento, anche se nessuno osava parlarne. Le vittorie di Crimson diventavano sempre più feroci, più disperate. Con ogni nave che affondava, diveniva sempre meno simile al capitano che una volta avevano seguito, e più come un uomo sull'orlo della follia. Cominciò a parlare del mare come se fosse vivo, un nemico che doveva sconfiggere.

"Il mare mi vuole morto," mormorava tra sé dopo ogni battaglia, camminando nervosamente sul ponte sotto la luce della luna. "Ma non glielo permetterò. Non ancora."

La sua paranoia cresceva. Più vittorie conquistava, più si convinceva che il mare si fosse rivoltato contro di lui. Era convinto che se avesse dominato su tutti coloro che navigavano le onde, avrebbe finalmente conquistato l'oceano stesso. Ma non importava quante navi distruggesse, quante vite strappasse, non riusciva mai a scrollarsi di dosso le voci. "Non sei che un altro cadavere per il mare..." Risuonavano nella sua mente, riempiendo i momenti di quiete dopo le battaglie, tormentando il suo sonno.

Arrivò il giorno della sua più grande battaglia. Il cielo era oscuro di nubi temporalesche mentre il capitano Crimson guidava il suo equipaggio in uno scontro violento contro una flotta di navi di mercenari. La battaglia fu feroce, e come sempre, il mare si tinse di rosso con il sangue dei caduti. Crimson stava a prua della sua nave, con occhi selvaggi, mentre l'ultima nave nemica affondava sotto le onde. I suoi uomini esultarono, ma Crimson rimase in silenzio, fissando l'acqua.

Il vento si alzò, e la tempesta si fece più feroce. Le onde si abbattevano contro lo scafo della nave, e il suo equipaggio si affrettava a fissare le vele. Eppure Crimson rimase immobile, con lo sguardo fisso sul mare in tumulto sotto di lui. Mentre la tempesta infuriava intorno a lui, una realizzazione lo colpì, una così profonda da congelarlo dentro.

Non avrebbe mai potuto dominare il mare.

Non importava quante vittorie avesse conquistato, non importava quante vite avesse strappato, l'oceano era al di là del suo controllo. Lo era sempre stato. La sua paura del mare non era mai stata una battaglia da vincere, era solo il riflesso della follia che aveva piantato radici dentro di lui. Il mare non lo voleva morto. Non gli aveva mai neanche prestato attenzione.

Per un momento, il mondo di Crimson si frantumò. La futilità della sua lotta, gli anni trascorsi cercando di dominare qualcosa di indomabile, lo travolsero come le onde che si infrangevano contro la sua nave. E in quel momento, prese la sua decisione.

Senza dire una parola al suo equipaggio, il capitano Crimson attraversò il ponte fino all'albero maestro. La tempesta infuriava, il vento ululava tra le sartie, e i suoi uomini urlavano implorandolo di aiutarli al timone. Ma la mente di Crimson era altrove, persa nelle profondità dell'oceano. Prese la sua spada e tagliò le cime, lasciando che le vele cadessero inerti, sferzate inutilmente dalla furia della tempesta.

Mentre la nave cominciava a capovolgersi, camminò verso la prua, sentendo gli spruzzi del mare sul viso. Aprì le braccia, e per la prima volta dopo anni, la costante tensione nel suo corpo sembrò dissolversi.

Quella era la battaglia che era sempre stato destinato a perdere: la battaglia contro il mare. E in quella sconfitta, trovò finalmente la pace che aveva cercato per tutto quel tempo.

L'equipaggio urlava mentre la nave si inclinava, le onde si infrangevano sul ponte. Ma il capitano Crimson non si oppose. Rimase a prua, osservando mentre l'oceano si alzava per reclamarlo. I suoi capelli rosso scuro fluttuavano selvaggiamente nel vento, i suoi occhi fissi sull'orizzonte. E mentre il mare lo inghiottiva, le voci nella sua testa finalmente si zittirono.

Per il capitano Crimson, non fu la tempesta a prenderlo. Non fu la vendetta del mare. Fu semplicemente la realizzazione che alcune cose non possono essere conquistate.

Nenie del Tristo MareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora