Capitolo 2

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Appena varcai la porta dell'aula di scienze non sapevo in quale posto dovevo sedermi, così ne scelsi uno a caso e poco distante dal mio banco si sedette Nora.

'Ma proprio vicino a me? Dio mio'

<<Allison se fossi in te non mi siederei lì.>> mi disse Nora, girandosi verso di me.

<<E perchè no? Mica c'é scritto il nome di qualcuno.>> Nemmeno il tempo di finire la frase che il ragazzo della bionda perfettina, sbatte un pugno sul banco che mi fa sussultare.

<<Ragazzina questo è il mio posto. Togliti dalle palle e sparisci.>> mi disse Edward, lanciando i miei libri a terra.

Ovviamente io di lì non mi spostai, finché il professore di scienze non entrò e io mi alzai e l'unico posto libero, purtroppo, era davanti a lui, e anche vicino a Nora. Così mi sedetti e il professore iniziò a parlare di un nuovo argomento, a me molto interessante, l'astronomia.

<<Ragazzi, questo argomento è molto importante poiché tra qualche giorno andremo in un osservatorio, e lì ovviamente interrogherò.>>
Tanti no iniziarono a riecheggiare per la classe, ma io ero immersa nella bellezza dell'argomento. Amo l'astronomia, quando si parla di quello tutto attorno a me si placa e non capisco più niente di quello che sta succedendo nell'ambiente circostante. Mia madre mi ci ha fatto appassionare. Quando ero piccola, la cena la mangiavamo fuori in giardino, ammirando il tramonto, e dopo ci sdraiavamo sul prato e facevamo a gara a chi indovinava più costellazioni.

'Mi mancano tanto quei tempi, mi manca mamma...' La vocina nella mia testa mi fece ripensare a tutte quelle volte in cui ero con lei, a guardare le stelle e a ridere insieme, era così felice e spensierata, era bellissima quando sorrideva e ora non riuscirò più a guardarle le stelle nello stesso modo in cui le guardavo da piccola con lei. Pensando quelle cose, non mi accorsi che stavo piangendo, davanti a tutti, per mia fortuna nessuno se n'era accorto.
O almeno così credevo.
<<Signorina Bennet, si sente bene?>> chiese il professore, feci di no con la testa e mi permise di uscire. Mi mancava l'aria e stavo andando nel panico.

Mi accasciai a terra, un po' lontana dall'aula di scienze, senza forze, mi sentivo cedere, ma poco dopo vidi uscire dalla classe, Lui. Edward.
'Sicuramente starà venendo a vedere come stai' disse ancora una volta quella vocina fastidiosa, certe volte non la sopporto.

Iniziava ad avanzare, era sempre più vicino, mi stava guardando, e io volevo andarmene da lì, ma in qualche modo, che non so spiegare, non riesco ad alzarmi.

Continuava a venirmi incontro, io rimasi ferma, finché non cominciò a rallentare e ad essere a pochi centimetri da dove mi ero accasciata. Mi spostai leggermente quando si sedette vicino a me. Rimase a fissare il vuoto per alcuni secondi, per poi cominciare a parlarmi.
<<Perché stavi piangendo?>>
Con il mio silenzio gli feci capire che non era questione sua.
<<Allison avanti, dimmi perché stavi piangendo?>>
<<Non sono affari tuoi.>> dissi molto fredda. Si girò a guardarmi. 'Quegli occhi, così scuri, ma così belli e profondi che nascondono chissà cosa' Davvero stavo pensando quelle cose?
Un ragazzo maleducato e scortese che sbatte i miei libri sul pavimento e che si porta a letto ogni ragazza che si trova davanti, non so proprio come faccio a pensare queste cose.

<<Allison, so che non stai bene, ti si legge in viso che stai male.>>
<<Prima mi butti i libri e ora sei gentile? Quanto cazzo sei bipolare?>>
Lui continua a fissarmi e ad un tratto si alza da dove era seduto, mi prende dai fianchi e mi solleva, per poi farmi rimettere in piedi e nel mentre noto quel livido sul suo braccio. 'Come ha fatto a prendermi se peso tantissimo?'
<<Sai,Sole...>>
'Sole?'
<<Devi capire che non puoi tenerti tutto dentro e poi scoppiare. Ricordatelo.>> disse lui molto serio e senza salutare, se ne andò.
'Perchè mi ha chiamata Sole, perché mi ha detto quella frase, perché è così misterioso, perché ha sempre quei lividi?' Tante domande iniziano a venire in mente e, ovviamente, senza nessuna risposta. La campanella suonò e mi diressi verso l'aula di scienze per riprendere le mio cose. Appena entrai vidi che sul mio banco c'era un foglietto, lo presi e me lo misi in tasca, stavo per uscire dalla classe quando il professore mi chiamò.
<<Signorina Bennet, come sta?>>
<<Bene, per fortuna.>>
<<Sono contento, e volevo dirle una cosa.>>
Stavo tremando, chissà che cosa voleva dirmi.
<<Prima che se ne andasse dall'aula, ho visto che era molto concentrata sull'argomento e che le piaceva molto, a cosa è dovuto questo?>>
Non sapevo se dire la verità o no, ma optai per la mezza verità.
<<Sin da quando ero piccola, mia madre ne era appassionata, ci divertivamo a contare le stelle e così ora sono appassionata anche io di astronomia.>>
Il professore annuì e mi fece cenno di andarmene. Sinceramente non capirò mai le menti dei professori.

Uscì dall'aula e mi diressi verso il mio armadietto a riporre i libri, perché, per mia fortuna oggi uscivo prima.
Appena varcai la porta dell'uscita, mi girai verso le moto che c'erano vicino alla scuola e mi imbattei in quegli occhi. I suoi occhi. Lo fissai per qualche secondo e poi me ne andai. Gli passai accanto e il suo sguardo su di me era percettibile. Mi avviai verso il parchetto vicino casa, lì era veramente un'oasi di calma, era immerso nella natura e pieno di fiori. Era il mio posto felice.

***

Arrivai al parco e mi sedetti su un tavolo da pic nic, posto all'ombra, presi i libri dallo zaino e cominciai a fare matematica. Non ci capivo niente, era come se i geroglifici egiziani si mischiassero con la lingua giapponese. I prof dicono che è tutta colpa nostra che non capiamo ma poi sono loro a non riuscire a spiegare. Dopo l'ennesimo fallimento, di fare un'equazione, passai ad italiano. Bisognava scrivere un tema, non troppo lungo, su che cosa fosse per noi adolescenti l'amore. Per me un argomento molto difficile. Per tutta la mia vita, tanti ragazzi mi sono piaciuti e a tanti sono piaciuta, ma mai nessuno di questi mi ha rubato il cuore, a parte un ragazzo in questione, ma non sono ancora sicura. Presi in mano la penna e iniziai a scrivere.

"L'amore è una cosa strana. Un attimo prima sei lì, con il cuore tranquillo, e l'attimo dopo... boom! Inizia a battere così forte che sembra avere voglia di scoppiare. È quando lo vedi, anche solo da lontano, che tutto cambia. Ogni sorriso, ogni parola, ogni sguardo sembrano un piccolo universo che si apre solo per te. E tu ti chiedi: "Ma lo sente anche lui? Lo capisce quanto mi fa stare bene, quanto mi fa male?"

È strano come l'amore possa farti sentire così piena di gioia e allo stesso tempo così vuota quando lui non c'è. Pensi a lui in ogni momento, cerchi di capire se, magari, anche solo per un secondo, ha pensato a te. Ti chiedi come sarebbe sentirlo dire il tuo nome, tenergli la mano, sentire il suo respiro vicino al tuo.

Ma poi, alla fine, ti resta solo il sogno. Un sogno che a volte ti fa male, ma che non vuoi lasciare andare. Perché l'amore, anche se ti confonde e ti fa sentire fragile, è la cosa più bella che hai mai sentito. Anche se lui non lo sa. Anche se non succederà mai."

Ero allibita, non sapevo come ci ero riuscita, non sarei mai in grado di scrivere queste cose sull'amore, ma finalmente ero riuscita a liberarmi di quel pensiero: "Che cos'è l'amore?"
Con qualche lacrima che scendeva, raccolsi le mie cose mi avviai verso la fermata dell'autobus.

Faccio ancora fatica a capire cosa si prova ad essere amati veramente, per quello che sei. Spero che un giorno anch'io possa provare come ci si sente a essere amati per ciò che sei e non per quello che dai.

Nota autrice 🌹🖤☀️

Scusate l'enorme ritardo per il capitolo non pubblicato e scusate per eventuali errori grammaticali e ci vediamo presto per il capitolo 3 e 4. Buona lettura! ❤️

Forever with youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora