1. Sofia

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-Che bello, Tesoro. Tu ad Harvard: che emozione!- esclamò mia madre con quella voce squillante che proprio non sopportavo. Il ticchettio dei suoi tacchi rosa contro la stradina mi stava facendo perdere la pazienza e dovetti mordicchiarmi l'interno della guancia per non abbandonarmi ai miei istinti di difesa. Inoltre, ringraziai tutti i santi del mondo per non aver fatto venire mio padre sennò avrebbero dovuto dovuto passato tutta la mattinata a gridarsi contro. Era da quando eravamo scesi dalla limousine che ripeteva questa frase come una cantilena, quasi non ci credesse. "Eh sì mamma, la tua terza e ultima figlia è entrata in questa università tutto per merito suo!".

-Sì, mamma. Io ad Harvard, però adesso potresti aiutarmi a portare quella borsa?- chiesi con la sacca in spalla e una mano occupata dalla valigia rossa fuoco.

-Sofia cara, non ho portato qui Duke per fargli fare una passeggiata, dai a lui le cose- borbottò indicando con l'unghia smaltata di rosa pesca, la nostra guardia di sicurezza vestita interamente di nero. Ormai mi ero affezionato al signor Holland e mi irritava enormemente il modo in cui mia madre lo trattava. Duke si avvicinò sentendo pronunciare il suo nome e mi fece segno di passargli la valigia che mi stavo trascinando dietro con fatica.

-Signor Lawrence, può dire alla signora Williams che tutti vanno trattati allo stesso modo- sibilai contro mia madre che aveva iniziato a parlare con il cellulare stretto alle orecchie. Decisa a ignorare il comportamento di mia madre, mi voltai verso la mia università e rimasi a bocca aperta. Era anche meglio di come pensavo e dovetti darmi un pizzicotto per risvegliarmi dal sogno. I mattoni rossi circondati dagli alberi colpirono la mia attenzione e mi venne in mente la scena in cui Rory Gilmore decise di visitare proprio questo posto.

Afferrai la locandina e lessi ad alta voce:

-Harvard possiede 79 biblioteche che vantano la collezione più antica d'America. Ospitano circa 3,5 milioni di opere in oltre 100 lingue e 92 chilometri di scaffali su dieci livelli-

-Perfetto per lei, signorina Williams- aggiunse Duke con la sua solita compostezza. Spesso era proprio lui ad accompagnarmi in giro e la nostra meta preferita era proprio la libreria in città.

-Hai proprio ragione Duke, è perfetto per me-mormorai non ancora del tutto sicura di trovarmi lì. Mi sentivo a casa. Capita e non trattava come uno di quegli imprenditori con cui i miei genitori avevano sempre a che fare. Accellerai il passo e tirai fuori dalla mia borsa il foglio in cui era segnato il numero della mia stanza: 117.

Mia madre finalmente allontanò l'apparecchio elettronico dall'orecchio e mi rivolse un'altro di quegli sguardi di chi ancora non riesce ancora a crederci.

-Ora andiamo a vedere la mia stanza, e per favore ricordati che ci saranno anche i miei coinquilini: non fare commenti non richiesti.- Avevo avuto solo un fidanzato nella mia vita a causa del comportamento dei miei genitori, e una volta mia madre era riuscito a farlo scoppiare in lacrima facendo nascere la discussione dal fatto che la cravatta fosse storta.

-Sofia Gwendalina Williams, hai avuto veramente il coraggio di dire a tua madre una cosa del genere? Come se fossi io quella che fa figuracce, quella che non si è neanche degnata di mettere un vestito degno di questo posto sei tu-

-Non chiamarmi così e poi ho solo indossato un paio di jeans, mica muoio!- esclamai stufa dal caratteraccio di Carolyn Gwendalina Collins che se fosse per lei dovrei vestirmi sempre con abiti di lusso e prendere il tè in compagnia della famiglia reale ei miei due barboncini. Fortunatamente per me, ero sempre stata piuttosto ribelle, vestivo abiti che decidevo io e al posto dei barboncini, avevo accudito tre paperelle.

-Mi sembra che tu sia venuta qua solo per dimostrare di aver partorito una Williams degna di tale cognome- sputai con la testa che pulsava e le mani tremanti. Lei sembrò quasi sul punto di sputare fuoco dalle narici, ma stranamente non fece parola e fece segno a Duke di avvicinarsi.

-Andiamocene, ho già sprecato troppo tempo prezioso-. Duke fu obbligato a seguirla e mi fece un cenno di saluto con la mano che io ricambiai con le lacrime agli occhi. Anche se litigavamo spesso io e mia madre, in fondo le volevo bene, anche se mi faceva quasi dubitare della mia scelta.

"Respira Grace, respira" mi dissi riprendendo la mia valigia e dirigendomi verso la mia camera.

Raggiunsi la porta e mi fermai proprio sul punto di afferrare la maniglia. Quando la mia pelle sfiorò il metallo freddo sentii come una ossa. Finalmente ero io a decidere per me stessa! Ero stufa di ascoltare i soliti "Sofia Gwendalina Collins, stai dritta", "Cammina come una ragazza, non come una cavernicola" e "Ascolta, e non interrompere". Finalmente entrai e mi ritrovai in un salotto curata tranne per qualche maglietta lasciata qua e là e una sciarpa della squadra di hockey di Harvard abbandonata sull'isola della cucina. Posizionai i miei bagagli in una camera libera e un po' spoglia, e mi gettai sul divano. Avevo bisogno di dimenticarmi anche solo per un attimo della mia incasinata situazione familiare. Per un po' feci zapping sulla tv, ma uscivano continuamente canali sintonizzati sulle partite di hockey. Pensai immediatamente che le mie future compagne di stanza fossero fanatiche o praticanti di questo sport che io trovavo piuttosto spregevole e violento. 

Ad un certo punto sentii la porta aprirsi e incuriosita alzai lo sguardo. Quello che vidi mi lasciò a bocca aperta e non riuscii neanche a far fuoriuscire un suono. Tre figure maschili mi fissarono sconvolte.

-Chi cazzo sei tu?-

Fall in loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora