HALLOWEEN.

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È sulla soglia della porta, ad aspettare la limousine che la accompagnerà allo studio nel quale verrà intervistata.
Visto che è da sola ha scelto un abito bianco con gonna lunga e maniche ampie, che risalta la sua carnagione olivastra e i capelli neri. Nella borsetta ha, oltre al resto, un pacchetto di fazzoletti. Sa che serviranno, se davvero vuole dire le cose come stanno.
L'automobile arriva, l'autista la saluta cordialmente e, come ogni volta, lei si siede dietro.
Improvvisamente riceve una chiamata da Oliver.
«CANDACE! DOV'È SAMANTHA!?»
«Cosa!? Era con te, non lo sai tu!?»
«MI SONO SVEGLIATO SOLO ORA E NON LA TROVO DA NESSUNA PARTE!»
La ragazza sente il suo cuore fermarsi.
«C'è qualche problema?», chiede l'autista.
«Si fermi subito! La figlia di una mia amica è sparita!»
«Oh, bon sang, me l'avrebbe potuto dire prima!».
Parcheggia nel primo posto libero e fa scendere Candace.

È la sera di Halloween e Compton si illumina di arancione, nero e viola. Le strade pullulano di scheletri, zombie, vampiri, zucche e cesti di caramelle. Bar, ristoranti e centri commerciali sono pieni. Sammie è seduta su una panchina ad osservare le decorazioni. Anche il solito locale vuoto ha una fila di persone davanti alle due macchinette, perciò non vuole andare lì. Un gruppetto di bambini le passa accanto, e poi un altro e un altro ancora.
A un certo punto un ragazzino molto magro travestito da Conte Dracula si siede accanto a lei con un cestino.
La scruta e poi le chiede: «Hey, non ti ho mai vista, chi sei tu?»
«Olivia... Perché?»
«Vorrei tanto qualcuno con cui fare il dolcetto o scherzetto. È noioso da solo. Io sono Andrei.» E le sorride, scoprendo i finti denti appuntiti. Poi le porge una caramella in carta arancione, ma lei rifiuta. «Non ho voglia. E anche se ce l'avessi non mi piacciono quelle all'arancia.»
La verità è che non si fida di questo Andrei e la mamma le ha sempre detto di non accettare niente dagli sconosciuti.
Si alza e fa per andarsene.
«Quindi nemmeno tu vuoi venire con me?», dice Andrei con un tono triste.
«Non sono nemmeno travestita, cosa vuoi da me?» E sparisce tra la folla.

L'ultima cosa che si ricorda di aver visto è stata una figura scura e un grande orologio sul negozio a cui era davanti che segnava le nove.
Apre gli occhi ed è distesa sul pavimento. Si trova in un salotto che non ha mai visto.
Nel suo campo visivo appare un volto familiare. «Samantha? Samantha, mi senti?»
Le fa malissimo la bocca. Passandosi la lingua tra i denti se ne accorge che gliene mancano ben due.
«Ti sento... Dove sono?»
Kurt sembra spaventato a morte. La prende in braccio e la cala sul divano.
Dietro di lui c'è Andrei, con in mano un pacchetto di batuffoli di cotone. Ne prende un paio e glieli mette dove sta perdendo sangue. «Ecco, questo dovrebbe aiutare.»
«Perché sei qui anche tu? Non ti ho detto di lasciarmi stare!?», esclama lei alzandosi.
Kurt la tiene ferma per un braccio. «Samantha, aspetta prima di picchiarlo. Non è stato lui a farti perdere i denti!»
Lo indica. Adesso Sammie nota che il ragazzo ha un livido nero sull'occhio e uno sulla guancia. «Spiegaci com'è andata.»
«Ho visto che c'era un ragazzo con un cappuccio che ti guardava male, ma non ci ho fatto caso. Quando sono tornato davanti al negozio di fiori tu eri svenuta e lui ti stava portando via! Visto che era da solo mi sono battuto e puoi vedere che mi ha fatto male. Ho trovato nella tua tasca l'indirizzo di questa casa e ti ho portato in braccio fino a qui.»
La ragazza non sa cosa dire. Guarda in basso e si sente arrossire. «Uhh... Grazie.»
«Ho solo fatto il mio dovere», risponde lui prima di fare il saluto militare.
Kurt ridacchia. «Sei stato un eroe, ragazzino, ma ora dovresti proprio andare. I tuoi genitori saranno preoccupati per te.»
Andrei annuisce e sorride a Samantha prima di uscire.
L'uomo si abbandona ad un gran sospiro di sollievo. «Samantha, hai idea del guaio in cui ti stavi per cacciare!?»
Lei guarda giù. Lacrime iniziano a formarsi nei suoi occhi. «Ti giuro che non ho fatto niente! Non conosco quelli là! Non gli ho detto niente di te o di me!»
Kurt la abbraccia mentre scoppia in un pianto spezzato. Poi le toglie il cotone insanguinato dalla bocca per mettere un altro batuffolo pulito al suo posto.
«Non devi per forza aver fatto qualcosa. Alcune volte le gang prendono di mira il primo ragazzino che vedono da solo.» Poi assume un'aria dubbiosa. «Comunque in genere non lo fanno... Sei sicura che non ci possa essere una ragione?»
«No. Nessuno mi conosce qui.»
E quella è la verità. Nessuno la conosce, né lì né dove vive lei. Nella sua città lei ha persino un cognome diverso: Samantha Scarlet Winfield.
L'uomo annuisce, ancora pensoso. Poi scrolla le spalle e sparisce nella piccola cucina.
Intanto Sammie si guarda intorno. La casa è un monolocale dotato di tre stanze: il soggiorno, con un futon, una TV ed il divano su cui è seduta; la cucina, dove si intravede Kurt che armeggia con pentolini e bustine del tè; un'altra piccola stanza, che Samantha suppone sia il bagno.
Kurt torna con due tazze fumanti di tè verde. «Erano le ultime due bustine che avevo. A me piace molto, non so a te. Bevi questo, poi è meglio che vada a dormire. Sono quasi le quattro.»
«E dove dormo?», chiede lei mentre sorseggia il tè.
Lui indica il futon. «Lo tengo pulito in caso arrivino ospiti, tipo la mia famiglia. Io dormo sul divano.»
Dopo aver finito, Sammie appoggia la tazza su un ripiano della cucina e si sdraia sul futon grigio. Kurt spegne le luci e cambia il canale ad Adult Swim. Sammie si addormenta nel giro di pochi minuti.

SAMMIE BROWN HAS HAD ENOUGH. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora