Capitolo 8 - L'orrore

3 2 0
                                    

Gabriela non osò muoversi. Per oltre un terribile agghiacciante minuto se ne restò immobile al suo posto, tremando come una foglia coi nervi a fior di pelle. Il terrore che provava era quello di chi sapeva che la morte fosse in agguato alle sue spalle, pronta a calare su di lei con la velocità del fulmine. Un topolino indifeso messo alle strette da un gatto acquattato nel buio.

Il primo minuto era ormai trascorso quando un terzo boato infranse il silenzio. Gabriela si lasciò sfuggire un gemito, tuttavia, il fischio tanto temuto alla fine non giunse e lei non morì. Nemmeno il tempo di riaversi da quella confortante consapevolezza, e il boato si fece più vicino, sempre più vicino, finché non divenne chiaro quale ne fosse la causa.

Una motocicletta. O meglio, una moto da cross. La riconobbe grazie al rombo spaccatimpani che produceva, prima ancora che questa sgommasse derapando nello spiazzo sterrato che costeggiata la carreggiata insieme ad altri due scooter.

I ragazzi che li guidavano non sembravano armati, ad eccezione del fucile da caccia con mirino telescopico che uno di questi portava appeso alla schiena, ma ciononostante, nessuno di essi aveva l'aria raccomandabile. Coperti di tatuaggi su quasi ogni frammento di pelle visibile, e così insensibili alla morte, che alla vista dei due corpi sporchi di sangue riversi a terra si limitarono a sghignazzare, manco si trattasse di manichini.

''Che ti avevo detto, Miguel?'' disse divertito il tizio armato, dando un calcetto al cadavere di Batista.

''Sì, sì, piantala di gongolare, ho capito'' ribatté un altro ragazzo particolarmente robusto. Ed estratto il portafogli di tasca, recuperò alcune banconote, che porse quindi di malavoglia al compagno.

''Cento reais tondi tondi'' commentò gioviale il tizio armato, facendo frusciare le banconote tra le dita.

''Smettila di gongolare, o giuro che...''

Il ragazzo che cavalcava la moto da cross, un tipo smilzo dall'espressione gelida e la pelle abbronzata, lo zittì prima che potesse concludere la frase.

''Zitti voi due, e pensate alle armi!''

Intanto che i tre giovani sottraevano le pistole agli agenti defunti, per poi mettersi a frugare dentro la loro volante, il ragazzo abbronzato si appoggiò contro la fiancata del pick-up, e dopo essersi acceso una sigaretta scoccò a Gabriela un'occhiata incuriosita. A giudicare dall'espressione sul suo volto, sembrava essersi appena accorto della sua presenza.

''E tu babaca?'' chiese buttando fuori il fumo. ''Che ci fai qui?''

Anche se tremava dalla testa ai piedi, e il cuore le martellava nel petto come un cavallo al galoppo, Gabriela si costrinse a rispondere utilizzando il tono più naturale che le riuscisse. Non poteva permettersi di crollare svenuta per la paura. Non in un momento simile.

''Mi hanno fermato perché...''

Nonostante avesse la gola più asciutta di un deserto, Gabriela deglutì. Le serviva tempo per inventarsi una bugia credibile. Non poteva dire la verità. L'etica dei delinquenti risultava troppo imprevedibile perché si potesse permettere di farci affidamento.

''Andavo troppo veloce'' mentì con convinzione.

''Troppo veloce?'' ripeté il ragazzo alzando un sopracciglio. ''E ti hanno arrestato solo per questo?''

''Mi sono dimenticato la patente a casa e li ho insultati'' aggiunse in uno sprazzo di creatività.

Il ragazzo scoppiò a ridere.

''Bella mossa, babaca''.

Leggermente confortata da quello sprazzo di ilarità, Gabriela provò a staccarsi dal cofano della volante, ma, prima che potesse raddrizzare la schiena, uno dei ragazzi impegnato a frugare dentro al portabagagli della volante lanciò un'esclamazione di euforia, per poi alzare in aria il frutto della propria ricerca. Un fucile a pompa dalla canna brunita e il calcio nero.

Lo ScambioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora