Sento un rumore. É la sveglia. É quel rumore che mi catapulta nella vita reale. Ora non sono piú nel mio mondo di pace e gioia, sono nel mondo reale fatto solo di perdenti e vincitori. I vincitori sono i padroni e i perdenti gli schiavi. La vita dei 'loser' non si può chiamare vita. Non é vita essere picchiati, maltrattati, insultati, sempre. Le fiabe narrano che i vincitori sono gli eroi belli e buoni, ma è una balla, nella realtà sono cattivi, malvagi, crudeli. Dovrebbero salvare e proteggere i più deboli, ma no, loro non fanno così, li sfruttano approfittando della loro fragilità e li piegano fino a spezzarli, ma non si fermano neanche allora. Le fiabe sono state scritte da vincitori, non c'è una parola vera, neanche una, nemmeno la più banale.
Metto i piedi per terra, il marmo é gelido. Mi trascino in bagno e, una volta sistemata, vado a fare colazione. Finito di mangiare prendo la cartella e me la metto sulle spalle. Sono alla fermata dell'autobus. Oggi sono arrivata presto. Menomale, cosí non li incontro. Ecco l'autobus. Loro sono li. Mi guardano, ridono. Mi fanno tutti schifo, non voglio salire. L'autista mi suona il clacson e mi urla:"vuoi darti una mossa o preferisci andare a piedi!!". La strada é troppo lunga non ce la faccio, sono troppo stanca, troppo debole, mi tocca salire. Mi sento osservata, le ragazze mi danno occhiatine, ridacchiano e criticano il mio modo di vestire, i maschi sbraitano, mi indicano e mi insultano pesantemente. Mi danno spintoni apposta ma facendo finta di essere inciapati. Occupano tutti posti in cui cerco di sedermi anche se a loro piace stare in piedi. Ecco che Gregory Pegodly mi indica col suo braccio imbottito di muscoli e mi grida: "Ehi sfigata, puoi sederti là!" punta il suo lurido dito verso il posto riservato ai disabili "È quello riservato a quelli come te". Tutti ridono mi sento uno schifo. Mi trattengo dal piangere là in mezzo a tutti, é imbarazzante. Prenoto la fermata e scendo. Non mi interessa quanto io sia stanca, voglio solo evitare quei mostri. Ingoio le lacrime amare e il catarro. Mentre l'autobus mi sorpassa mi tirano il loro pranzo addosso dai finestrini, della senape mi cola nell'occhio, brucia. Prendo un fazzoletto e cerco di pulirmi il più possibile. Intanto le lacrime iniziano a rigarmi il viso, come è possibile, dovrei esserci abituata e invece ogni volta fa più male, ma perché, cosa gli ho fatto, perché il mondo mi odia così tanto. Quando sei nella mia posizione senti tutto il peso della piramide sociale sulle spalle, ti senti schiacciata, come se ti volesse fare a pezzi, anzi, ti vuole fare a pezzi. Siamo come giocattoli, ci usano entusiasti, ci sfruttano, ci fanno fare cose senza il nostro consenso, ci torturano e poi, quando non gli serviamo più ci buttano e finiremo nelle mani di un altro bambino, e il giro ricomincerà. È così che vivono i loser, è così che vivo io, nascosta dalla loro ombra.