Il mondo è diventato buio. E anche se c'è luce intorno a me, tutto mi appare come un'ombra pesante che non riesco a scrollarmi di dosso. È come se vedessi la mia vita dall'esterno, mentre il mio vero io è intrappolato da qualche parte in profondità, sommerso, senza voce. Il tempo passa, ma io rimango ferma. Non c'è niente che desideri davvero fare, nessun posto in cui mi senta al sicuro.
Ogni parola che mi hanno detto – quelle risate, i sussurri, gli sguardi di disprezzo – hanno lasciato un segno che non riesco a cancellare. Mi hanno scavato dentro e mi hanno resa piccola, mi hanno fatto dubitare di ogni cosa di me stessa. A volte mi sembra di portare addosso tutto il peso di quegli sguardi, di quelle frasi che non se ne vanno. Mi guardo allo specchio e tutto ciò che vedo è una versione deformata di me, riflessa attraverso le loro parole. Ed è lì che mi perdo.
Ci sono giorni in cui non riesco nemmeno a respirare bene, come se un macigno fosse appoggiato sul mio petto. Non importa dove mi trovi: sono sempre lì, bloccata nel buio, intrappolata dai loro giudizi. Mi chiedo come sarebbe essere diversa, come sarebbe non portare addosso il peso del loro sguardo, del loro giudizio. Ma non so immaginarmi in nessun'altra versione di me.
Vorrei che qualcuno mi vedesse davvero, oltre quello che loro hanno deciso che sono. Ma poi mi chiedo: chi potrebbe farlo? Forse sono io che mi sono persa nel loro disprezzo, forse sono io che non so più chi sono.
Mi chiamo Isabella Blake e ho 17 anni. Per tutta la vita mi sono sentita sbagliata, come se qualcosa in me fosse rotto, fuori posto, diverso da ciò che gli altri sembrano aspettarsi. Ogni giorno sento pezzi di me scivolare via, come se fossi fatta di sabbia, un po' più vuota ogni volta che qualcuno mi guarda e giudica.
La prima volta che qualcuno mi ha fatto sentire sbagliata ero solo una bambina. Ero ancora troppo giovane per capire cosa volesse dire sentirsi respinti, troppo piccola per capire perché il mio aspetto – qualcosa di cui non avevo il controllo – fosse motivo di vergogna. Col tempo, però, quelle parole e quegli sguardi sono diventati più forti, più insistenti, più difficili da ignorare.
Oggi, dopo anni di risate soffocate alle mie spalle, di sguardi che sembrano trapassarmi come lame, non so più chi sono. So solo che tutto ciò che era in me, che forse un tempo aveva un valore, è scomparso. Mi guardo allo specchio e vedo qualcuno che non riconosco, qualcuno che mi è stato imposto. E più passa il tempo, più mi sembra che anche le parti di me che credevo di conoscere – i miei pensieri, i miei sogni – si stiano sgretolando.
Vorrei trovare le parole per descrivere il dolore che porto dentro, ma è come cercare di spiegare un'ombra: c'è, è reale, eppure non ha forma, non ha sostanza. È un peso che non riesco a mostrare, un buio che non posso illuminare, qualcosa che gli altri non vedono e che forse non vedranno mai.
Forse è questo il mio destino: perdere me stessa, pezzo dopo pezzo, finché di me non rimarrà più nulla.
L'ultimo anno è stato uno dei più brutti della mia vita. Ogni singolo giorno è stato come vivere in una stanza buia senza finestre, senza via d'uscita. Dopo mesi a guardarmi mentre mi spegnevo, i miei genitori hanno deciso di trasferirci. Hanno detto che mi avrebbe aiutato a ricominciare, a lasciarmi alle spalle tutto il dolore. Io li ho pregati di lasciar perdere, di non preoccuparsi per me, di fingere che tutto andasse bene. Sapevo, però, che non mi avrebbero ascoltata. Sapevo che avrebbero fatto di testa loro.
Forse non lo dirò mai apertamente, ma in fondo, ne sono grata. Non avrei potuto sopportare un altro giorno tra quelle stesse strade, quegli stessi muri che sembravano soffocarmi. Anche se avessi voluto, non so se avrei mai trovato il coraggio di andarmene da sola.
Lasciarmi New York alle spalle è stata la parte più facile. Dire che mi mancherà sarebbe una bugia sfacciata. Quella città è stata per me un teatro di incubi, un luogo di tormento. Non ho lasciato nessun amico, nessun legame reale, nessun posto che mi facesse sentire al sicuro. L'unica cosa che lascio sono i ricordi che non mi servono più, i volti di chi ha reso la mia vita un inferno.
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Find me where you are
RomanceLui é il suo nemico, lei è la sua ossessione. Per Isabella, ogni nuova città è un altro tentativo di lasciarsi alle spalle il passato. San Francisco doveva essere l'inizio di qualcosa di diverso: una vita lontana dagli sguardi taglienti e dalle paro...