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Sarebbe veramente surreale stare in cima al mondo ed averlo ai tuoi piedi, cogliere ogni singolo battito, ogni singolo respiro per te e, un attimo dopo, senza neanche accorgersene, starsene disteso sul fondo di un burrone profondo milioni di metri a guardare il soffitto bianco di un ospedale mentre l'oscurità ti inghiotte e lascia solo il tuo cuore in mille pezzi, ma questo tu non lo sai Fabio, perché tu il cuore non ce l'hai.
Il fischio del silenzio dopo ore passate a sentire l'italia intera che ti brama fu assordante, un risveglio traumatico accompagnato da una fase di depressione seguita al dolce dell'euforia mischiato con l'amaro della cocaina.
Si sentiva spaesato, confuso con gli occhi vagava nella stanza fino a che non si posarono su un volto familiare, che Fabio non vedeva da troppo.
"Ciao Fabio"
"E tu cosa ci fai qui?"
"Io ci lavoro, tu piuttosto non avevi smesso?"
Fabio aveva un rapporto di odio e amore con gli ospedali, odiava dover essere obbligato a seguire le regole, amava non avere responsabilità, odiava il cibo, amava starsene disteso.
"Piccolo incidente di percorso, bello rivederti Alyssa"
"Vorrei poter dire lo stesso"
Lo scenario era diverso, il viso lo stesso, gli occhi li stessi.
"Ammettilo mi sei venuta a trovare perché sentivi la mia mancanza" Parlò ancora lui con voce flebile.
"No, in realtà sono pagata per stare qui con te, non sono venuta a trovarti alle 2 della mattina, e poi non ne sono sicura, ma credo che questo non sia l'orario di visita e non credo neanche che sia appropriato il tuo atteggiamento nei miei confronti, dopo quello che è successo"
"Alyssa ascoltami, io non volevo che..." Provò a parlare prima che l'altra lo interrompesse nuovamente.
"No Fabio, tu non volevi niente e basta, non c'è stato nulla tra me e te, ce ne siamo fatti una ragione mesi fa, per me la vita é andata avanti, quinti adesso tu invece non me la rendi complicata, ti rilassi e ti riprendi e questi tre giorni voleranno e io e te non ci rivedremo più perché io e te siamo estranei"
Fabio sospirò rumorosamente premendo le labbra l'una con l'altra.
Estranei? Eppure quei 10 giorni insieme non erano da estranei, quello che aveva sentito dirgli non era da estranei, quello che aveva visto con i suoi occhi non era da estranei, ma d'altronde Fabio lo sapeva, ciò che toccava si distruggeva e finiva per essere sabbia che volava via in granelli.
Da subito la sua testardaggine prese il sopravvento, decidendo che fosse il momento di alzarsi, fallendo miseramente, quando si rese conto che il mondo gli stava contro ed aveva deciso di iniziare a girare tutto insieme più velocemente.
"Stai fermo, devi stare semplicemente fermo, ti devi riposare non devi fare nient'altro" Si ripeté Alyssa poggiandogli una mano sul petto, accompagnando la sua discesa verso il materasso, rimettendolo steso.
"Non posso fare niente?"
"No, tu non devi fare niente perché non saresti in grado di stare in piedi e, diciamoci la verità, io non sarei in grado di tirarti su e non credo tu voglia passare la notte sul pavimento" Disse marcando la parola "devi".
"Eri più simpatica prima" Nascose un sorriso beffardo lui.
"Prima quando? Prima quando ero ai tuoi piedi? Prima quando avrei fatto esondare il mare per te? Quando avrei fatto esplodere il mondo per te? Ho bruciato per te, ma a forza di stare a fuoco di me è rimasta solo cenere"
Fabio rimase per la prima volta in silenzio inerme davanti alla rabbia dell'altra che gli si presentò contro, l'aveva ferita davvero così tanto?
"Fammi un favore, stai fermo qui e non ti muovere, ho davvero bisogno di fumare"
Fabio annuì guardando la figura dell'infermiera allontanarsi e sparire dietro il balcone della stanza.
Era sicuro che con un po' di furbizia sarebbe riuscito a fuggire da quella situazione più che scomoda, pensò che avrebbe potuto fingere di dormire, aspettare e sperare che Alyssa sarebbe crollata e solo dopo agire, ed era sicuro che l'altra si sarebbe addormentata.
La tv era accesa da un eternità, ma il suono che emetteva, ormai da troppo, sembrò uscire da essa all'improvviso e Fabio lo notò solo molto dopo in quanto passò il tempo ad essere assorto dai suoi pensieri.
Il ragazzo chiuse gli occhi, conoscendo l'altra sapeva dentro di se che si sarebbe seduta sulla poltrona ed accavallando le gambe si sarebbe addormentata senza neanche rendersene conto.
-Sono pagata per stare qui a fare l'infermiera privata per questo coglione- pensò lei tra sé e sé, riflettendo su quanto il destino poteva essere così spietato e crudele con lei da farglielo rincontrare in circostanze così delicate e al contempo complesse.
Fu solo questione di pochi minuti fin quando Fabio passò dal lottare con l'attesa che la ragazza si addormentasse, al lottare con la forza di gravità che, non appena poggiò i piedi sul pavimento, sembrò spingerlo di proposito verso il basso, facendo si che si dovesse aiutare con l'asta per le flebo.
-Un passo alla volta- Pensò.
-Destra e sinistra, destra e poi sinistra- Sembrò che nulla potesse più fermarlo quando come obiettivo ormai c'era soltanto la fine del corridoio che si presentò ai suoi occhi non appena oltrepassò l'uscio della porta.
Decise però di voltarsi un'ultima volta a guardare l'altra sulla quale, non appena le posò gli occhi addosso, notò un particolare che non avrebbe potuto tralasciare.
-Dovrei toglierle quella ciocca di capelli che le è caduta sul viso- Riuscì solo a pensare, eppure qualcosa dentro di lui gli diceva che non era una buona idea, gli diceva di proseguire dato che ormai aveva varcato la porta di uscita della stanza e che non avrebbe avuto senso aver lottato per poi tornare indietro per una stupida ciocca di capelli.
Eppure Fabio si voltò ripercorrendo passi già fatti, con la stessa identica fatica, arrivando di nuovo al suo letto che dovette oltrepassare per arrivare silenziosamente davanti all'altra.
Quanto può essere docile una persona quando dorme? quanto può essere pacifico un viso privo di espressioni, di rabbia, di stanchezza, abbandonato di ogni lurido pensiero e circondato dalle braccia nella quale il sonno ti stringe?
Il rumore del respiro leggermente affannato del ragazzo era ormai l'unica cosa udibile nella stanza, mentre non riusciva a staccare gli occhi dal volto dell'altra.
Nelle vene gli scorreva agitazione, ansia e irrequietezza, una sensazione figlia partorita dolorosamente da queste emozioni appena elencate mescolate tra loro.
Con la punta dell'indice e del medio che tremavano incontrollatamente, spostò la ciocca fastidiosa ricaduta sul viso della ragazza, riponendola dietro l'orecchio nella maniera più delicata possibile.
-fa troppo freddo ora per uscire-
-sono troppo debole per andare via adesso-
-poi l'ago della flebo fa male, meglio aspettare domani-
Eppure Fabio sapeva che dentro di se solo un codardo avrebbe potuto pensare quelle cose, mentre in silenziò tornò indietro.
Poi pensò ancora che le coperte in cui si era sistemato non sembravano poi così male, mentre la stanchezza faceva un gioco bastardo con lui, aiutandolo in quel che sembrava il fallimento più grande dei suoi piani e il gesto di altruismo più buono che avrebbe mai potuto fare per qualcuno.

Bravi a bruciareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora