Mi chiamo Letizia Gallina. Ho diciotto anni, sono nata a Catania, e per quanto mi sforzi di pensare a una definizione migliore per descrivermi, c’è solo una cosa che mi rappresenta davvero: l’acqua.L’acqua è il mio rifugio, la mia libertà, e la mia più grande avversaria. Cinque ori olimpici, quattro record mondiali, una nazione che festeggia il mio nome come se fosse un inno. A soli diciotto anni, ho fatto quello che tanti sognano per una vita. Ma c’è una verità che nessuno ti dice: dopo un trionfo così, l’eco del silenzio può essere assordante.
Sono a Los Angeles da giugno. Non è casa, ma mi ci sto abituando. Adoro il caos di questa città, il contrasto tra il mare e il cemento, anche se mi manca l’Etna che mi osserva dall’alto e il profumo del salmastro catanese.
Oggi mi trovo in uno Starbucks vicino casa. Ho preso un caffè freddo – americano, diluito, diverso dal mio amato espresso – ma la mia mente è altrove. Mi guardo intorno, cercando qualcosa che mi distragga, ma nulla sembra catturare davvero il mio interesse.
Poi la vedo entrare.
Alta, atletica, con i capelli castani che cadono sulle spalle in onde naturali. Indossa una maglia larga e pantaloncini che rivelano gambe muscolose. Ma ciò che mi colpisce davvero è il suo sorriso, spontaneo e diretto. Lo scambia con il barista, poi con un cliente dietro di lei, come se fosse una specie di sole che illumina tutto ciò che tocca.
Prima che possa distogliere lo sguardo, si avvicina al mio tavolo.
«Hey, scusa, è tuo?» chiede, indicando il libro accanto al mio bicchiere.
Mi blocco. Alzo gli occhi e incontro i suoi. Sono di un marrone intenso, quasi caldi.
«Oh… sì, scusa.» Afferro il libro in fretta, sentendomi un po’ sciocca.
«Nessun problema.» Legge il titolo e sorride. Il coraggio di essere vulnerabili. «Interessante. Brené Brown, giusto?»
«Sì.» Mi sento improvvisamente sulla difensiva. «Un po’ da manuale d’autoaiuto, lo so…»
«No, per niente. Ci vuole più coraggio a migliorarsi che a fingere di avere già tutto sotto controllo.»
Resto sorpresa. La sua voce è calma, ma ha un accento americano marcato. Sembra una di quelle persone che non si prendono troppo sul serio, ma che, al tempo stesso, vedono oltre le apparenze.
«Ashley.» Mi porge la mano, e io la stringo, un po’ esitante.
«Letizia.»
«Italiano?»
Annuisco. «Sì, sono nata a Catania. Vivo qui da giugno per… lavoro, diciamo.»
Lei sorride, un sorriso aperto, curioso. «Lavoro o sogni? Perché, con quei muscoli, scommetto che sei una sportiva.»
Rido, un po’ imbarazzata. «Entrambe le cose, immagino.»
«Anch’io sono qui per lavoro. E per sogni.» Fa una pausa. «Calcio. Mi sto trasferendo a Los Angeles per giocare nell’Angel City Football Club.»
«Davvero? Complimenti.»
Ashley sorride di nuovo, e questa volta c’è una luce diversa nei suoi occhi, qualcosa che sembra invitarmi a restare.
«Allora,» dice lei, rompendo il silenzio, «forse dovremmo brindare alle nuove avventure. Vuoi un altro caffè?»
Non posso fare a meno di ridere. «Ce l’ho già, ma grazie. Magari la prossima volta.»
Ashley annuisce, prendendo il suo caffè dal bancone. «La prossima volta, allora.»
La osservo uscire dal locale, con la stessa sicurezza con cui è entrata. Non so perché, ma qualcosa dentro di me cambia. C’è un’energia diversa nell’aria, come se un pezzo della mia vita, ancora sconosciuto, fosse appena iniziato a comporsi.
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Un tuffo, un gol e un bacio
ChickLitLetizia, una giovane nuotatrice italiana, e Ashley, una talentuosa calciatrice statunitense, si incontrano a Los Angeles, due vite sospese tra sogni, sacrifici e successi sportivi. Tra il rumore delle onde e il suono del pallone, nasce un amore inte...