Hugò Il topolino che salvò il Natale

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Questa storia ebbe inizio qualche anno fa, il primo di dicembre. Mancavano solo ventiquattro giorni al Natale e tutto il Polo Nord era in fermento lavorando ai preparativi per la Vigilia e alla fabbricazione dei giocattoli.

Hugò era un piccolo topino di Parigi e nonostante la sua piccola statura aveva un grandissimo sogno nella vita, cioè quello di poter diventare un giorno l'aiutante di Babbo Natale. Avrebbe fatto qualunque cosa per riuscirci, anche se la sua famiglia riteneva la cosa impossibile e non era per nulla d'accordo.

"I topi hanno da sempre delle tradizioni a cui non ci si può opporre e una di queste è quella che la colonia viene prima di tutto." Hugò però pensava di continuo allo spirito natalizio che adorava e, se fosse stato per lui, sarebbe dovuto durare tutto l'hanno, e poi, quante cose mangiano le persone durante le feste? Sono banchetti prelibati anche per i topini!

"Che bello sarebbe stato!"

Eppure, nonostante questi pensieri sublimi e deliziosi, le parole di suo padre ancora facevano eco nella sua piccola testolina:

"Non potrai mai essere l'aiutante di Babbo Natale, nessun topo lo ha mai fatto! E poi lui ha già i suoi fedeli aiutanti, perché mai dovrebbe prenderne altri? Ricordati Hugò, tu sei un topo e sarai sempre un topo. Non c'è nulla di male in questo, devi solo accettare chi sei, cosa puoi fare una volta per tutte e smettere di sognare come fanno i topi adulti. Se ti allontanerai da questa colonia sappi che non potrai mai più farci ritorno."

Ma Hugò era fermamente convinto che avrebbe fatto qualunque cosa per giungere al cospetto del Gran Capo Babbo Natale. Desiderava in fin dei conti avere solo la possibilità di dimostrare a sé stesso e a tutta la sua famiglia che nella vita poteva riuscire a fare ciò che voleva e che le sue dimensioni poco contavano, importavano di più la sua volontà e l'impegno per raggiungere il suo obbiettivo.

Così, quella mattina di dicembre, freddissima con la neve che scendeva lenta dal cielo e con le lastre di ghiaccio cosparse un po' ovunque, si ritrovò con il sacco in spalla ad abbandonare la sua colonia per inseguire i propri sogni. Se nessuno lo avesse appoggiato gli avrebbe dimostrato che ce la faceva benissimo da solo, anche se non sapeva da dove partire e come trovare il Polo Nord visto che si trovava a Parigi. Erano ore che camminava avvolto solo nella sua piccola giacca rossa natalizia e il suo piccolo stomaco brontolava dalla fame, quando, improvvisamente, sollevò lo sguardo e si trovò davanti a una delle pasticcerie più belle e rinomate della città.

'Quante cose meravigliose che ci sono!' Pensò tra sé e sé appoggiando il suo muso sulla vetrina, soffiando per mandare via la brina e il ghiaccio.

'Se solo fossi lì dentro, quante bontà ci sono! Torte, croissant, pane appena sfornato, crostate arricchite di marmellate e frutta, cioccolato ovunque e formaggio fuso a profusione su chilometri di focacce.'

Poi il suo sguardo cadde su un piccolo buffo omino che indossava un vestiario troppo eccentrico per essere di quelle parti: da sotto la camicia si intravedeva un gilet verde e rosso accesso e dal suo buffo cappello a basco fuoriuscivano delle strane orecchie appuntite.

Hugò si strofinò per qualche istante gli occhi, forse era per via della fame ma per un attimo gli era parso di vedere un elfo. Era impossibile! Gli elfi stanno al Polo Nord e certamente non a Parigi il primo di dicembre.

Ma no, era proprio un elfo di Babbo Natale! Era la prima volta per lui che ne vedeva uno!

'Chissà cosa ci fa da queste parti?' Si chiese continuando ad osservare quel buffo ometto. Ovviamente nessuno si era accorto di un topolino appoggiato alla vetrina, così rimase ancora un po' a curiosare.

All'interno del negozio un grande e grosso signore con la barba bianca, grembiule e cappello da pasticcere stava consegnando al piccolo elfo un sacco rosso enorme. Hugò non riusciva a vedere cosa ci fosse al suo interno ma iniziò a fantasticare che potevano esserci dei giganteschi regali di Natale. Una volta preso il sacco l'omino buffo si allontanò a passo svelto dalla pasticceria mentre l'uomo con la barba bianca attraversò una porta che al suo passaggio diventò luminosa.

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