Mi sono concesso a molte, ma è solo con te che il mio corpo sa davvero cosa desidera. Non è solo il sesso che mi brucia dentro, è la tua assenza, il pensiero costante di te. – Sylvia Day, Crossfire Series
Guardai il foglio davanti a me e mi grattai i capelli con frustrazione. Non capivo un cazzo. Le parole sembravano un ammasso di lettere senza senso, un codice che non riuscivo a decifrare. Non avevo studiato un cazzo. La mia mente, per tutto il giorno, era stata occupata da Flora, dalla sua voce, dal modo in cui mi aveva guardato ieri sera. E quella maledetta frase: "So che sei cresciuto...".
Che cazzo voleva dire? Che sapeva? O che credeva di sapere? Mi disturbava, mi faceva sentire esposto, come se avesse visto qualcosa che io stesso evitavo di guardare.
Mi accarezzai la nuca, il nervosismo che cresceva mentre fissavo quel foglio bianco. Dovevo concentrarmi, ma il nodo in gola non mi lasciava respirare. Alzai la mano.
«Posso andare in bagno?» chiesi, la voce piatta, senza voglia.
Il professore mi guardò con un'espressione di lieve fastidio, poi annuì senza dire nulla. Mi alzai dalla sedia, sentendo gli sguardi di alcuni compagni su di me. Qui, all'università, ero uno dei migliori. Il più bravo della classe, quello che tutti rispettavano o invidiavano. Ma oggi... oggi non ero io.
Oggi non era giornata.
Attraversai il corridoio con passi pesanti, i suoni attutiti dalle pareti. La luce fredda del neon mi dava fastidio, amplificando il mal di testa che mi tormentava da ore. Forse non sarei dovuto venire, forse avrei fatto meglio a restarmene a casa, a fumarmi una sigaretta e lasciare che il tempo passasse.
Entrai nel bagno e chiusi la porta dietro di me, appoggiandomi al lavandino. Mi guardai nello specchio. Gli occhi scuri, le occhiaie, le linee dure del viso che sembravano scolpite nella pietra. Sembravo un uomo più grande, qualcuno che portava troppo peso sulle spalle.
Mi chinai verso il rubinetto, aprii l'acqua e mi spruzzai il viso, cercando di schiarirmi le idee. Ma non servì a niente. Flora era ancora lì, nella mia testa. E quel pensiero mi stava mandando fuori di testa.
Qualcuno aprì la porta del bagno. Non mi girai subito, ma sentii una voce familiare, troppo riconoscibile.
«Sei stressato.»
Era Anna. Quella troia di Anna. Sbuffai senza guardarla. Non volevo lei. Non avevo voglia di vederla o di ascoltarla. Quello che volevo davvero era vedere Flora. Magari incrociarla per caso nei corridoi, magari solo osservarla da lontano. Ma no, Flora non c’era, e io non sarei andato a casa oggi.
Mi divertivo troppo con le donne il sabato sera insieme a Mark. Era un’abitudine che mi stava scavando dentro, un piacere che cercava di coprire vuoti che non volevo nemmeno ammettere. Ma con Julia avevo litigato, quindi per il momento c’era solo Anna.
Mi girai lentamente, lasciando che i miei occhi percorressero la figura di Anna. Indossava una camicia corta che lasciava intravedere la pelle e dei leggings che mettevano in risalto il suo culo. Sapevo cosa voleva, era fin troppo ovvio.
«Che cazzo vuoi?» chiesi, la voce tagliente, senza alcuna pazienza.
Lei si avvicinò, il suo sguardo affamato puntato dritto su di me. Prima ancora che potessi evitarlo, le sue mani si posarono sul mio membro. Ero già duro. Non per lei, però. Era Flora che mi stava nella testa, ogni immagine di lei, ogni dettaglio che mi tormentava e mi eccitava allo stesso tempo.
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Love at first sight
RomanceDopo la morte di sua madre, Flora, si trasferisce a New York per ricostruire il rapporto con suo padre. Il trasferimento è per lei una via di fuga dal dolore e dalla solitudine. Al suo arrivo a New York, incontra Simone il suo fratellastro, che avr...