Ottobre 2318, anno ordinario

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Con un sonoro schiocco, la tv si accese, intonando l'inno nazionale, col volume al massimo. Mio fratello sbuffò e riportò l'attenzione sull'antica radio (del 2176!) che stava tentando di riparare da mesi.
Dal divano dov'ero seduta riuscivo a vedere i suoi ricci castani, ancora umidi dopo la doccia, restare immobili mentre, con una precisione impossibile, assemblava per la quinta volta i pezzi nuovi di zecca al posto di quelli vecchi e rovinati.
Mio fratello detestava lavorare con la musica, di qualsiasi genere fosse, perché lo distraeva. Infatti, a metà della prima strofa, mentre la voce acuta e limpida di Natalie Benner (cantante di fama internazionale) diceva
"La patria difendemmo con onore,
E sconfiggemmo il vile traditore"
lasciò cadere il cacciavite sul tavolo.
In realtà nessuno avrebbe detto che lo aveva lasciato cadere, perché per paura di incasinare i pezzi lo fece tanto delicatamente che anche io, che negli anni avevo abituato l'orecchio alla silenziosissima vita di mio fratello, feci fatica a sentirlo. Sam si sedette sul divano accanto a me, con un profondo sospiro.
"Zoe! Detesto questo programma!" Si lamentò, reclinando la testa, e appoggiandola sullo schienale rosso del divano.
"Anche io!" replicai divertita. Era raro vedere mio fratello lamentarsi. Io e Sam avevamo dieci mesi di differenza, ed eravamo legati più di qualsiasi altra coppia di fratelli avessi mai visto. Quando eravamo piccoli, e i capelli di Sam tendevano ancora più al rosso che al castano, dicevamo a tutti di essere gemelli, ma ora che mi superava di una spanna abbondante, e non ci assomigliavamo più, nessuno ci cascava. In più chi veniva a scuola con noi era al corrente della nostra differenza d'età.
Sam era di gran lunga il mio parente preferito, e il mio migliore amico. Aveva preso i capelli scuri dalla nostra nonna paterna, e gli occhi dorati li aveva uguali alla zia Minnie, detta anche zia M (che sta per megera e non per l'iniziale del suo nome) che a sua volta li aveva presi da suo nonno. Era alto e magro e sorrideva sempre, tranne quando stava chino sulle cose che doveva riparare. Allora assumeva un espressione a metà tra il corrucciato e il concentrato, con tanto di lingua stretta in un angolino della bocca. Sam adorava aggiustare le cose. In realtà la sua passione si estendeva anche agli animali, e di tanto in tanto anche alle persone, ma non era altrettanto bravo come negli oggetti. Quando Sam aveva dieci anni, il suo cavallo, Leo, si ruppe un ginocchio e Sam gli diede da bere un intruglio dal colorito latteo. Se lo scopo dell'intruglio era quello di far vomitare anche l'anima al povero cavallo, allora ci riuscì benissimo. A parte l'effetto collaterale del vomito, però, il ginocchio di Leo guarì ben prima delle mere previsioni del veterinario.
Quando l'inno nazionale finì, sulla TV lampeggiò l'immagine del nostro paese, un tulipano bianco, su cui stava in bilico una corona a cinquanta punte, che terminavano ognuna in una piccola stellina di rubino rosso sangue. In qualche modo era collegato alla bandiera che aveva il nostro paese prima della Quarta Guerra Mondiale, ma non ricordavo se fosse per le cinquanta stelle o la corona. Nel mio libro quella pagina era macchiata di caffè. A poco a poco il tulipano cominciò a sbiadire, lasciando il posto al programma televisivo obbligatorio. Sullo schermo comparve l'immagine del palazzo reale. Il sole stava tramontando. Diedi un'occhiata fuori dalla finestra. Nel nostro paesino il sole si era già tuffato da un pezzo nell'oblio oscuro e la luce estiva cominciava a svanire. Quanto poteva essere lontano il palazzo reale? Me lo chiedevo quasi tutti i sabato pomeriggio. Prima che potessi pensare ad altro, però, la voce rilassata e dolce di Emily Tint accolse il pubblico , accompagnata da quella suadente e calda di Roy Melt.
"Mamma, Papà e Katy?" Chiese Sam preoccupato. "Probabilmente staranno guardando il programma dal supermercato." Risposi, sforzandomi di sembrare rilassata. Tra me e Sam ero io quella coraggiosa. Lui era il motivo per cui ero coraggiosa. Sam non era un fifone, ma aveva la fastidiosa tendenza ad essere sempre preoccupato e altrettante volte paranoico. Per questo cercavo di essere io quella forte, e quando non ci riuscivo cedevo il posto a mio fratello, che se ne avevo bisogno sapeva essere spavaldo e sicuro di se. Il problema era che riuscivo ad essere coraggiosa e reattiva solo se gli altri non lo erano, ed avevano bisogno che lo fossi io. Altrimenti mi bloccavo. "Speriamo solo che non siano per strada, in questo momento non possiamo permetterci un'altra multa" mormorò Sam, ed aveva ragione. Quando lo show era in onda, tutto il popolo aveva il dovere di guardarlo, ed i trasgressori venivano puniti con multe salate. Ne avevamo ricevuta una la settimana scorsa, che aveva prosciugato il nostro fondo monetario, quindi cercavamo di essere tutti a casa durante il programma. Per riuscire a rimediare al problema economico, tutta la famiglia si era data da fare. Io avevo ricominciato a dare lezioni di scherma e tiro con l'arco, Sam aveva sparso volantini per tutta la città, dicendo che era disposto ad aggiustare qualunque cosa gli venisse affidata, mamma aveva raddoppiato le ore di lavoro, Katy andava in piazza tutte le domeniche a vendere le uova delle nostre galline, e le torte che preparava prima e andavamo tutti a lavorare un paio d'ore nell'officina di papà. Papà era il fabbro del nostro paesino. Realizzava armi, ferri di cavallo e martelli.

"Prima di parlarvi delle nuove e strabilianti scoperte in campo scientifico, cari telespettatori, lasciate che il Re vi dia l'esaltante notizia!" La voce di Emily Tint suonava festosa ed eccitata, ma probabilmente era uno dei soliti inutili e noiosi avvisi del re. La nostra famiglia non era esattamente una sostenitrice della famiglia reale. Ovviamente nessuno ne era a conoscenza, avevamo lo stemma della famiglia reale inciso sulla porta di casa, e esponevamo sempre la bandiera del paese ogni volta che la legge lo richiedeva, ma non approvavamo quasi nulla di ciò che accadeva a palazzo. Da quando era salito al trono Re Nicholas secondo, il padre di Re George, attuale re, il nostro paese aveva iniziato una lenta decadenza. Tuttavia il re era riuscito a mantenere il precario equilibrio d paese e a passare il regno a suo figlio senza avere troppi problemi. Forse perché il sovrano non si occupava dei problemi dei più piccoli, ma principalmente di quelli dei potenti e dei ricchi. All'inizio non era stato così. Suo padre, Re Samuel, gli aveva lasciato in eredità l'epoca più bella del nostro giovane paese. Era in tutti i sensi il periodo d'oro della Nuova America. Gli scienziati avevano fatto incredibili scoperte che avevano contribuito al benessere del popolo, l'arte era rifiorita, attirando flotte di turisti curiosi, e l'economia era ben salda. Anche per i primi anni del regno di Re Nicholas era andato tutto bene. Poi sua moglie, la regina Megan, era morta, dando alla luce il secondo figlio. Da quel momento il re era totalmente cambiato.
"Caro popolo di Nuova America" il re sorrise, alzandosi lentamente dalla sua enorme sedia di legno nero. Non era più tanto giovane: i capelli erano brizzolati, e quando sorrideva un reticolato di rughe si creava attorno alla bocca e agli occhi. Purtroppo, era identico a suo padre, e governava nella sua stessa maniera, se non peggio.
"Il vostro principe ha da poco compiuto vent'anni, l'età che un principe deve avere per compiere il tradizionale viaggio e per trovare moglie." Il re sorrise. "Il principe compirà il viaggio in giro per il paese e sarà di ritorno in massimo otto mesi, al termine dei quali potrete ammirare il vostro principe, e la sua promessa sposa, per la prima volta dalla sua nascita."
La tradizione del nostro regno voleva che compiuti vent'anni, il principe facesse un viaggio per il regno, in incognito e senza alcun tipo di scorta. Per evitare pericoli, come attentati, sequestri o simili, l'identità del principe rimaneva segreta fino alla fine del viaggio. Nessuno, prima del ritorno del principe, aveva mai visto il suo volto, o la sua scrittura o anche solamente una sua veste, tranne le persone a lui più vicine.
"Ho la strana sensazione di non volerlo vedere, il principe." Mormorò Sam.

Da piccola, prima di andare a dormire, la mamma mi raccontava del periodo in cui il re, allora principe, George aveva fatto il suo viaggio. Mi raccontava di come le ragazze più ricche si agghindassero, girando per il regno come delle trottole, nella speranza di incrociare il principe misterioso, ed essere notate da lui. Diceva che erano anni che il paese non era tanto in subbuglio, perché il principe George era il primo primogenito maschio che nasceva dopo tre generazioni di reali, e la procedura era diversa per le principesse. Quando le chiedevo se anche lei si truccava e si vestiva bene per farsi notare dal principe, lei mi guardava gravemente e rispondeva
"La mia famiglia non se lo poteva permettere, e ringrazio per questo. Tantissime famiglie che conoscevo hanno speso una fortuna in gioielli, e vestiti, per ritrovarsi senza niente alla fine. E poi ti immagini che noia essere la moglie del re? Tutte le riunioni, e la rigidità, e le buone maniere obbligatorie. E poi bisogna imparare a memoria tutti i nomi dei nobili del nostro paese, e dei paesi esteri."
E da qui la mia totale indifferenza per il principe.
Anzi avevo quasi paura che mi potesse incontrare, e che potessi piacergli.
Io avevo davvero una pessima memoria.

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