Alana si risvegliò di colpo. Era cosciente, ma non riusciva ad aprire gli occhi. Il suolo sotto di sé era umido, lo toccò con una mano. Terra. Cercò di muoversi, ma appena girò il collo un dolore straziante le invase tutto il corpo. Tentò nuovamente di aprire gli occhi e, con fatica, come se il suo cervello avesse realizzato di essere sveglio, ci riuscì. Davanti a sé c'erano rami ricoperti di foglie verdi, di un verde così vivo che quasi sembravano brillare. Era notte, di questo era certa, ma il cielo non era di quel blu scuro che tanto assomigliava al nero: era una notte luminosa e, forse aveva ricevuto un colpo alla testa, ma da quello che riusciva a intravedere tra gli alberi le sembrava... Viola? Fece per alzarsi, ma sentiva dolore in tutto il corpo. Frammenti della notte precedente cominciarono ad arrivare nella sua mente. Non erano chiari, ma erano esaustivi per riportarle alla memoria quello che era effettivamente successo: la pioggia, l'incrocio, il camion. Era forse morta?
Cercò di raccogliere tutte le sue forze e, nonostante il dolore lancinante, fece forza sulle sue esili braccia e si tirò su. Era in una foresta e non poté fare a meno di chiedersi come ci fosse finita. "Probabilmente devo essere stata catapultata fuori dalla macchina" pensò. Ma non era possibile: non c'erano foreste in quella zona. Non c'erano affatto foreste nella sua città: solo strade e palazzi. L'avevano rapita? Chiuse di nuovo gli occhi, per cercare di ricordare qualcosa in più, qualsiasi cosa, ma tutto ciò che riaffiorava era quell'incrocio e i fari spuntati all'improvviso. Cercò il suo telefono nelle tasche, ma non lo trovò. Doveva esserle caduto durante l'incidente. O qualcuno glielo aveva preso per evitare che chiedesse aiuto.
Cominciò a camminare, nella speranza di trovare una strada. Guardò di nuovo gli alberi e non se l'era immaginato: brillavano di luce propria, non solo le foglie, ma anche i rami, la corteccia. Il cielo era veramente viola, non brillante come lo aveva percepito a prima vista, ma era un blu relativamente chiaro, decorato da sprazzi di luce purpurea, che riprendevano lo stesso colore della luna. Forse era proprio quella a donargli quel colore particolare. Era senz'altro morta. Ma se aveva perso la vita per quale motivo sentiva ancora tutto quel dolore? Le sembrava di avere tutte le ossa rotte, era sicura di avere qualche livido sul viso: non riusciva nemmeno a toccarselo, tanto le faceva male.
Era ormai mezz'ora che stava camminando, ma davanti a sé c'erano solo alberi luminescenti e nient'altro. Erano tutti uguali, era probabile che avesse percorso lo stesso tragitto più e più volte. Le gambe le cedettero, stanche del peso del suo corpo, pregando di riposare per qualche minuto. Alana cadde a terra, ritrovandosi di nuovo nel buio che l'aveva accompagnata prima del suo risveglio in quella foresta sconosciuta.
༒
Qualcosa le toccò un fianco, forse se l'era immaginato. Ma il tocco si ripeté ancora, più di una volta e sempre più violento.
«È morta?» disse una voce infantile. Era impossibile distinguere se fosse maschile o femminile.
«Penso di sì" rispose un'altra. «Mamma! Vieni a vedere!»
Alana era sicura di non stare sognando quindi si obbligò ad aprire gli occhi. Era ancora in quella maledetta foresta. Si girò verso le due persone che l'avevano svegliata e appena le vide saltò in piedi con un balzo, il cuore le batteva all' impazzata. Quando li guardò non vide due bambini, ma due paia di occhi che risplendevano uno di rosso e l'altro di azzurro. Non erano solo quelli ad essere strani: avrebbe giurato che la loro pelle brillasse leggermente dello stesso colore dei loro occhi. Non troppo, ma questa fievole brillantezza era percepibile, specialmente all'ombra dei possenti alberi, che sembravano meno splendenti rispetto a qualche ora prima. Non ne era sicura, ma le sembrava di scrutare delle orecchie lievemente appuntite sotto i loro capelli.
I bambini apparivano più spaventati di lei, almeno fino a quando quella che sembrava la loro madre non li raggiunse. Non era tanto più alta di lei, ma aveva un portamento così importante che la rendeva invincibile. Alana non poté fare a meno di notare i suoi muscoli tesi, come se avesse passato tutta la sua vita ad allenarsi. Anche la donna aveva le caratteristiche dei due bambini: i suoi occhi dello stesso colore del cielo la notte prima.
«Dove sono?» riuscì a domandare la ragazza.
La donna non rispose, ma parlò direttamente ai suoi figli: «Andiamocene. L'avete toccata? Forza allontanatevi subito!» Il suo tono diventava sempre più autoritario ad ogni parola.
I tre sparirono in pochi secondi e Alana rimase ferma a fissare il vuoto. Cos'era appena successo? Il battito della ragazza sembrò aumentare ad ogni respiro, fino a quando respirare diventò immensamente difficile. Si appoggiò con la schiena al tronco di un albero e cercò di calmarsi: non era il momento di perdere il controllo, doveva trovare una via d'uscita. Avrebbe dovuto seguire quelle creature: sicuramente si stavano dirigendo da qualche parte, un posto in cui avrebbe potuto parlare con qualcuno. Tuttavia, non sembravano fidarsi molto di lei, probabilmente seguirle non era una meravigliosa idea: se si fossero sentiti minacciati avrebbero potuto attaccarla e la ragazza non voleva certo vedere di cosa quella donna fosse capace, soprattutto per proteggere i suoi figli. Cosa voleva dire, poi, "L'avete toccata"? Non era certo infetta! Sarebbe dovuta essere lei quella preoccupata, erano loro quelli strani, quelli inquietanti.
Rinunciò alla sua idea di pedinarli e riprese il suo cammino, convinta e speranzosa che prima o poi avrebbe trovato una via d'uscita. Aveva sete. Non aveva idea di che ora fosse, né da quanto tempo fosse in quella foresta, ma non le serviva un orologio per capire di essere disidratata. Se solo la pioggia di quella sera l'avesse seguita in quel luogo, almeno avrebbe potuto bagnarsi le labbra e illudersi di aver bevuto uno o due bicchieri di acqua.
Le parve di vedere un bagliore a distanza e, quasi inconsciamente, cominciò a correre. Doveva essere una casa, un villaggio magari. Aveva il fiato corto, ma si sforzò di raggiungerlo il prima possibile, poi, come se qualcuno si stesse prendendo gioco di lei, la luce sparì. Assieme a lei se ne andò anche l'adrenalina che aveva spinto Alana a precipitarvisi contro. Si fermò, ormai priva di speranza e si maledì per aver corso: quella corsa l'aveva resa solo più debole ed era inutile sprecare energie, non nella sua condizione. Si guardò attorno, ma c'erano solo alberi, un'infinita distesa di possenti tronchi illuminati che non davano modo di capire dove si trovasse. Forse la luce che aveva visto non era nient'altro che un albero, magari di colore diverso rispetto agli altri.
Sentì un rumore di passi provenire dalla sua destra e quando si voltò ebbe solo il tempo di vedere due braccia muscolose che si preparavano per colpirla. Per la terza volta in un tempo che la ragazza non sapeva definire si ritrovò nuovamente priva di sensi, alla mercé di un destino che sembrava essersela presa con lei.
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Il velo
FantasyAlana ha sempre vissuto con la sensazione di non appartenere davvero al mondo che la circonda. Dopo un evento drammatico, si ritrova catapultata in un regno magico e sconosciuto, popolato da creature straordinarie e governato da leggi che sfidano og...