È più di un'ora che giro senza una meta in questa stra maledetta città.
È buio pesto.
In giro non c'è un anima.
Come biasimarli, le undici di sera sono passate da un pezzo. In genere dopo quell'orario, a parte qualche macchina, di rado, e dei ragazzi che hanno fatto più tardi del dovuto, la città si spegne.
Bradford è una bella città, sì, ma non di notte.
La strada è lievemente illuminata dai pochi lampioni malfunzionanti e vecchi.
Gli alberi, quasi completamente spogli di fine ottobre, sono disposti sui marciapiedi ai lati della strada.
Incorniciano quel quadro tetro e spettrale che è la mia città a mezzanotte inoltrata.
Dicono che dopo le undici, iniziano i traffici illegali.
Dicono che dopo le undici, escono le prostitute.
Dicono che dopo le undici, si aggiri un ragazzo per le strade. Un ragazzo pericoloso, che la polizia non è riuscita ancora ad identificare, ma che di giorno gira indisturbato come una persona normale. Dicono sia pazzo.
Io però non sono fuori casa per trovare questo ragazzo, né per i traffici illegali o tantomeno per prostituirmi.
Una di quelle passeggiatine serali. Quelle passegiatine libera-mente.
Nel parco principale della città ci sono dei ragazzi appartati dietro alcuni alberi.
Evidentemente preferiscono il metodo Bob Marley per staccare la spina.
Un sorrisino sghembo nasce spontaneamente.
Che le facciano le cazzate. Hanno sedici anni.
Che si divertano. È brutto crescere con i rimpianti.
Faccio l'ultimo tiro dalla sigaretta che poco prima pendeva dalle mie labbra.
La butto nel posa cenere che il comune ha fatto installare sopra i cestini, che evidentemente nessuno usa, dato che i mozziconi di sigaretta sono dappertutto tranne che lì.
Mi stringo nel mio giubbino di jeans, appena un getto di aria gelida mi colpisce la schiena, scompogliandomi i capelli, che tenevo sciolti, sulla faccia.
Nonostante il tessuto della giacca sia imbottito, non è stata un'ottima scelta indossarlo. Non credevo facesse cosi freddo.
Cerco di domare i miei capelli, spostando alcune ciocche dietro le orecchie.
Sussulto appena sento un piccolo rumore.
Mi guardo intorno spaventata, perché sì, sono spaventata.
Il mio cervello continua a urlarmi di tornare a casa, ma non gli dò retta.
Il resto del corpo, che dovrebbe dipendere da esso, disobbedisce, continuando a camminare.
Raggiungo una strada dopo aver attraversato l'intero parco.
Lì finisce la distesa di erba, alberi e arbusti.
Mi tocca tornare indietro.
Mi fermo un momento per inalare un po' d'aria.
Faccio dietrofront e riprendo a camminare.
Vedo una figura nascosta dietro un'albero.
La luce della luna filtra meglio se mancano le foglie sui rami, ma questa sera il cielo è coperto e mi devo fidare dei miseri lampioncini, piazzati ogni quattro metri di strada.
Cerco di approfondire lo sguardo. La figura si fa più nitida, ma ancora irriconoscibile.
Un rumore orrendo mi fa sobbalzare, questa volta non è il vento, bensì un grosso ramo che si spezza, o meglio, che viene spezzato. Giro la testa terrorizzata, ma quando torno al punto di prima, non c'è più nessuno dietro l'albero.
Inizio a correre, in preda al panico.
L'adrenalina scorre nelle vene assieme alla paura.
Appena esco dal parco, mi fermo a respirare profondamente.
Cerco di recuperare il fiato.
Ho la gola secca, ma ora come ora, poco importa.
Voglio solo tornare a casa.
A passo svelto ripercorro la strada di prima.
Nello scendere dal marciapiede, poggio male il piede e cado a terra.
Massaggio la caviglia e mi rialzo.
Con difficoltà torno a casa.
Appena arrivo davanti all'imponente edificio, apro immediatamente il portone.
Il portiere notturno è di nuovo addormentato.
Mi chiedo perché non sia ancora andato in pensione.
Raggiungo lentamente l'ascensore.
Il numero tre, si illumina sul pulsante appena lo schiaccio.
Preparo la chiave della porta di casa, infatti appena l'ascensore di ferma, mi fiondo dentro, chiudendo completamente la serratura, come al solito.
Sfilo il giacchetto e lo appendo al muro.
Apro il frigo e verso dell'acqua gelida all'interno del bicchiere azzurro che avevo precedentemente preso dalla credenza.
Finalmente mi rinfresco la gola.
In questo piccolo appartamento fa sempre freddo. Tiro le maniche lunghe della mia maglia fino alle punte delle dita, scoprendo però le spalle.
Che diamine!
Entro nella mia camera e accendo l'abatjour sul comodino nero.
Infilo il mio pigiama lilla, caldo e confortevole e sgattaiolo finalmente sotto le coperte.
Attacco il cellulare alla presa, per caricarlo, anche se non ce n'è bisogno.
Mi innervosisco se la mattina accendo il telefono e non vedo 100% di fianco all'icona della batteria.
Anche solo accendere il cellulare con il 99% di batteria, mi manda in bestia.
Molte cose, se non fatte come dico io, mi mandano su di giri.Finalmente alle tre meno dieci della notte, mi addormento, contenta che sia già sabato, e quindi riuscirò a dormire qualche ora in più.
HEI!
ECCO QUI LA MIA NUOVA STORIA, SPERO DAVERO CHE VI PIACCIA.QUESTO È UN PICCOLO PROLOGO PER INIZIARE.
UN ULTIMO AVVISO:
GLI AGGIORNAMENTI SARANNO UN PO' DISCONTINUI.
AGGIORNERÒ QUINDI QUANDO RIESCO.
*QUESTO NON ESCLUDE CHE POTREBBERO ESSERCI PIÙ AGGIORNAMENTI CONSECUTIVI ;)*È TUTTO.
AL PROSSIMO AGGIORNAMENTO.ALL THE LOVE. ~M
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Psycho Artist
Random«Voglio dipingere il tuo corpo.» «E se io declinassi il tuo bizzarro invito?» «Credimi, non lo farai.»