"Non ce la faccio più, ti prego smettila!" Urlai con le lacrime agli occhi. "Non la smetterò fino a quando non mi chiederai scusa, piccola stronzetta" rise lui continuando a farmi il solletico. "Mai!" Urlai continuando a dimenarmi sotto le sue dita che non avevano intenzione di smettere di solleticarmi la pelle. Andava sempre così. Io che gli facevo qualche scherzo, piccolo, innocente scherzo, e lui che mi puniva con il solletico. Stanca di quella situazione diedi uno strattone più forte al suo braccio, continuando a ridere, e capovolsi la situazione incontrando due occhi verdi simili ai miei che mi fissavano divertiti. "Di... di che colore sono?" Mi chiese ad un certo punto lui. "Che cosa? " chiesi io confusa. "I tuoi occhi. Sono... verdi-azzuri, gialli!?" Lo guardai e con una sorriso risposi "Non ne ho idea, forse dipende dal tempo!" Continuò a fissarmi, ed in quel momento mi sentii tremendamente in imbarazzo, tanto che sentii le mie guance scaldarsi all'improvviso. Lui sembrò accorgersene e... "Sei arrossita! Sei arrossita, ce l'ho fatta! Ho fatto arrossire Jamiline Alice Maguire signore e signori!" Urlò con una finta faccia sconvolta e il suo solito maledetto sorrisetto sul volto. Mi finsi offesa e cercai di sferrargli un pugno più o meno forte, quando però lui mi bloccò il polso. "Sono stupendi comunque. I... I tuoi occhi" disse con un espressione stranamente dolce. "Beh grazie, ma sappi che i tuoi non sono da meno" dissi osservando i suoi smeraldi che riprendevano perfettamente il verde del parco in cui ci trovavamo. Sono sempre stata una persona diretta, che non si fa problemi a dire le cose, e a giudicare dal suo sorriso in quel momento, dovevo aver detto la cosa giusta. "Ma ciò non ti porta ad astenerti dalla punizione" disse riprendendo a farmi il solletico.
Un volto tremendamente familiare mi fissa sorpreso mentre cerco di rialzarmi velocemente. Due occhi smeraldo mi studiano in ogni piccolo e minimo dettaglio, con uno sguardo indifferente ormai, quasi accigliato, del tutto diverso da quello acceso e brillante che ricordavo.
"Ciao" dice Brian con voce atona.
"Ciao" rispondo io falsamente indifferente. Era troppo tempo che non lo vedevo ormai, e un turbine di emozioni mi sta letteralmente travolgendo lo stomaco, la gola, le viscere.
Tutto deve sembrare normale, però, la mia mente ripete.
È passato, mi ricorda nuovamente.
È cambiato, ha un cappello a cuffia nero che copre i suoi boccoli scuri con la calda lana, una maglietta nera e dei pantaloni e vans dello stesso colore. Per completare il tutto non poteva di certo mancare un giacchetto di pelle.
Nero, anche quello.
Non manca di certo un piercing sul labbro inferiore.
Non è da lui.
Dopo un po' distolgo lo sguardo, con la paura di sembrare una perfetta imbecille che fissa la gente alle 7:30 del mattino, e torno ad incrociare il mio sguardo con i suoi occhi, nel silenzio e nel leggero imbarazzo.
Verdi. Dannatamente verdi.
"Ci si vede" mormora quasi infastidito, come se tutte quelle emozioni avessero travolto anche lui.
Rimango li ferma a cercare di realizzare, quando il rumore di un motore mi fa voltare di scatto.
"Merda l'autobus!" Imprecai, vedendolo allontanarsi.
Bene, avevo perso anche l'autobus.
Vaffanculo al verde.
Vaffanculo al verde di Brian William Foreson.