Capitolo Uno

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                      FASE UNO

           UN PIACEVOLE TORPORE

Un lieve sibilo...il cuore che mi batte nelle orecchie.  Non sento altro.  Sono sicura che la mia bocca si stia muovendo,  che stia chiamando i loro nomi...  Mamma? Papà? ...ma non riesco a sentire la mia voce.  Peggio,  non riesco a sentire le loro. Mi giro a destra e vedo la sagoma di Jenny,  ma le sue membra sembrano goffe e innaturali e lei è schiacciata contro di me. Lo sportello dell'auto dall'altro lato è più vicino di quando dovrebbe.  Jenny?  Sono certa di dire.  Lei non risponde.  Mi giro a sinistra e vedo solo nero.  Troppo scuro per scorgere Billy,  ma so che è lì perché sento la sua mano.  È grande e forte e mi avvolge le dita.  Ma non si muove...provo a stringerla ma non riesco ad ordinare ai miei muscoli di flettersi.  Non posso fare altro che girare la testa e ascoltare il mio cuore he martella come un'incudine contro il petto per quella che sembra un'eternità.
Luci fioche...voci...
Li vedo. Li sento.  Sono tutt'intorno, si avvicinano.  Apro la bocca per urlare,  ma non riesco a trovare la forza.  Le voci diventano più forti,  le luci più nitide.  Un verso stridulo mi fa rizzare i capelli.  Come quello di qualcuno che lotta per l'ultimo respiro.
Sento un forte clic,  clic,  clic,  come se qualcuno stesse accendendo dei proiettori; improvvisamente la luce si riversa da ogni angolo,  illuminando l'auto con abbagliante intensità. 
Il parabrezza in frantumi. 
Il metallo contorto.
Macchie scure.
Pozze liquide. 
Sangue.  Dappertutto. 
All'improvviso scompare tutto quanto e sto cadendo all'indietro,  precipitando nell'acqua fredda,  affondando ancora di più nell'oscurità,  prendendo velocità mentre il peso di un oceano mi inghiotte tutta.  Apro la bocca in cerca d'aria.  Una boccata di acqua fredda mi accoglie con prepotenza,  riempiendomi.  La pressione nel petto è insostenibile.  È pronta a esplodere.  Non riesco a respirare...non riesco a respirare.  Piccoli respiri,  sento dire a mia madre, ma non ci riesco.  Non riesco a farne neanche uno.  Il mio corpo trema... Trema...  Trema...
''Si svegli, cara''. 

I miei occhi si spalancano e mi ritrovo davanti un poggiatesta scolorito. Mi ci vuole un istante per capire dove sono,  per calmare il cuore che batte forte. 

''Stava boccheggiando tremendamente '',  dice la voce. 

Mi giro e vedo una signora che mi scruta dall'alto,  il viso rugoso e preoccupato,  e le vecchie dita nodose sono sulla mia spalla.  Il mio corpo si raggomitola su se stesso prima che riesca a frenare la reazione istintiva a quel tocco. 

Scosta la mano con un sorriso gentile,  '' Mi scusi,  cara.  Ho pensato che fosse meglio svegliarla ''

Deglutendo,  riesco a gracchiare: '' Grazie ''. 

Lei annuisce e si allontana per prendere posto sull autobus. '' Deve essere stato una specie di incubo.''

''Già '',  rispondo, tornata alla consueta voce calma e assente. '' Non vedevo l'ora di svegliarmi''. 

''Ci siamo''.  Scuoto piano il braccio di Livie.  Lei brontola e strofina la testa contro il finestrino.  Non so come faccia a dormire così,  ma c'è riuscita,  russando sommessamente durante le ultime sei ore.  In filo di saliva secca e incrostata le serpeggia sul mento.  Che cosa affascinante.  '' Livie '',  la chiamo di nuovo con un tono di impazienza nella voce. Ho bisogno di scendere da questa scatola di latta.  Adesso. Ottengo uno scoordinato cenno della mano e un labbro imbronciato che dice:''Non rompere,  sto dormendo''. 

''Olivia Cleary! '',  sbotto mentre i passeggeri rovistano rumorosamente nei ripiani in alto per recuperare le proprie cose.  '' Forza.  Darò di matto se non esco subito di qui! ''.  Non ho intenzione di sbraitare,  ma non riesco a farne a meno. Non sono a mio agio negli spazi stretti.  Dopo ventiquattro ore su questo dannato autobus,  tirare il freno di emergenza e saltare fuori dal finestrino sembrano le cose migliori da fare. 

Finalmente le mie parole vengono recepite.  Le palpebre di Livie si aprono sfarfallando e un paio di occhi azzurri e ancora assonnati fissano per un momento il terminal degli bus di Miami.  '' Ce l'abbiamo fatta? '',  chiede nel mezzo di uno sbadiglio,  mettendosi dritta per stiracchiarsi e dare un'occhiata al panorama.  '' Oh,  guarda!  Una palma! '' . 

Io sono già nel corridoio tra i sedili, a preparare i nostri zaini.  '' Già,  palme!  Forza,  andiamo.  A meno che tu non voglia passare qui un altro giorno per tornare nel Michigan''.  Questo la convince a darsi una mossa.

Quando scendiamo dall'autobus, l'autista ha ormai scaricato il bagaglio.  Individuo alla svelta le nostre valigie gemelle rosa shocking. Le nostre vite, tutti i nostri averi, sono stati ridotti a una valigia per ciascuna.  È tutto quello che siamo riuscite a mettere insieme nella nostra fuga dalla casa di zio Raymond e zia Darla.  Non importa,  mi dico mentre getto un braccio attorno alle spalle di mia sorella.  Io ho lei e lei ha me.  Questo è ciò che conta. 

''Fa un caldo infernale! '',  esclama Livie nell'attimo stesso in cui sento un rivolo di sudore scivolarmi lungo la schiena.  È mattina inoltrata e il sole già dardeggia su di noi come una palla di fuoco nel cielo.  È così diverso dal freddo autunnale che abbiamo lasciato a Grand Rapids.  Si toglie la felpa rossa col cappuccio,  suscitando una serie di fischi da parte di un gruppetto di ragazzi sugli skateboard. 

''Facciamo già conquiste, Livie? '' ,  la prendo in giro. 

Le sue guance si fanno rosa mentre sgattaiola dietro a un pilastro di cemento,  scomparendo parzialmente alla vista. 

''Sai che non sei un camaleonte, vero? Oh!  Quello con la maglia rossa sta venendo da questa parte ''.  Allungo il collo con aria di attesa in direzione del gruppo. 

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 27, 2015 ⏰

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