Capitolo sette.

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Giorno tre, ore 19:02.

Louis.

Mi ha ignorato tutto il giorno, il che mi sta bene, davvero. Non mi importa di essere lasciato da solo nella casa degli ospiti perché santo cielo, l'ultima cosa che voglio è passare del tempo con i suoi folli genitori. Harry è uscito presto stamattina per giocare a golf con suo padre e non è ancora rientrato. Non ho idea se sia mai passato da casa; per quanto ne so, possono giocare anche alla famiglia felice dell'edificio principale mentre io sono qui da solo. E poi so che non è passato da casa, perché io sono sempre stato qui e non l'ho visto.
Stare da solo mi ha riportato alla realtà. Di nuovo, ed è una buona cosa. Rimango troppo coinvolto quando sono con Harry e non va per niente bene. Così, standomene qui da solo in questa fantastica casa con una vista fantastica, so che è tutta una fantasia. Prima ho beccato Adele che curiosava, sbirciava tra le finestre e faceva il giro della casa. Sono rimasto a guardarla per un pò, nascosto in un angolo, ma poi ha iniziato a stancarmi. Cosa stava facendo? Voleva spiarmi? O cercava Harry?
Alla fine non ho resistito e ho aperto la porta di colpo quando l'ho vista appostata sul davanti. "Sta cercando qualcosa?" le ho chiesto con il tono più spocchioso possibile. Ha incrociato le braccia al petto, elegante come sempre nel suo maglione bianco e leggings neri.
"Pensavo fossi fuori."
"Sperava che lo fossi, questo è certo." Non so dove ho trovato le palle per parlarle in quel modo, ma l'ho fato. La corsa a casa ieri sera è stata una tortura, nessuno parlava e la tensione era insopportabile. Una completa inversione di marcia rispetto al tragitto precedente, quando io e Harry ci siamo baciati e lui mi metteva le mani dappertutto.

Adele ha fatto un sorrisino. "Non ti piaccio molto, vero?"
"Credo che il sentimento sia reciproco" ho cercato di sembra indifferente, ma avevo lo stomaco a pezzi per il nervoso.
"Non durerai, lo sai? Non sei il suo tipo." Certo che non sono il suo tipo. È abbastanza evidente, ma non credevo che quella strega della sua matrigna me lo avrebbe detto in faccia così brutalmente.
"E qual é il tipo di Harry?"
"Qualcuno che somigli a me" poi ha fatto un sorrisone, consapevole che le sue parole mi avevano colpito dritto in pancia. Senza aggiungere altro, si é voltata e se n'è andata.
La risposta di Adele mi ha tormentato per tutto il giorno: che diavolo intendeva dire? Non mi è mai piaciuta. Parla di Harry e lo guarda come se lui le appartenesse, quasi come se fossero loro quelli che hanno una relazione. È disgustoso, e mi chiedo se per caso non abbiano combinato qualcosa in passato.
Spaventoso. Harry apparentemente la odia, e questo mi fa sorgere un'altra serie di pensieri. Un sacco di e se a cui non mi piace pensare perché sono troppo tremendi da affrontare. Non è affar mio, mi ripeto più volte mentre me ne sto seduto da solo a meditare. Ma lui mi ha trascinato in questo caos, quindi ora è un po' affar mio, giusto?

Sbagliato. Alcune cose è meglio non saperle. Non se qualcuno soffre a causa loro.

Questo dibattito interno va avanti per il resto della giornata finché non sono un fascio di nervi e aspetto con ansia il suo ritorno. Dov'è finito? So che le partite di golf possono durare secoli, ma ora di tempo ne è passato troppo. E sono certo che sia con suo padre, perché sono ore che tengo d'occhio il dannato garage e non è ancora tornato nessuno. Anche se Adele è uscita circa trenta minuti fa e questo mi spaventa. E se fosse andata da qualche parte per incontrarli? Non so che fare.
Quando la porta finalmente si apre, intorno alle sette e mezza, mi sento all'improvviso sollevato. Sento l'eco dei passi di Harry sulle piastrelle del corridoio e poi lo vedo passare, diretto in fondo al salone mentre io sono lì seduto. Non si accorge di me quindi non dice una parola. Mi mordicchio un'unghia, e dato che non ho cenato mi brontola lo stomaco. Poi si dirige verso la sua stanza da letto e sbatte la porta e io lascio andare un sospiro tremante; stavo trattenendo il respiro e non me n'ero neanche reso conto.
Due minuti dopo esce già dalla stanza e quando mi vede si ferma di colpo. "Hey."
"Ciao" stringo le labbra e mi sforzo di respirare.
"Non ti ho visto quando sono entrato" sta benissimo con la felpa scura e i pantaloncini con le tasche color cachi, i capelli castani arruffati dal vento che da queste parti sembra non dare tregua. Scommetto un milione di dollari che sotto porta una polo, tipica tenuta da golf, anche se dovrebbe avere i pantaloncini scozzesi color pastello e senza tasche. Non che io ne sappia di golf.
"Sono stato tutto il tempo qui seduto." Si passa una mano tra i capelli e le dita mi prudono per il desiderio di fare la stessa cosa. Ricordo quando i suoi capelli siano soffici come la seta e quanto gli piaceva che glieli toccassi. Permette mai a qualcuno di farlo? Sembra così solitario. La cosa mi riempie di tristezza. Io invece permetto a un fiume infinito di ragazzi senza volto di toccarmi. Lo desidero, perché per un breve momento mi sembra che a qualcuno importi di me. Spesso è una sensazione fugace, e poi finisco di sentirmi vuoto quanto prima. "Non sapevo dove fossi, oggi" dico per riempire il silenzio.
"Mi dispiace essere stato via tanto" mi chiedo se scusarsi con me gli costi molto. Scommetto che di solito non deve spiegazioni a nessuno. Minimizzo con un gesto delle spalle: non voglio dare l'impressione che quello che ha fatto mi abbia infastidito.
"Non sono il tuo baby-setter."
"Si, però sei mio ospite. Sono sicuro che ti sei annoiato" si avvicina al divano, ed è in quel momento che l'odore mi colpisce. Dev'essere ubriaco. Mi ritiro in un angolo del divano quando si siede vicino a me; odio l'odore di birra -strano, dato che lavoro in un bar.

Non dirmi un'altra bugia] Larry Stylinson.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora