Capitolo dodici.

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Giorno 6 (venerdì nero), ore 23:00.

Harry.

Voglio perdermi in lui per dimenticare.
Dopo il cimitero siamo passati da un fast food per pranzo e poi siamo tornati a casa. Non abbiamo parlato molto, e non avrei potuto sopportare una conversazione neanche se avessi voluto. Sono esausto, emotivamente e fisicamente, e Louis lo sa. Non insiste, non mi chiede spiegazioni a meno che non le ritenga necessarie. Come quando mi ha domandato cos'è successo il giorno in cui Gemma è annegata. Difficile da credere, ma sollevarmi quel peso dal petto è servito. Non ho mai parlato con nessuno della morte di mia sorella, né con i miei né con altri. Mi sono tenuto dentro tutto per due anni e appena ho iniziato a parlarne è stato come se si fosse rotto un argine. Ho pianto. Ho raccontato la mia storia e gli sono grato per non aver battuto ciglio, per non avermi condannato o giudicato. Mi ha solo stretto fra le sue braccia, come un bambino. Mi rifiuto di giudicare me stesso, di biasimarmi perché provo emozioni. Mia sorella è morta quando io dovevo occuparmi di lei, ho tutto il diritto di piangere e arrabbiarmi.

Abbiamo passato tutto il pomeriggio a dormire, insieme, accoccolati in mezzo al mio letto, le braccia appoggiate l'uno sull'altra con addosso solo una coperta. Siamo rimasti così fino a sera, e so che entrambi ne avevamo bisogno. Nessuno dei due ha dormito molto questa settimana a Carmel. Ripartiamo domani, il giorno in cui la mia famiglia celebra il secondo anniversario della morte di mia sorella. Sono felice di andarmene, anche se non sono sicuro di cosa la vita riserverà a me e a Louis quando torneremo indietro. Temo che uno dei due possa rovinare tutto. Mi squilla il telefono e capisco senza guardare che si tratta di Adele o di mio padre, le ultime due persone a cui vorrei parlare. Mi metto a sedere e prendo il telefono. La lampada sul comò dall'altra parte della stanza è ancora accesa e illumina di una luce fioca la stanza. Il messaggio è di mio padre, e appena sto per leggerlo il cellulare inizia a squillare. È di nuovo lui.
"Scusa se non ho mai richiamato" esordisco, sentendomi in colpa. È un momento orribile anche per lui, non dovrei tagliarlo fuori, non importa quanto lui me lo renda facile.
"Non permetterti di riattaccare" è Adele.
"Cosa vuoi?" tengo la voce bassa, facendo del mio meglio per non disturbare Louis, ma lui si muove sotto le lenzuola voltandosi dall'altra parte. Non so se Louis sia sveglio o meno, ma non ho intenzione di dire nulla ad Adele che gli faccia venire voglia di pormi domande. È già abbastanza aver confessato cos'è successo a Gemma, per oggi. Non gli scaricherò addosso altri pesi.
"Vieni con noi domani, giusto? Alla tomba di Gemma?"
"Ci sono già andato oggi" un silenzio lugubre mi risponde, e io cerco di non essere il primo a romperlo. Sono stufo di essere alla mercé di questa donna, va avanti da troppo tempo ormai.
"Ci sei andato con lui?"
"Si."
Le sfugge una specie di grugnito. "Come hai osato portarlo sulla tomba della mia bambina?"
"È mia sorella, dannazione. Posso portare il mio ragazzo sulla sua tomba."
"Non è tua..dio." Adele sembra soffocarsi con le sue parole. "Domani verrai con noi, ho bisogno di te."
"Domani ripartiamo, non posso. È per questo che sono andato oggi" non è esattamente vero, ma la spiegazione funziona.
"Tuo padre rimarrà deluso" abbassa la voce fino ad assumere un tono strano. "Non vuoi deluderlo, vero? Sei sempre un così bravo ragazzo, Harold. Fai sempre quello che ti chiedo." Quel tono mi dà la pelle d'oca. Chiudo gli occhi, faccio un respiro profondo e prego di non perdere la pazienza. Sono sull'orlo di una crisi di nervi da quando sono arrivato qui. Sapevo che non sarebbe andata bene, eppure non mi aspettavo tutto questo.
"Non verrò, Adele. È ora di tagliare i contatti per sempre" chiudo la comunicazione prima di darle il tempo di aggiungere altro. Guardo Louis e mi accorgo che mi fissa con i suoi grandi occhi azzurri. Sento un nodo allo stomaco e mi chiedo cosa abbia sentito.
"Ti sta tormentando?" mi chiede, dolce. Annuisco senza dire una parola. Si libera della coperta, si mette in ginocchio e mi appoggia le mani sulle spalle. Le sue palpebre si abbassano quando mi guarda le labbra, mi accorgo del mutare del suo respiro, il petto che si alza e si abbassa. Avverto il calore confortante del suo tocco. Questo ragazzo è tutto per me, ma non so come esprimerlo in parole.
"Grazie per oggi" dice cogliendomi di sorpresa. Gli sistemo una ciocca di capelli castani dietro le orecchie. "Sarei io a doverti ringraziare per tutto quello che hai fatto per me."
"Si, dovresti" sulle labbra gli comprare un sorriso incerto. "Ma volevo dirti grazie della tua onestà. Per avermi raccontato di tua sorella e aver condiviso con me quella parte della tua vita. So che non è stato facile."
Gli sfioro le guance con i pollici, avanti e indietro. "Grazie per essere stato presente, per avermi ascoltato." E per avermi permesso di piangere.

Non dirmi un'altra bugia] Larry Stylinson.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora