Alexandra

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12 agosto 1499
Ai piedi della tavolozza, c'è uno straccio sudicio. Quando il Maestro finisce di lavorare, è solito lasciare tutto in disordine, sa benissimo che quella parte di mestiere, tocca a me. Dove potrei stare se non qua, non mi ha mai rivolto la parola, mi scruta e basta. Ho bisogno di lui, come l'acqua che bevo, e di certo lo sa, mi conosce bene, ne sono certa. Un tempo, non era così, io e lui discutevamo, sentivo di essere la prediletta, e mi insegnava la sua arte. Che sciocca che sono stata, lo adoravo, ma avevo solo dieci anni. Una bambina tra le tante che giocava con i suoi nipoti, e che voleva dipingere.
Mi fa male ricordare, meglio, sognare tempi migliori. Il mio posto è qui, ho chiesto io di essere assegnata al rassetto della sala di pittura, non posso dimenticare quella notte, il mio compito è chiaro: mostrare il divino, colui che mi ha salvata, colui che mi ha rimandata qui; farò vedere al mondo intero, i suoi occhi, e, attraverso la sua raffigurazione, milioni di anime verranno salvate. Ogni notte, posso dipingere di nascosto e con la poca luce della candela. Scruto il Maestro, sto attenta a tutto ciò che egli fa, alle magie che compie ed in segreto le ripeto.
Se il mondo sapesse quanti capolavori nasconde, in questa misera stanza! la sua gelosia supera persino la sua arte.
È da tempo che mi ordina, con un semplice gesto della mano, di restare immobile di fronte ad un vetro riflettente, ed io, obbedisco, ma non posso restare impassibile, la contentezza, fuoriesce da me e trattengo a stento il sorriso. Mi fissa, ma sembra altrove, quasi penso di essere lei, quella ragazza che ogni giorno che passa, lui rimodella e, attraverso lei, anche io, mi sento rimaneggiata, nel profondo.
Proprio ieri, si è avvicinato a me ed era così prossimo ai miei occhi, che pareva vedesse all'interno; ciò che poi ha modellato a mani nude, mi ha sconvolta, non c'era nessuna differenza tra il vero, me, ed il dipinto.

Notte,
Prendo la mia tavolozza in noce e l'affianco al mio volto, quello dipinto dal Maestro ovviamente. Non intendo copiarlo, ma certo devo potermi confrontare, e poi, quegli occhi che solo io ho visto, anni or sono ormai, devono prendere vita e penso di essermi allenata abbastanza per provarci.
Ho conservato i colori del Maestro e so che non avrò un'altra possibilità. Uso il palmo della mano e con delicatezza allargo il colore, come egli fa, soffio, soffio in continuazione; è la parte più difficile, è la sola variazione che apporto, alla tecnica che ho imparato da lui, poichè non ho altre candele da poter avvicinare alla tavolozza.
Prendo vita a gocce, i miei occhi scintillano e le mani, sono pennelli setosi, che il mio Cristo Salvator Mundi, guida ed attira a se. Sento il suo sguardo, sempre di più, tremo al pensiero di vederlo a figura intera, so che i suoi occhi scavano in me, esattamente come quattro anni fa è accaduto, quando mi sono trovata al suo cospetto.
La prima luce penetra dalla finestra mal riposta, ed un raggio isolato, si conficca come un punteruolo, nel suo occhio. Non sono certa di ciò che vedo, ed avverto un lieve profumo.
Indietreggio, ma lui mi attira a se, mi pare di nuotare ed il mondo si ferma, ad osservare. I suoi occhi, emanano calore ed è impossibile non guardali, un suono, mi culla ma sono certa di non udirlo. Poi succede, mi ritrovo, dove anni fà ero, sono come un puntino luminoso e pieno di energia, la sua figura di luce sovrasta e guida chiunque, non c'è uno spazio in cui la luce non sia presente e, con essa, disegniamo splendide armonie. Mi sorride ma son certa che il suo volto è immobile, mi osserva e basta.

Mattina
Gli occhi, mi bruciano e la gola è riarsa, faccio per sollevarmi, ma qualcosa me lo impedisce, è Gemma, non poteva che essere lei, la prediletta. Metto a fuoco e mi accorgo che non è sola. Mi scrutano e la voce di Michele, mi ordina di rimanere stesa: "cosa è successo?", "un mancamento", come sempre, gelida e priva di empatia, riconosco la solita Gemma, acida e severa, "stai un pò stesa devi riposare", il calore, che emana la voce di Michele, la contrasta e mi conforta a tal punto da rimettermi all'istante, i miei occhi riconoscono la camera da letto, e rimango stupita di esserci dentro. Nessuno può sdraiarsi su questo letto, il Maestro non lo permetterebbe mai.
"Uscite tutti, tranne te Alexandra!".  Il sangue non scorre più nelle vene, sono certa di aver mancato di respirare per 10 secondi abbondanti, "puoi metterti diritta ora?", non rispondo ma reagisco all'istante, i miei occhi non osano incrociare i suoi, al massimo mi fisso sui suoi sandali; "di chi è il dipinto?", non oso rispondere, ma temo la sua collera, "chiedo scusa" è l'unica cosa sensata da dire anche se credo che sia altamente insufficiente. "Sei stata tu?", "chiedo scusa", "non sai dire altro?", sento che è la fine. Le sue mani mi stringono dalle spalle, chiudo gli occhi e la paura mi blocca, vorrei tentare di supplicarlo, ma non ci riesco, vorrei fare un balzo dalla finestra, ma la mente non è più in grado di ordinare alcun movimento. La sua stretta dura in eterno, mi soffoca, e vorrei svenire, subito, prima di morire. Mi accorgo, del calore del suo corpo e della barba pungente del viso sulla mia guancia, un istante in cui la mente ha volteggiato più volte.
"Mi sei pari, tu mi sei pari".
Nessuno sa, e nessuno saprà mai. forse!

Michele
3 luglio 1495
Se non la vedo neppure oggi, finirò per impazzire, la mia Alexandra.

Quella maledetta arpia minaccia continuamente di denunciarmi. Lei è una poveraccia come me, i Medici manco sanno come si chiama, sono stanco di essere sottomesso a Gemma. Se parlo, sono certo che sbattono per la strada lei, non me.

"Arrivo" strega.
"Sbrigati!  i Signori hanno fame".
Loro hanno fame? ed io che mangio solo tre volte a settimana, che fame ho?
Era un mio diritto, mangiare qualcosa, dopo ore di lavoro, in mezzo a quella gentaglia appestata, non ho rubato, ho solo anticipato il pasto.
E poi, chi pensa a quella marmaglia abbandonata se io ed Alexandra non gli lanciamo dei tozzi di pane, che nemmeno i porci mangerebbero, chi va dai signori a dirgli quanto lavoriamo ogni giorno?
Strega, strega. Maledetto lo scienziato che l'ha usata come modella, è da allora che ci comanda a bacchetta.
"Ecco qua", "lavati e sbarbati, tu non hai diritto a portare la barba, a meno che non sia un barbone....se continui così lo diventerai presto, eee.. se ti becco ancora a spiare quella ragazzina per te è la fine".
"Senti, io non spio nessuno, sta male non capisci che ha bisogno del medico?"; "deve restare isolata da tutti, non te lo voglio più ripetere".
Maledetta, io lo so perchè la vuole isolare, è troppo più carina e giovane di lei, se la vede lo scienziato, se la accaparra di certo, ma ora devo curarla, a tutti i costi!

Leonardo ed il mistero della GiocondaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora