~1~

34 6 0
                                    

"Adesso ho bisogno di divertirmi, scusa"

Penso a quelle parole, ricordando il suono della sua voce mentre le pronunciava e a quegli occhi, che non riconoscevo più.
Non avevo pianto, ovviamente.
Ma appena aveva girato le spalle avevo iniziato, come un fiume in piena.
E anche adesso, a distanza di un mese, l'ennesima lacrima mi riga il viso, per andare poi a cadere sulla punta bianca e rovinata delle mie adorate converse.
Punto lo sguardo su una delle foglie accanto i miei piedi, in questo posto anche d'estate è sempre pieno di foglie.
Questo posto.
Non devo stare qui, fa ancora più male, sedersi su questa panchina, piena di ricordi e immagini fissate nella mia mente, che ritornando provocano un buco in pancia e quella sensazione di vuoto, ormai familiare.
Ormai è diventato tutto un abitudine: le guance bagnate, i pomeriggi passati qui,sola, in quello che era il nostro posto, e i sorrisi forzati davanti ai miei genitori, per non destare sospetti.
A dir la verità non faccio fatica a sorridere,sul mio viso il sorriso non manca mai, anche se finto, ci deve essere sempre, per gli altri.
Non devi mai fare vedere che sei triste, o peggio, debole.
Potrebbero iniziare a trattarti come un cucciolo smarrito, ed è una cosa schifosa.
Per questo sorrido: forte, felice e simpatica, è questo che vogliono che tu sia.
Ma adesso è difficile, è difficile far finta di niente mentre dentro c'hai l'inferno,  è difficile sforzarsi di apparire felice quando l'unica persona che riusciva a farmi sorridere anche solo guardandomi non c'è più. È andata via, come tutto del testo.
Tutto passa.
È proprio vero. Passa proprio tutto, nessuna eccezione.
Non sto qui a fare la depressa, anzi forse lo sono, ma pensateci, tutto se ne va.
Si perde tutto prima o poi.
Le persone, le cose, il tempo, i treni, le occasioni, i ricordi. Tutto.
E si, se n'è andato anche lui.
Quel nome che, solo a pronunciarlo mi dava una calma e una serenità peggio di un sedativo.
Ma non importa, perché come ho detto si perde tutto e io saprò abituarmi, ci vuole solo tempo,  il tempo aggiusta le cose. Sempre.
Mi ripeto queste parole da giorni ormai, cercando di darmi una spinta in più per ricominciare tutto senza fermarmi ogni volta a soffocare le lacrime o la sensazione di vuoto, ma è più forte di me, semplicemente non ci riesco.
Il tutto peggiora quando il mio sguardo si sposta verso quel cuore inciso all'angolo della nostra panchina di pietra, ricordo il giorno in cui insieme, con una chiave iniziamo a graffiare la pietra con lo scopo di scrivere qualcosa, ma "un cuore basta" aveva detto, e finita la piccola incisione mi aveva guardata, senza dire nulla, le parole non servivano in quei momenti, i suoi occhi di quel blu oceano, bastavano a farmi capire tutto, a farmi stare bene. Ma le cose erano cambiate. Quegli occhi io non li dovevo più pensare, o vedere, meglio. Come se svegliata da un sogno mi alzo e d'istinto porto la mano al collo, e con le dita sfioro quel piccolo ciondolo Appuntito, la metà di un cuore, l'altra chissà dove l'aveva buttata lui.. ma meglio così, non devo avere più nulla che mi lega a lui.
Allora la stringo forte pungendomi un po le dita e la stacco con forza, apro la mano e la guardo come fosse la cosa più preziosa del mondo, ma allo stesso tempo la più orribile. Mi inginocchio e con la punta inizio a graffiare la pietra proprio sopra quello schifoso disegno. Quando è abbastanza rovinato e irriconoscibile mi alzo, esito un attimo e poi getto la collana li, sopra la panchina. La fisso, come fosse una piccola creatura ferita, ma la lascio lì, e prima di voltarmi passo le dita sulla mia guancia per raccogliere l'ultima lacrima, sperando di togliere anche la sensazione di vuoto e dolore che mi perseguita. Adesso lo so, non sarà così per molto. Io non sono questa. Non sono una stupida ragazzina di 16 anni che se ne sta su una panchina a piangere per un coglione che ha badato prima a se stesso, senza pensare agli altri o a cosa avrebbe lasciato. Non sono una persona così debole da piangere in qualsiasi momento. L'ho fatto, ma ci vuole tempo prima di aggiustare le cose, "il dolore esige di essere sentito" come dice John green, beh il mio si è fatto sentire. Forse anche troppo e per troppo tempo. Adesso basta.
Esco da quel maledetto cancello vecchio e arrugginito, mi giro per dare un ultima occhiata a quel posto che ormai conosco meglio di casa mia.
Osservo bene tutto, in ogni dettaglio, l'albero dietro la panchina colmo di fiori rosa, Le pareti di pietra ricoperte da edera intrecciata ormai da anni, le foglie sparse per terra e il balcone della casa in pietra abbandonata da chissà quanti anni, e quella panchina, fisso tutto un ultima volta e poi mi giro, inizio a camminare sempre più veloce, voglio andarmene da quel posto. Adesso lo voglio davvero. Inizio a correre senza fermarmi, e col vento fra i capelli prometto a me stessa che qui non ci tornerò più. Mai più.

UnexpectedDove le storie prendono vita. Scoprilo ora