Utophia

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Calma e gru, immezzo ai campi, ghiera di apatico bianco.
Lo stelo appeso a quel container, troppo, troppo vecchio, da far sembrare che nuovo non lo sia stato mai.
Il cielo, appeso alla terra, cinto da cotone, in un silenzio ventato.
Siede, davanti a me, tranquilla, in uno stato di armoniosa sofferenza. Stringe con nervosismo la sua gonna.
Vuole apparire calma, ma la sua agitazione traspare dalla vergogna nel guardarmi negli occhi.
Sguardo mesto, ai papaveri.
E ancora stringe forte. Troppo forte.
Troppo per non permettere a quella fottuta gonna di lacerarsi come i miei occhi davanti alle tue parole.
Tutto nel silenzio, statico, opprimente.
Assordante.
Ancora vento, tra le lacrime di rugiada dei suoi salici piangenti, e un mare verde all'orizzonte.
"Hai..."
Passa lento un rapace, con un movimento circolare sopra la sua testa. Si poggia sulla cima della gru, facendola fastidiosamente scricchiolare.
"...da accendere?"
Sbatto gli occhi. In realtà, sbatto le palpebre, ma ti sbatto addosso gli occhi con annoiato rimprovero.
Sospiro.
"Cosa?"
Muove la testa come per un tic, scoprendo il suo lungo collo. Silenzio. Attimi. Ancora sospiri. O forse è il vento.
"Il cielo."
"I tuoi occhi sono in fiamme..."
"Hai un estintore?"
"Sto piangendo, se ti serve."
Mi chino, avvicinandomi lento, tanto da tremare , a lei. Immobile, felina. Le scosto i capelli dal viso, ma non la guardo. Mi prende la sua mano.
Uno sparo in lontananza. Eco. Si leva il corvo.
"Pioverà, sai?"

SilenzioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora