- II -

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Dall'altro capo del telefono, una voce sconosciuta, un po' malinconica, che sembrava quella di un uomo molto anziano, mi fece: "Ehm... Salve, parlo con il signor... Richard Redclift?"
"Sì, sono io" gli risposi un po' infastidito. A dirla tutta, quella telefonata mi indisponeva alquanto: mi ero appena svegliato, i fumi dell'alcool della sera precedente mi intorpidivano la mente. Chi cazzo mi cercava appena mattina?!!
Pensando fosse un operatore telefonico, sbottai: "No, grazie, non mi serve nulla!" e chiusi la chiamata.
Mi riallungai sul divano, massaggiandomi le tempie, ma di nuovo quello squillo fastidioso mi entrò nelle orecchie. Decisi, in un primo momento, di non rispondere, ma, poi, in preda ad una furia inarrestabile, risposi violentemente: "CHI CAZZO È?!!". Non avvertii risposta alcuna, poi, dopo un paio di secondi, di nuovo, la stessa voce mi disse: "Sono William Conrad. Mi serve un favore da lei "
Mi tranquillizzai un attimo, avevo intuito che non si trattava di uno dei soliti rompipalle: "Mi dica".
"Senta, ho letto proprio questa mattina, sul giornale, l'articolo sull'arresto di Peter Johnson e che lei ha contribuito alla soluzione del caso. Tutto ciò è vero, oppure è una bufala dei giornalisti?" mi chiese molto interessato.
"Il caso era stato affidato a me" risposi freddo.
"Perfetto. Le volevo chiedere se per ca..." non ebbe il tempo di finire la frase, che subito lo interruppi: "Scusi, ma lei come fa ad avere il mio numero di telefono?"
Esitò un po' a rispondere, poi si decise a parlare: "Vari... Contatti..."
Ci furono dei secondi di silenzio, poi lui riprese a parlare: "Le stavo dicendo, sarebbe interessato a..." lo interruppi di nuovo, mi stavano riaffiorando alla mente delle cose e avevo urgenza di parlare: "Mi scusi, mi potrebbe ripetere il nome?"
Lui, un po' infastidito, mi disse: "Prima mi faccia finire di parlare!"
"Mi dica prima il nome!" controbattei io.
Sbuffò: "William Conrad"
"Aspetti... Conrad eh? Ma lei è per caso un parente di Eleanor Conrad?" dissi con un filo di voce.
Mi rispose: "Ah, vedo che è già informato. Comunque sì, sono il nonno. Come fa a sapere dell'omicidio di mia nipote?"
"Beh, è un caso molto famoso; al distretto se ne parla da prima che arrivassi io" dissi sicuro.
"Bene, mi fa piacere che lei sia a conoscenza della storia, così non dovrò spiegargliela tutta" affermò sollevato, poi riprese: "Prima le stavo per chiedere se fosse stato interessato ad investigare sul caso di mia nipote, dato che ho potuto constatare che lei è un bravo detective, o sbaglio?". Rise.
All'inizio ero un po' scettico, nella mia mente cominciava ad insinuarsi un dubbio. Sapevo che l'omicidio era avvenuto in Oklahoma, se avessi accettato la proposta, avrei dovuto intraprendere un lungo viaggio, intuivo che le ricerche sarebbero durate a lungo, d'altronde, il delitto avvenne circa trent'anni prima.
Se non avessi accettato, avrei perso una delle più grandi occasioni della mia vita per diventare un detective famoso. Avrei avuto tutte le ragioni di questo mondo per rifiutare, come, prima tra tutte, la risoluzione del caso di Johnson, che era durato diversi mesi e che mi aveva tenuto incollato alla scrivania ventiquattr'ore su ventiquattro. Sarebbe stato come un suicidio!
Una parte di me mi suggeriva che quello era una caso troppo complicato per un agente che ne aveva risolto un altro altrettanto impegnativo; l'altra fremeva dalla voglia di consegnare un altro omicida alla giustizia, di scovare il presunto assassino.
Infine, dopo qualche secondo di ragionamento, gli risposi: "Senta, devo ragionarci su. Mi dia un giorno per pensarci; la richiamerò domani, verso ora di pranzo."
"Va bene, arrivederci" disse lui, e non aggiunse altro.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 22, 2015 ⏰

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CRIME SCENE ON THE 66 ROUTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora