Capitolo 4

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Nel frattempo, un servo arrivò tutto trafelato accanto al trono di re Reghan, togliendosi il cappello lacero in segno di rispetto, inchinandosi più volte e guardandolo terrorizzato.

Senza neanche dover udire ciò che aveva da dirgli, sapeva già che ciò che prima era solo una preoccupazione era diventata realtà: la principessa non si trovava nei suoi alloggì ne nei dintorni, come se fosse svanita nel nulla. Il suo dovere di sovrano gli impediva di andarsene nonostante volesse mettersi all'immediata ricerca di sua figlia, così ordinò al servo di radunare quante più persone possibili e di setacciare l'intera zona palmo a palmo, tornando poi con lo sguardo sui due contendenti e sperando in un qualche miracolo che rimettesse tutte le cose a posto.

Improvvisamente l'incappucciato sentì il duro legno che circondava l'arena contro la schiena, e si rese conto di essere ormai arrivato alla fine. L'altro caricò il colpo, un sorriso increspava le labbra sotto il suo elmo, gli occhi fiammeggianti. Fu solo per fortuna che il suo avversario riuscì a sfuggire al fendente mortale. La punta della lama lacerò il tessuto del cappuccio facendolo cadere, e fu allora che il mercenario, per la prima volta dall'inizio del torneo, provò quel sentimento che sembrava svanito del tutto: il terrore.

Non fu tanto il volto completamente bendato a colpirlo, nè gli occhi verdi smeraldo che lo fissavano pieni di rabbia, bensì il suo collo. Perchè, attorno ad esso, con una pietra così luminosa che sembrava avere vita propria, vi era legato un manufatto simile al suo.

"Non può essere! Il mago aveva giurato che sarei stato l'unico!"

Il panico si impadronì ben presto del suo corpo, ma l'incantesimo posto su di lui lo costringeva a riprendere la lotta, facendolo impazzire. La pietra rossa al suo collo brillò forte, e con un grido disumano il mercenario sollevò la spada. Tuttavia il nemico approfittò di quell'attimo d'incertezza lanciandosi contro di lui e colpendolo con entrambi i pugnali proprio al collo, lacerando l'artefatto che finì a terra con un lieve tonfo.

Cadendo sulle ginocchia, il Sanguinario si strinse la testa tra le mani, urlando di dolore come se stesse per esplodergli da un momento all'altro.. Dalla sua bocca uscì del fumo violaceo che si disperse nell'aria, e con esso anche l'armatura nera che l'aveva protetto per tutta la durata della battaglia, lasciando esposto il corpo bendato e le mani martoriate dell'uomo, disteso immobile sul suolo. Un boato si sollevò dalla folla esultante.

Mantor si levò in piedi, indicando il sopravvissuto con un dito e dicendo: <<Quest'uomo ha usato la magia, va immediatamente ucciso!>>

I soldati che erano rimasti in disparte si prepararono ad eseguire gli ordini, ma l'incappucciato urlò con una voce completamente differente da prima, molto meno roca e quasi femminile: <<Fermi!>>

Gli uomini si bloccarono, incerti sul da farsi. L'incappucciato si strappò l'artefatto dal collo gettandolo a terra e si sciolse le bende attorno al viso, rivelando la sua identità.

In quel momento Reghan emise un gemito. Colui che era riuscito a battere il Sanguinario e che ora stava al centro dell'arena sfidando con lo sguardo gli altri dodici soldati non era altro che sua figlia. Tutti la stavano guardando con gli occhi sgranati, esterrefatti e increduli che una fanciulla come lei avesse potuto battere un mercenario così abile.

<<Posso dimostrare che non sono stata io ad utilizzare alcun tipo di magia, in quanto mi sono semplicemente affidata al potere divino immergendo le mie armi nell'acqua santa, ma è stato lui ad essere stato soggiogato e posseduto tramite quell'artefatto. E lo stesso mago ha anche creato la sua armatura e la sua spada, rendendole invincibili.>>

Se anche Mantor impallidì a quelle parole, cercò di non mostrare la sua sorpresa. <<Tu hai dissolto la sua armatura, quindi sei tu la strega!>>

Quell'ultima parola aleggiò per l'arena rimbalzando sulle bocche dei nobili e creando un'atmosfera carica di tensione. Quante donne erano state bruciate al rogo per stregoneria? A volte Talya aveva persino udito le loro grida strazianti provenire dalla cerchia più esterna, e quelle stesse urla l'avevano tormentata per molte notti causandole incubi terrificanti. Indicò il mercenario con una mano. <<Non l'ho ucciso, sarà lui stesso a rivelarci la verità.>>

Poi, per la prima volta da quando era entrata nell'arena, sollevò lo sguardo verso il trono di suo padre. <<Padre, vi pregherei di chiamare i servi e di far trasportare questo pover'uomo nei nostri alloggi, in modo tale che possa riprendersi. Stasera gli chiederemo di narrarci ciò che è accaduto.>>

Dopo un paio di minuti entrarono sei servi con una barella sulla quale adagiarono con fatica il corpo massiccio del mercenario per poi portarlo via. Talya si inginocchiò per un attimo sul terreno come se stesse per crollare, ma si rialzò ed uscì anche lei dall'arena, zoppicando vistosamente e appoggiandosi alle pareti. Ormai l'adrenalina del combattimento era svanita, il suo compito quasi concluso, e il dolore per gli attacchi subiti e la fatica si fecero sentire tutti d'un colpo, stordendola.

Barcollò rischiando di cadere, ma sentì delle braccia che la sostenevano delicatamente facendola sedere su qualcosa di morbido prima che la sua vista si oscurasse e perdesse i sensi.

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