Capitolo 6

207 28 27
                                    

CAPITOLO 6

Delle voci la stavano chiamando il suo nome, ma non riusciva a riconoscerle perchè erano distorte, come se si trovasse all'interno di una grotta e l'eco rimbombasse rendendole difficile capire ciò che stavano dicendo.

Il suo corpo era leggero, il dolore e le vertigini come svanite. Tuttavia, per un motivo inspiegabile non riusciva ad aprire gli occhi. Sentiva le palpebre pesanti, e un senso di sonnolenza e torpore si era impadronito di lei, facendole venire voglia di continuare a dormire.

Re Reghan e Raxor stavano camminando avanti e indietro per la stanza, scrutando i dottori discutere tra loro con aria concitata. Il re si sedette su uno sgabello accanto al letto, guardando la figlia senza conoscenza. Sembrava così fragile ora, l'esatto opposto di pochi minuti prima.
I capelli ramati erano sparsi sul cuscino come a comporre un aureola. Ad uno sguardo superficiale poteva sembrare che stesse dormendo, ma dalla fronte madida di sudore e l'espressione sofferente si capiva subito che qualcosa non andava.
Persino il respiro non era nulla più che un rantolo spezzato.

<<Figlia mia, svegliati, te ne supplico!>>

"Padre... questa è la voce di mio padre..." pensò Talya, cercando di aprire la bocca per dirgli che andava tutto bene, ma non riuscendo ad emettere alcun suono.

<<Resisti, i medici stanno facendo il possibile! Non abbandonarmi anche tu...>>

"Perchè dovrei abbandonarlo? Non capisco..."

Si sentiva sempre più stanca, ma in fondo era normale, no? Aveva combattuto a lungo ed era stata anche ferita, necessitava di un po' di riposo. Qualcuno le aprì la bocca versandole del liquido amaro e cercando di farglielo inghiottire, ma si sentiva troppo spossata persino per quello.

<<Talya, devi bere l'antidoto se non vuoi che il veleno ti uccida!>> Questa volta era la voce di Raxor quella che stava parlando, e il tono era stranamente allarmato, quasi fosse preoccupato per lei.

"Veleno? Che veleno? Non sono avvelenata, sono solo..."

In quel momento si ricordò della spada di Yesol, di come splendeva sotto i raggi del sole, del bruciore che aveva sentito quand'era stata ferita, e della strana macchia violacea che aveva visto attorno al taglio quando si era alzata in piedi dopo essersi risvegliata in camera sua.

L'improvvisa consapevolezza di quello che le stava accadendo la colpì con un macigno, riscuotendola per un attimo da quello stato di semi incoscienza in cui si trovava. Non poteva morire proprio ora che finalmente tutto si era sistemato. Certo, c'erano ancora parecchie cose da fare per riportare tutto alla normalità, ma proprio per questo non poteva permettersi di abbandonare suo padre.

Con uno sforzo immane riuscì a deglutire ingoiando un po' dell'antidoto che il guaritore aveva preparato, ma più passavano i minuti e più si rendeva conto che le sue condizioni oltre a non migliorare, peggioravano. Si sentiva la testa sempre più leggera, e iniziava a faticare nel ricordare dove si trovasse e perchè. Dietro le palpebre abbassate vedeva solo chiazze di colori sgargianti che si muovevano senza una logica, fondendosi tra loro per poi tornarsi a separare.

Qualcosa, o forse qualcuno, le stringeva forte la mano. Una voce la implorava, ma ormai anche i suoni erano diventati indistinti. Sentì un liquido caldo caderle a gocce sulla mano. Per qualche assurdo motivo, la parola "lacrime" aleggiò nella sua mente. Poi, lentamente, le macchie di colore iniziarono a convergere tutte in un unico punto, e i rumori dell'esterno ammutolirono. Attorno a lei solo il bianco.

Avrebbe dovuto essere impaurita,eppure quel luogo le trasmetteva un senso di sicurezza e tranquillità. Aguzzando bene la vista, capì che le quella in lontananza era una figura umana, e stava venendo verso di lei. Talya non capiva come potesse essere possibile, ma attese paziente osservando incuriosita. Una voce limpida e cristallina intonò una ninnananna, e il cuore del suo petto si fermò per un attimo: quella era la canzone che sua madre le cantava prima di dormire, e la voce era la sua.

Iniziò a correre, di nuovo col pieno controllo del suo corpo e così tanta felicità che sentiva quasi scoppiarle il petto. Lei era lì che la guardava con i sui dolci occhi nocciola e le stava sorridendo. Indossava il suo abito preferito che sembrava quasi una foresta, tante erano le sfumature di verde che lo decoravano.

<<Madre!>> urlò Talya, tuffandosi tra le sue braccia e scoppiando in un pianto liberatorio.

<<Piccola mia, sei stata così forte e coraggiosa... sono fiera di te.>> le sussurrò lei all'orecchio mentre le accarezzava dolcemente i capelli come faceva quand'era piccola.

<<Mi sono sentita così sola in questi anni, perchè ci hai abbandonati?>> La strinse forte a sè temendo che potesse scomparire da un momento all'altro, e che quello fosse tutto un sogno.

<<Lo sai che non avrei mai voluto separarmi da voi, ma queste cose fanno parte della vita, e nessuno vi può sfuggire.>> le rispose con voce pacata.

<<Non mi lascerai di nuovo da sola, vero?>> mormorò Talya, le lacrime agli occhi.

<<No tesoro mio, sono venuta a prenderti per portarti via con me.>> Il sorriso era ancora presente sulle sue labbra, ma i suoi occhi nascondevano un velo di tristezza.

Si sedettero a terra, lei con il capo sul grembo di sua madre.

<<E mio padre?>>

<<Per un po' saremo solo tu ed io. Ora ha molte cose importanti da fare, come sai. Ma non preoccuparti, quando sarà il momento arriverà anche lui, e potremo essere di nuovo uniti come prima.>> Le pose la mano sugli occhi, chiudendole delicatamente le palpebre.

<<Adesso dormi, veglierò io su di te.>>

L'ultima cosa che Talya sentì furono le morbide labbra di sua madre posarsi sulla fronte, e le urla strazianti di un uomo che ripetevano il suo nome.

Invano.

Courage and SacrificeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora