Non ti ingannare luna,tonda mi piaci
una bellezza antica raccontata soltanto.
Tra un semper crescis aut decrescis
me ne sto
non in muta ammirazione
e nemmeno a cantare come un disperato
ma come il topo di passaggio
che tra uno scatto e l'altro
vive e sopravvive.
A volte mi chiedo
e rido
se sei morta e non ne ho avuto notizia
e che fortuna sarebbe
per chi ci ha lasciato
scrollarsi il peso della felicità.
Dicono che Dio fece l'uomo
e ne fu contento,
ma io credo più a Mary Shelley
che a perfette creazioni.
Povera argilla informe
avessi avuto voce
avresti chiesto più chiodi
per la tua croce
appassendo forse come un fiore.
D'argilla tu pure ci guardi
godere, condannarci
e condannarci a godere
e non sai nulla
e ti invidio e ti odio
(-fortasse requiris quare id faciam-
quaesivit peregrinus dum flebat)
e sono uno scolaretto timido
mai abbastanza punito
d'essere quaggiù
tra chi si domanda perché
le spalle non sian piedi
e il mondo a camminare.
Ti ho chiusa in mille scatole
che non oso aprire
per segnare ovali
e scoprire che nessuno va davvero
più lontano della morte.