Capitolo 6

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Non hai avuto modo di finire di raccontarmi di Chaya, Courtney!" esclamò Rivkah, afferrandomi la mano e ridendo. La presi in braccio allegramente e le portai indietro i riccioli dal viso, facendola ridere ancora di più. Le stampai un casto bacio sulla fronte ed armeggiai con il fiocco nei suoi capelli, assicurandomi che fosse perfettamente dritto. Un angelo come lei doveva essere perfetta, ne ero convinta.
"Lo so, e mi dispiace molto. Vuoi che continui?"
"Oh sì per favore!" dichiarò, battendo le mani dalla gioia. Sorrisi e proprio quando stavo per continuare, tutto divenne grigio e nebbioso, la temperatura scese di circa quaranta gradi; fredda quasi come nel campo. La presa intorno alla bambina era diventata più stretta e molto più protettiva.
"Sta' ferma"avvertii. "E non fare neanche il minimo rumore". Sentii sussurri e rumori tormentanti, che chiamavano Rivkah. Non gliela lascerò portare via da me, non di nuovo.
"Courtney" sussurrò lei, la sua presa intorno al mio collo stava scivolando. Tentai di prenderla, ma la sua pelle sembrava olio e gas messi assieme; scivolò dalla mia presa ogni singola volta.
"Riiivkaaahhh..." si lamentò la voce.
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Mi svegliai in un bagno di sudore, urlando a più non posso.
Non di nuovo...Mi rimproverai e passai una mano sui capelli ricresciuti. Il solito incubo su Rivkah aveva di nuovo scelto di tormentarmi il sonno. Ricordavo che mi gridava di salvarla. Mi supplicava di nasconderla, ma io ero immobile; paralizzata dalla paura per la guardia che impugnava una pistola dietro di lei. La guardia era Duncan. Prima che potessi emettere alcun suono lui la sparò, poi avanzò verso di me per uccidermi, il crudele sogghigno che conoscevo bene comparve casualmente sulle sue labbra.
Erano passati due mesi dalla sua morte crudele, ma ancora ne venivo perseguitata a non finire. Ed ancora, quello che stavo passando era nulla in confronto a Leah ed Eliana, povere anime. Non sapevo cos'altro avrebbe potuto sopportare Eliana: prima suo figlio, poi sua sorella più piccola, chi sarebbe stato il prossimo?
Mi scostai i capelli dal volto sudato ed inspirai profondamente. Ero sopravvissuta in questo posto quasi tre mesi; non era facile. La costante adrenalina e la preoccupazione di ogni controllo ( adesso odiavo il comandante con tutto il mio cuore per aver ucciso la povera Rivkah), la mancanza di cibo appropriato, il freddo, l'asprezza della Blokova.
Eppure, stranamente, Duncan non era sulla lista delle cose che potevo a malapena sopportare nel campo.
Duncan era iniziato a diventare tollerabile fin dal giorno in cui mi aveva curato per le frustate- era il minimo con cui potessi ringraziarlo-. Non mi aveva toccato in un modo troppo vile da quel giorno. I baci e i leggeri tocchi andavano ancora avanti, ma mi ci ero abituata, e lo avevo accettato come dato di fatto. Sapevo di più su di lui e lui sapeva di più su di me adesso; le conversazioni notturne erano una cosa comune. La scorsa notte, mi raccontò della sua famiglia per una volta.
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"Di cosa parleremo stasera, signore?" chiesi speranzosa, in cerca del racconto che avrei condiviso con lui questa volta. Allontanava la mia mente dagli orrori del campo. Lui ridacchiò un poco e mi poggiò le labbra sulla fronte ,baciandola gentilmente come faceva un marito con la moglie. Mi fece sentire leggermente a disagio, ma non potevo farci nulla.
"Vieni, Prinzessin, siediti sulle mie ginocchia e ti racconterò la storia del mio passato stasera. Una ricompensa per essere stata una così brava paperella per così tanto tempo". Feci come aveva detto esitante, e lui avvolse le braccia intorno alla mia vita ora piccola e ossuta.
"Cosa avete intenzione di raccontarmi, signore?"
"Non chiamarmi signore" chiese bruscamente. "D'ora in poi rivolgiti a me solo usando il mio nome".
" Come desideri, Duncan" obbedii immediatamente, non osando sfidarlo. Significava qualcosa il fatto che adesso potevo chiamarlo solo con il suo nome? Mi vedeva come qualcos'altro oltre a spazzatura? Sarebbe stato dalla mia parte? Mi avrebbe aiutato?
Come se qualcuno mi avesse schiaffeggiato, tornai velocemente alla realtà e al buonsenso. Ovviamente no. Ricordai a me stessa che era il capo delle guardie, le possibilità che fosse dalla mia parte erano minime.
"Voglio raccontarti un po' di me stesso. Non penso sia giusto che io sappia così tante cose su di te, e tu quasi nulla di me, eh Prinzessin?"ridacchiò semplicemente ed io potei solo annuire, insicura su cosa dire in questa situazione.
"I miei genitori erano innamorati fin dalla fanciullezza; le loro famiglie erano molto amiche" si addolcì un po', come se fosse un ricordo felice. Restai in silenzio e gustai questa parte di lui sconosciuta, non sapendo quando e se l'avessi mai rivista.
"Crebbero insieme, e si amarono molto. Mio padre era pazzo di mia madre" Lì vacillò, esitando pochi istanti prima di continuare. "Potresti pensare che si fossero sposati per amore e tutto quanto. Ma non fu questo il motivo. Mia madre rimase incinta di me a diciott'anni; mio padre ne aveva diciannove. Lui non era pronto; era troppo giovane. Non sapeva se fosse stato in grado di essere un padre" mormorò qualcosa di incomprensibile in Tedesco e sputò a terra, la sua presa attorno a me divenne più stretta. Piagnucolai un po', mi stringeva già abbastanza forte, non era necessario che lo facesse di più. Lui sentì il piccolo rumore, ed allentò un po' la stretta, facendomi stupire leggermente. Cosa sarebbero venute poi, delle scuse?
"Mia madre mi voleva, non le importava l'età, e mio padre avrebbe lasciato congelare l'inferno piuttosto che ripudiare mia madre o renderla infelice. Così si sposarono poco tempo dopo. Eravamo una famiglia per lo più felice: mia madre mi adorava, e mio padre faceva qualsiasi cosa per farla contenta. Se questo significava volermi bene, così doveva essere. Mia madre mi insegnò ogni cosa. Come parlare, come camminare, tutto, da imparare a leggere a come gestire una casa. La amavo molto" sospirò, facendo un piccolo "mmm" di piacere ai ricordi presumibilmente felici che gli stavano apparentemente passando davanti agli occhi.
"Mio padre non c'era mai. Di solito era fuori a lavorare, ma più spesso a bere con gli amici. Non era coinvolto nelle questioni domestiche: accudirmi era una di queste. Ho sempre pensato che mi odiasse, forse era il motivo per cui non tornava a casa prima di mezzanotte, o non mi lodava, né mi offriva delle parole di consiglio o di orgoglio. L'ho ignorato per lo più, perché c'era mia madre in giro" il suo tono era sembrato freddo mentre menzionava il padre, e non potei fare a meno di chiedermi se l'atteggiamento del padre avesse forse influenzato il suo attuale comportamento.
"Mia madre era così contenta di me che desiderava avere un altro bambino; questa volta, voleva una femmina. Mio padre le diede quel che voleva, tre settimane dopo la sua richiesta rimase incinta. Soffrì durante la gravidanza, adesso lo so, sebbene provasse a non mostrarlo. Aveva voluto che la mia vita fosse rimasta una bolla senza traumi". Fece una pausa, e prese pochi profondi respiri per controllarsi. I minuti passavano e sembrava avesse finito con il suo racconto. Non poteva farlo, proprio quando la storia stava diventando così interessante.
"Va' avanti" lo incoraggiai, "Raccontami cos'è successo dopo". Invece di scattare verso di me come mi aspettavo, espirò profondamente e continuò.
"E' morta durante il parto. Tentò di resistere più che poteva, ma potè sopravvivere solo per un'ora dopo aver dato la bambina alla luce. Mio padre restò accanto a lei tutto il tempo, supplicandola di continuare a vivere, ma lei non volle ascoltarlo. Insisteva che mio padre si prendesse cura della figlia come ultimo desiderio. Io piangevo, la supplicavo di non dire sciocchezze e di riposarsi un po' , così sarebbe stata meglio. Non volle ascoltare neanche me. Le sue ultime parole erano rivolte a me, e alla bambina. Mi disse che mi voleva bene, e disse anche che il nome della bambina doveva essere Angelica. Poi...morì" la sua voce si incrinò leggermente, ma si ricompose e continuò.
" Mentre piangevo, e la supplicavo di svegliarsi, mio padre tirò fuori Angelica. Uscì che era morta anche lei. Da allora, mio padre si tramutò in pietra. Mi accusava della morte di mia madre. Diceva che se non fosse stato per me, lei non avrebbe mai voluto un secondo figlio, e sarebbe stata ancora viva. E per molto tempo, gli credetti. Provai a mettermi in buona luce con lui comportandomi come il figlio migliore che potevo essere: prendevo dei voti più che perfetti a scuola, ero sempre in orario quando tornavo a casa, e non facevo mai un passo falso. Ma niente di tutto questo era abbastanza. Sembrava come se non gli potessi mai essere piaciuto". La mia pietà nei suoi confronti crebbe allora, non avevo mai saputo cosa significasse vivere senza un padre affettuoso e una madre. Mio padre mi aveva adorato, stravedeva per me, ed io gli volevo molto bene. Certo, era morto, ma avevo ancora mia madre, e meravigliosi ricordi di lui.
"Per piacergli ulteriormente, mi offrii volontario di arruolarmi nell'esercito. Aveva sempre mostrato una sorta di ammirazione verso questo tipo di uomini, e mi aveva sottilmente suggerito quanto voleva che mi arruolassi. Quando glielo riferii, disse che era orgoglioso di me. Volevo urlargli contro, volevo dirgli quanto cazzo lo odiavo; ma non lo feci. Lavorai solo di più, desiderando sentire di nuovo come fosse orgoglioso di me. Divenni comandante, e poi fui mandato qui; contribuendo ad uccidere gli Ebrei" . Mi ritrassi e lui ridacchiò aspramente.
"Sai qual era la cosa più ironica? Mia madre era per metà ebrea. Mio padre non volle averci niente a che fare, e si rifiutò di farmi ereditare qualunque aspetto di quella religione. E' stato l'unico difetto di mia madre. Credo sia questo il motivo per cui era così orgoglioso di me" Volevo ucciderlo allora. Sua madre, alla quale lui voleva così bene e che le mancava così tanto, era per metà ebrea, ma lui godeva ad ammazzarli? Non poteva vedere sua madre che lo guardava dall'alto con disprezzo, maledicendolo per fare questo alla sua stessa razza? Sapevo che mio padre mi guardava costantemente dall'alto, e che mi rimproverava quando facevo qualcosa di sbagliato.
"Così ecco la mia piccola storia per Prinzessin che se n'è stata tranquilla tutta la sera. Mi manca il tuo piccolo chiacchiericcio, raccontami una storia adesso". Mi lasciò andare ed io lo fissai freddamente.
"Cosa vuoi sapere?" chiesi aspramente. Sembrò confuso e portò una mano alla mia mascella, stringendola e portandola verso di lui con poca fatica.
"Che? Perché mi rispondi così freddamente?"
"Come puoi uccidere gli Ebrei così facilmente quando proprio tua madre lo era per metà? Non hai orgoglio? O vergogna? Non senti tua madre che ti guarda dall'alto e ti rimprovera per le cose malvagie che fai?" Lui ridacchiò soltanto e si appoggiò sul letto.
"Alcune domande è meglio lasciarle senza risposta, Prinzessin".
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Da allora, queste domande senza risposta continuavano a ronzare nella mia mente piena abbastanza da farmi venire il mal di testa. Mi rigirai sul mio ripiano e chiusi gli occhi con forza: niente sonno mal si conciliava con il lavoro che avrei dovuto fare il giorno dopo.
Contai da uno a cento in ebraico per allontanare il pensiero dalla notte precedente, e lentamente mi addormentai.
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Avere una mente vuota mi aiutava a sopportare ogni giorno in cui sopravvivevo al campo. Era necessaria una mente vuota anche con i compiti più semplici. Altrimenti la mia mente sarebbe stata piena a causa di Duncan: non era una cosa molto buona adesso non è vero? E se avessi smesso di svolgere il mio compito? Sicuramente una guardia mi avrebbe vista e mi avrebbe portata ad essere uccisa: senza dubbio, ed io non volevo rischiare. Non quando mi stavo comportando così bene.
Con l'intenzione di non avere in mente nulla tranne il mio attuale compito, mi diressi verso la pompa d'acqua: le ragazze mi avevano mandato a prendere l'acqua per preparare la cena. Usando la mia forza -duramente guadagnata in oltre due mesi di lavaggio stoviglie, sollevando pesanti secchi d'acqua, e lavando i pavimenti- pompai il manico e guardai come l'acqua lentamente riempiva il secchio. Ero così concentrata sul mio lavoro che non mi accorsi dell'altra presenza che strisciava accanto a me: non per dire, una presenza maschile. Ad eccezione di Duncan e delle altre guardie maschi, non avevo visto un singolo uomo nella nostra area del campo.
"Lavori duro lì, eh Babushka?" chiese la voce, stupendomi. Mi ritrovai a voltarmi per affrontare questo sconosciuto, le mani sui fianchi e un sopracciglio alzato dal fastidio. Come osava distrarmi dal mio compito, per tutto quello che sapevo poteva essere una trappola. Una guardia avrebbe potuto inviarlo per spiarmi, e se avessi fatto un errore in questo incontro sarei potuta finire cremata.
"Slicha?" domandai, in perfetto ebraico. Mamma mi aveva davvero contagiato con l'utilizzo della lingua. Lui semplicemente rise e toccò la mia bandana, io ero così stordita da quest'uomo che mi toccava in un modo così gentile- come un marito farebbe di solito con la moglie- che mi paralizzai e non mi mossi per fermarlo.
"La bandana tra i capelli, ti fa sembrare una piccola Babushka" , spiegò allegramente. Il fatto che non sembrava una trappola e che lui provava interesse per me mi fece agitare qualcosa dentro, non potei fare a meno di lasciarmi sfuggire una risatina.
"Ti interessa dirmi come ti chiami, Babushka?" Il nuovo soprannome era rinfrescante.
Prinzessin era tutto quello che avevo sentito ultimamente. Il modo in cui mi chiamava Duncan.
Prinzessin era sempre per prendermi in giro, o per chiedermi qualcosa di umiliante. Infatti, anche il soprannome stesso era umiliante. Ma il modo in cui quest'uomo mi chiamava Babushka, e lo usava un po' per prendermi in giro, ma per lo più in modo premuroso e gentile, mi faceva provare più interesse nei suoi confronti.
"Mi chiamo J17492" risposi umilmente, sapendo che, in quanto anche lui era un ebreo, avrebbe capito. Ma non lo fece. Scosse la testa e si appoggiò pigramente alla pompa dell'acqua. Avrei potuto ucciderlo in quel momento. Voleva morire? Non sapeva che un passo falso, un piccolo errore poteva ucciderti qui? Mi guardai attorno con cautela nel caso avessi visto una guardia, o qualcuno che potrebbe averci notato e poi punito entrambi, ma non c'era nessuno. Tirai un sospiro di sollievo e mi ricomposi.
"Courtney. Courtney Esther Politzer" Sorrise e guardò il cielo, per godersi il sole raro. Rimasi senza parole per come il sole illuminava i suoi lineamenti e lo faceva brillare. Sembrava perfetto, come un angelo.
"E tu?" riuscii a chiedere dopo pochi secondi di ammirazione. Sorrise con un giallo sorriso storto e restò in piedi.
"Yaacov. Yaacov Heisen". Sorrisi, afferrando il secchio pieno già da tempo e iniziando a tornare in cucina. Prima che potessi fare dieci passi lui mi tirò per un braccio e mi fece quasi cadere l'acqua.
"Aspetta. Potrò mai rivederti?" Potei solo sorridere e scrollare le spalle, iniziando di nuovo a camminare. Mi invitai a restare la calma Courtney, invece della agitata scema sudata sicuramente dentro di me.
"Incontriamoci alla discarica durante l'ora libera. Ti prego, ti prometto che ti farò vedere il lato buono di questo posto dimenticato da Dio" La sensazione della sua mano sul mio braccio mi prese alla sprovvista per pochi istanti. Mi fermai a considerare la sua proposta. Volevo davvero, ma se fossimo stati beccati? Cosa sarebbe accaduto? Ma, contro ogni previsione, decisi di andarci. Un uomo ebreo sarebbe stato sicuramente rinfrescante qui in giro; sicuramente rinfrescante per me, almeno. Annuii con entusiasmo, lui mi prese la mano e la baciò teneramente, facendomi arrossire e ridere di nuovo.
"Fino ad allora, Babushka" . Ridacchiai ancora una volta ed iniziai a camminare di nuovo; per la prima volta dopo un po', la mia mente brulicante di eccitazione.
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Stavo in piedi, tremante, vicino alla discarica, allungando la testa ogni tanto per vedere se la testa di Yaacov fosse sbucata da dietro l'angolo. Avevo cercato di sembrare il più attraente possibile per il nostro incontro, lasciando mamma sistemarmi i capelli, usando un rossetto "preso in prestito" da alcune ragazze dei capannoni di smistamento, e anche raddrizzandomi leggermente il vestito. Dovevo ammetterlo, ero eccitata. Non mi ero mai sentita in questo modo per un uomo prima, bè, non credo ci sia mai stata una volta in cui mi sia sentita in questo modo per un uomo.
Espirai un respiro tremante e strofinai le braccia quasi congelate; questa era la conseguenza per non aver messo il maglione per sembrare più attraente. Ora rimpiangevo davvero di non averlo portato con me. Non solo perché stavo congelando, ma perché ero preoccupata se stessi correndo troppo. Avevo incontrato quel ragazzo solo poche ore fa, e adesso stavo sacrificando la salute, la sanità e le mie possibilità di sopravvivenza per sembrare più attraente davanti a lui.
Mormorai un suono di disapprovazione e scossi la testa, rimproverandomi mentalmente per essere stata così stupida. Se avesse davvero voluto stare con me, si sarebbe mostrato in orario. Scossi di nuovo la testa tristemente, e mi voltai, con l'intenzione di tornare indietro nelle baracche più calde.
Prima che potessi fare un singolo passo, un paio di braccia mi afferrarono la vita da dietro e la strinsero forte. Provai a gridare, ma una mano guantata mi coprì prima la bocca.
Lo sapevo che sarebbe successo, lo sapevo che mi avrebbero presa. Perché, oh perché non ho ascoltato la coscienza? Rabbrividii, e piagnucolai un po', le lacrime già andavano formandosi nei miei occhi ardenti.
"Sei pronta ad incontrare il tuo destino, Courtney?" Rabbrividii di nuovo, con l'intenzione di spiegare i miei motivi, quando la mia mente scattò, completamente attenta. Aveva appena detto "Courtney"? Nessuna vera guardia mi avrebbe chiamata col mio nome, e la voce sembrava anche abbastanza familiare. Lentamente, riuscii a girarmi, e schiaffeggiai il mio assalitore dritto in faccia. La reazione fu una risatina bassa.
" Yaacov Heisen mi hai quasi fatta morire dalla paura!" Lui ridacchiò soltanto e si appoggiò alla discarica sporca.
"Non dire che non è stato divertente, perché lo è stato" . Finsi di prendermela fuori, ma dentro rimasi profondamente colpita. Aveva avuto coraggio per farlo, e non molti ne avevano per fare uno scherzo del genere da queste parti. Sentii un senso di ammirazione nei suoi confronti.
" Non è stato divertente, mi hai davvero spaventata. Non dovresti fare degli scherzi qui" lo sgridai. Invece di scusarsi, scivolò a terra, accarezzando il posto accanto a lui come cenno di sedermi.
" E perché no?". La mia bocca si inclinò verso il basso; la risposta era così evidente. Non si rendeva conto che sarebbe potuto essere ucciso più velocemente di un lampo?
"Perché, potevi essere ucciso! Bisogna sempre saperlo e tenerlo a mente".
"Qualche altra regola che dovrei sapere?"
"Felice che ti stia interessando all'argomento. Dovresti sempre concentrarti su cosa stai facendo. Non lasciare che la mente vaghi. Non replicare con qualunque forma di autorità più alta. Ecco, tutti quelli che non sono Ebrei. Non devi mai venire sorpreso a non lavorare. E...". Fui interrotta da Yaacov che con una mano strinse le mie labbra insieme in modo che non potessi parlare. Si mosse in avanti ed io fui presa dal panico. Aveva intenzione di baciarmi? Non lo conoscevo tanto bene; l'avevo incontrato solo poche ore prima. Non volevo che succedesse così. Le mie aspettative furono però deluse, poiché ridacchiò e tolse via la mano.
"Hai troppe regole, Babushka" . Arrossii; felice che il buio del crepuscolo potesse nasconderlo.
"Come puoi essere tanto allegro in questo posto e scherzare?" gli chiesi, una domanda che mi aveva davvero divorato la mente fin dal nostro primo incontro. Come poteva sopportare di essere così allegro e gioviale, quando la morte era proprio dietro l'angolo? La gente veniva uccisa, torturata, ferita (sia emotivamente che fisicamente) ogni minuto, e lui riusciva ancora a ridere, e a sorridere?
Doveva avere qualche rotella fuori posto.
"Perché no?" chiese, scrollando le spalle. Mi morsi il labbro, sapendo che avevo passato esperienze orribili abbastanza per dieci vite. Inoltre, la preoccupazione costante, la paura e la pietà per tutti coloro che non sopravvivevano mi davano continuamente fastidio in testa.
"Ho passato molte cose negli ultimi mesi" . Le sue sopracciglia si alzarono verso l'alto per indicare confusione, e sapevo che mi avrebbe chiesto qualche spiegazione. " La morte può cambiare profondamente una persona" risposi vaga, prima ancora che avesse avuto la possibilità di chiedermelo. La sua mano trovò di nuovo il mio volto ed io mi voltai verso di lui. Notai, anche se era leggermente buio, che i suoi occhi erano di un verde intenso; avevo sempre desiderato sposare qualcuno con gli occhi verdi. Occhi verdi e riccioli ramati. Guardando Yaacov, non riuscii a capire come fossero i suoi capelli poiché la sua testa era stata appena rasata.
"Non pensarci più. Non ci dare troppa attenzione" . Io ringhiai interiormente. Come non darci attenzione? Avevo visto un bambino venire sparato, e una delle mie migliori amiche mandata a morire solo a causa mia.
"Come posso non pensarci!" gridai, improvvisamente infuriata con lui. " Ho visto morire un bambino innocente! Ho fondamentalmente inviato la bambina che per me era praticamente una sorella a morire! Non potrò mai vederla di nuovo! Non capisco come tu possa essere così felice e tranquillo quando delle persone innocenti stanno morendo proprio adesso! La gente viene torturata, ferita, uc..." questa volta fui zittita da un paio di labbra sulle mie. Erano lisce, ma anche morbide.
Eppure, mi piacque. Prima che potessi ricambiare il bacio, si staccò, respirando affannosamente.
"Babushka" ansimò, " non puoi sempre concentrarti sugli aspetti negativi e su cosa succede alle altre persone. Hai bisogno di preoccuparti di te stessa e di goderti la vita". Non ci avevo mai pensato prima. Ero sempre stata preoccupata per la morte, o per Duncan, oppure per Rivkah.
"Hai ragione" risposi, tirando di nuovo la sua bocca sulla mia. Questa volta si stupì e non riuscì a capire cosa stava succedendo. Mi staccai e vidi che i suoi occhi erano spalancati, ma stava sorridendo.
"Per che cos'era?" chiese, il suo tono confuso, ma felice.
"Hai detto che avevo bisogno di divertirmi" . Era tutto quello di cui aveva bisogno per unire le nostre labbra insieme, ancora una volta.

Prinzessin [Traduzione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora