Penso di... amarti?

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Una settimana dopo, 8 novembre

Hermione
"...e allora sai che mi ha detto, quel bastardo? È ora di farla finita, Ginny. Siamo troppo diversi. Ti giuro, Herm, che in quel momento lo avrei cruciato!" la risata che esce fuori dalle mie labbra è tra le più finte mai fatte prima.
Ginny incrocia le braccia sotto il seno e mi guarda male.
"Scusa, ma..." esordisco.
"Non è per il casino successo con Dylan che ti rimprovero, Hermione. È solo che da qualche giorno non sei più allegra come prima, e mi dispiace. Se solo tu mi dicessi come posso aiutarti, Herm, lo farei... Però sei rinchiusa in te stessa, anche se fai finta che non è così. Io ci sono per qualunque cosa, qualunque..." Le sue sono più parole a vuoto che altro, perché non la sto sentendo. Il mio sguardo -e perciò tutta la mia attenzione- è rivolto alla finestra, perché ci sono gli allenamenti di Quidditch. Solo un nome, in questo momento, mi risolleverebbe l'umore. Harry.
"Gin, io devo scappare. Ho scordato un libro nello spogliatoio, nel campo, e devo assolutamente andarlo a recuperare. Uhm... Ci vediamo dopo?" finisco la frase che sono già fuori dalla porta del suo dormitorio, e lei non ha il tempo di rispondermi. Né io di udire la sua risposta.
Devo assolutamente parlare con Harry. Anzi, no. Ammazzerebbe Draco facendosi rinchiudere ad Azkaban, e io ne morirei. I suoi princìpi -ed i miei- mi impediscono di farglielo uccidere, anche se la mia mente non grida altro.
Come ha potuto Malfoy illudermi in questo modo?
Come ha potuto usarmi per dimostrare al suo amico da quattro zellini che può conquistarsi anche la Mezzosangue dei Grifondoro?
Come ha potuto?
Mi asciugo rabbiosamente le lacrime che mi scorrono copiose sul viso, ma non posso fare proprio nulla per il mio cuore in fiamme.
Sospiro ed esco dal castello giusto quando i giocatori, sporchi e sudati, rientrano nello spogliatoio a farsi una doccia.
Nella foga di raggiungere la stanza bianca con le panchine e gli armadietti scuri, inciampo in una stupida radice e rotolo per vari metri a terra, inzuppandomi di fango fresco.
In fretta mi alzo dall'erba, e zoppicando come una vecchia mi dirigo verso la porta oramai varcata da tutti i giocatori.
Sono sorpresa quando detto non c'è nessuno. Nessuno a parte il ragazzo che volevo, con i capelli scuri e gli occhi verde speranza che brillano da dietro gli occhialetti rotondi.
È vestito di tutto punto, si sta solo passando un asciugamano bianco sui capelli corvini per asciugarli al meglio.
"Herm!" salta dallo spavento quando mi vede arrancare verso una panchina senza fiato, sporca di terriccio.
Mi aiuta a sedermi e mi dà un altro asciugamano per pulirmi il viso e le braccia.
"Cos'è successo?" chiede incuriosito, e gli lancio un'occhiataccia.
"Non è evidente, Harry? Sono caduta!" piagnucolo, e lui ridacchia.
"Non parlo di questo. È da una settimana che sei depressa. Cos'è successo?" cerco di mettere su una faccia indignata, ma mi esce solo una brutta smorfia.
"Ho preso una D in Aritmanzia?" provo, ma suona più come una domanda.
Harry sorride, e mi scosta una ciocca di capelli dal viso.
"Non capisco perché non vuoi dirmelo," inizia "ma rispetto la tua scelta e non insisterò" lo abbraccio.
"Grazie" sorrido e chiudo gli occhi, annusando il suo profumo. Sa di casa, di inchiostro e di neve.
"Merlino, Pansy, la smetti di inseguirmi?" la voce di Malfoy risuona in tutto il corridoio esterno, facendomi raggelare all'istante.
Harry lo nota e mi lancia uno sguardo interrogativo, che ignoro, concentrata come sono a cercare un posto in cui nascondermi.
"È solo Malfoy" mima con le labbra, ma lui non sa. Non può sapere.
"Ma Dracuccio" la voce della Parkinson è stridula come poche. "Perché continui a scappare?" il tono è lamentoso, ma appare anche come se per lei fosse un gioco, e stesse vicina alla vittoria.
"Forse perché tu continui a pedinarmi?" Harry sbuffa una risatina, e i passi dei due Serpeverde continuano ad avvicinarsi, facendosi più rumorosi.
"Lasciami" la voce di Draco è un ringhio, e la Parkinson fa un singhiozzo finto.
"È per qualcun'altra, vero, Draco?" esala, e Malfoy si arresta di colpo.
"Sì. Sì, è per un'altra ragazza. Sei contenta adesso o devo dirti nome, cognome e Casa?" il mio cuore fa una capriola, ma poi mi dà l'impressione di essersi fermato. Non posso essere io l'altra.
Al posto della Parkinson, chiederei di dirmelo.
"Perché non farlo, Draco? Chi è questa bellezza?"
Oh Merlino, penso come la Serpeverde.
"Sverresti, e a me non va di riportarti al castello" Malfoy riprende a camminare, più veloce. Pochi secondi e sarà allo spogliatoio. Presa dal panico, afferro Harry per il colletto della camicia e lo tiro a me in un bacio.
Lui non cerca di scostarsi, forse ha capito che a me non interessa in quel senso.
Draco si ferma sulla soglia della porta, e l'atmosfera si fa calda e gelida allo stesso tempo.
Harry mi mette le mani sui fianchi, sorridendo appena, e gli dò un pizzicotto sul braccio senza farmi vedere dalle due serpi.
Un sospiro profondo di Malfoy, e lui che si allontana. La Parkinson dietro di lui.
"Ora vuoi dirmi cosa succede?" chiede Harry inclinando la testa. Alzo la mano per fargli cenno di star zitto un minuto, e mi alzo per sporgere la testa fuori dalla porta per osservare meglio Malfoy e Pansy.
"È la Granger, Draco?" chiede la Parkinson, mettendogli una mano sul braccio. Lui non la scosta, ma lancia un'occhiata furtiva nella mia direzione. Con i suoi occhi grigi incastrati nei miei, risponde: "Sì. È la Granger" poi gira i tacchi e se ne va, lasciando impalate me e la Parkinson, che probabilmente si aspettava una risata disprezzante e una negazione con tanto di aggiunte maligne. Cosa mi aspettavo io? Non ho avuto il tempo di pensarci.

L'altra faccia della medaglia // Dramione [concorso]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora