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Credo che rimasi a fissare lo strano gocciolio rosso scuro che creava una piccola pozzanghera sul parquet chiaro, accentuandone il colore intenso.
Ogni goccia che colava veniva fatta risplendere da un raggio del sole mattutino, che però colpiva anche uno strano luccichio nella sua mano.

-Andy! Entra.

Non mi parlava ne nulla, solo stava lì a guardarmi negli occhi senza parole; appena  le pronunciai io, sembró come svegliatosi da una specie di incubo, e con uno slancio mi strinse in un abbraccio.
Lo ricambiai subito, stringedolo a me il più forte possibile, quasi per rassicurarlo della mia presenza terrena accoccolata al suo giubbino di flanella e lana a quadri.

-Scusami. Io volevo richiamarti, ma ho rotto il telefono...- mormoró sui miei capelli.
Mi sembró strano che avesse saputo delle mie chiamate con il telefono guasto, ma non volevo minimizzare, per quel momento almeno.
-Come l'hai rotto?- chiesi staccandomi da lui, cercando di chiudere la porta dietro di lui e appoggiando la mazza a terra, per poi portarlo in cucina.
Non avevo il coraggio di guardarlo negli occhi perché non volevo essere rapita ancora dalla sua sofferenza, che avrebbe sprofondato in senso di colpa più o meno giustificato.

Intanto lui si era seduto su uno degli sgabelli alti del bancone in marmo bianco dell'angolo bar.
-Stai bene...- mormoró con un tono quasi sognate, non lasciandomi però capire se quella fosse una domanda o un'affermazione; di una cosa però era certa, cioè che non era la risposta a ciò che gli avevo chiesto.
Lasciai correre anche questa volta e non sapendo cosa rispondere, mi limitai solo a sorridere guardando le punte nere lucide delle mie Converse.

-Fammi vedere la mano.- gli ordinai mentre portavo l'occorrente per l'eventuale medicazione.
La aprii e vidi dei pezzi di vetro spessi che avevano provocato di certo la ferita, e quello che sembrava l' interno di un cellulare.
Gli tolsi i pezzi del 'defunto' apparecchio elettronico e lo disinfettai, concludendo con un cerotto a nastro per chiudere la ferita sul palmo.
Feci tutto in uno strano e imbarazzante silenzio, anche se,tra le ciocche mosse che mi pendevano davanti agli occhi, potevo scorgere il suo sguardo che vagava per quella casa che aveva visto così molte volte ; e decisi così di alzare gli occhi per incontrare il suo sguardo.

I suoi occhi scuri ero cerchiati di viola tendente al nero; il suo viso era scavato, da sembrare quasi scarno e la barbetta che gli stava crescendo ai lati del viso non sembrava essere stata curata, così come i suoi capelli castano chiaro tutti scompigliati e alla rinfusa.
Il nostro sguardo si incroció ed il suo sembrava quello di qualcuno che non aveva dormito per settimane, ma sembrava in qualche modo rasserenato da qualcosa.
Dopodiché, imbarazzata , abbassai gli occhi e decisi di rompere quel filo lucente e quasi ben visibile di tensione:
-Vuoi un po' di caffè? Ti vedo stravolto.- chiesi cercando di sorridergli mentre mi alzavo dall'alto sgabello.
Sospiró indeciso sul da farsi. -Anche se non dovrei, lo prendo. Hai ragione comunque, la scorsa notte non ho dormito molto.

'Che stupida. È vero che soffre di tachicardia..' Pensai dandomi mentalmente uno schiaffo.

Anuii semplicemente, e misi una cialda nella macchina del caffè, prendendo poi
una tazzina e un cucchiaio con dentro già una zolletta di zucchero.
Il silenzio ormai regnava sovrano sulla scena, mentre non sentivo nemmeno il benchè minimo rumore di movimento da parte di Andy, forse a causa del battito pulsante della mia ansia rimbombante nelle mie orecchie.
Volevo chiedergli cosa gli fosse successo, ma ero troppo spaventata nel farlo, per rivangare chissà quale ricordo.
'Ti fai troppi problemi Indi.'

Accennai ad un sorriso rassicurante quando gli porsi la tazzina, e lui mi ringrazió, per poi bere con proverbiale calma il liquido scuro. Così presi coraggio e feci per chiedergli la risposta ai miei dubbi, quando mi fermó prima, con un commento di apprezzamento per il mio caffè:- Molto buono Indi, lo sapevo che avere un'amica con parenti italiani mi sarebbe tornato comodo prima o poi.
Feci una mezza risatina, apprezzando il fatto che si fosse sforzato per alleggerire quel l'atmosfera surreale tra noi; ma il cielo sereno non duró molto, soprattutto se si è a Novembre.
-Come ti senti?
Il cielo stava perdendo il suo colore, coperto da grigie nuvole cariche di pioggia amara.
-Bene, credo.- gli dissi sorridendo, mentre lui fissava il fondo della tazzina di ceramica bianca e la ruotava in maniera circolare.-Tu invece come ti senti?
-Meglio grazie.-fece una piccola pausa per bere l'ultima goccia di caffè rimasta.- Non volevo spaventarti questa mattina, solo avevo un brutto presentimento tutto qui.

Sospirai, incapace di dirgli quello che era successo, perché una parte insistente di me teneva la mia voce imprigionata in fondo alla gola. Mi limitai ad un mi dispiace, ma, ancora una volta, mi fermò, continuando il suo discorso:- No invece, tu sei stata solo male, ed io avrei dovuto richiamarti o venirti a trovare. Mi spiace Indi, ma non riuscivo a fare nulla, anche se avrei dovuto.

Con quella frase confermò ogni mia angoscia e sospetto di cosa potesse essergli accaduto in quel lasso di tempo dall'inzio delle prove a qualche minuto prima, all'uscio della mia porta. Non potei fare altro che abbracciarlo senza dire una parola: potevo capirlo e rincuorarlo che non sarebbe mai cambiato nulla.

E' davvero strano quanto un piccolo incidente possa causare così tanto scompiglio, ma è come una crepa in un muro già pericolante che sta in piedi per miracolo.

-Scusami se faccio schifo come migliore amico.-mormorò in un sussurro.
-Tranquillo, almeno non fai pena come cantante.
Ridacchiammo entrambi di gusto, mentre cercai di spettinargli i capelli, alzandomi sulle punte, dato il mio metro e sessanta di altezza a confronto con il suo metro e ottanta, cosa che lo fece ridere ancora più forte. -Le prove vanno alla grande e tu dovrai vederci e rosicare.

-Ovviamente, non mi voglio perdere le più grandi stecche della storia.- dissi gesticolando.

Un sano sorriso si dipinse sul suo volto e aprì la bocca per dire qualcosa, quando la suoneria lontana del cellulare risuonó per tutta la casa.
Così con una mezza frase di scuse lasciai Andy da solo in cucina e salii per le scale di marmo bianco, direzione seconda porta a sinistra, dove c'era la mia camera.
Con slancio felino, presi il telefono in tempo prima che partisse la segreteria telefonica.
Una voce trafelata rispose dall'altro capo del telefono: -Tesoro?
-Mamma? Come stai?
-Benissimo Indi, il volo è stato pesante e anche la conferenza, e adesso stiamo andando in aula. Tu invece come ti senti?
-Bene grazie.- mentii. L'unica cosa di cui avevo bisogno erano altri problemi, non potevo rischiare di finire ancora su quel letto scomodo in quella piccola camera.
- Ho sentito che li da voi c'è stato un incidente, hai visto qualcosa?
-Si, ma ero lontana dal luogo.
-Bene ne sono felice.- si interruppe alla comparsa di una voce profonda in lontananza, seguita dalla risata della donna.-Tuo padre ti saluta. Ora dobbiamo andare, abbiamo un meeting tra 5 minuti, a dopo.
-Mi manchi...- cercai di dire in un sussurro, ma lei schiacció il pulsante di fine chiamata troppo in fretta.
Avrei voluto richiamarla e sentire ancora una volta la sua squillante risata, e non quella lugubre e atona voce nella mia testa.
Ma era ormai la mia normalità, e più cercavo di convincermi più sembrava solo una falsa bugia mascherata da eclatante verità nel mio cuore.
Mi accorsi di essermi persa di nuovo tra i miei pensieri, quando sentii la voce di Mr. A che mi chiamava dal piano inferiore, così corsi giù per le scale, e lo trovai già sull'uscio mentre apriva la porta color rovere, sovrastata da un vetrata.
-Devo andare Indi, mia mamma si starà chiedendo dove sono.- sorrise, in maniera quasi cupa.- Ci vediamo domani alle prove ok? Però questa volta cerca di non sparire.
E con una risata di gioia preceduta da un occhiolino, sparì chiudendot dietro di sè la pesante porta.

Sorrisi: Andy aveva ancora quello sguardo estasiato quando parlava del suo piccolo mondo, la sua band; dove ogni cosa era fatta di candidi sogni che si completavano con le corde di rame delle chitarre, oppure con colore scuro della batteria e del suo microfono. Quella era l'unica cosa che in quasi due anni non era cambiata affatto, come il mio dolce ricordo legato a quella band.

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Ciao a tutte❤️

Intanto volevo ringraziarvi per leggere (ancora) questa storia, ed essendo la prima, vi chiedo di dirmi cosa ne pensate, perciò votate e commentate please🐼

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Love you all💕
-Anywherebuthere_

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