Capitolo Extra

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"Se mi ami allora.. Fai l'amore con me", le sussurrò all'orecchio con voce suadente.

Vanessa amava da morire quel ragazzo. Quel ragazzo che l'aveva salvata dall'inferno di casa sua, quel ragazzo che in poco tempo era diventato una droga, la sua qualità preferita di eroina a dirla tutta e non esitò a buttarsi tra le sue braccia e a fare l'amore con lui.

Purtroppo lei non sapeva che per lui non era lo stesso. Era solo un gioco. E oh.. Quanto gli piaceva giocare così. Fino ad ottenere tutto ciò che voleva, usando ogni mezzo, recitando la sua parte finché non raggiungeva il suo scopo.

E così, dopo qualche settimana passata a torturarsi, Vanessa armata di coraggio finalmente lo affrontò, inchiodandolo nell'aula di arte.

La lezione si era appena conclusa e gli alunni erano già tutti scappati dalla stanza. Rimanevano solo lui e Vanessa.

"Perché non mi hai più chiamata?!", chiese esasperata. La paura nella sua voce.

"Perché ho avuto da fare", le rispose con freddezza. Era già uscito dal suo ruolo. A quel punto non gli importava già più nulla.

Vanessa deglutì. Sapeva che era una scusa ma cosa gli avrebbe detto adesso? Quando gli passò davanti lo chiamò ancora. "Lucas..".

Il ragazzo si girò. Lo sguardo ghiacciato è scocciato dalla situazione. "Ancora non l'hai capito?!", schernì.

"Cosa?", chiese lei disorientata.

"Ho solo giocato con te".

Vanessa si sentì mancare le forze. Non voleva crederci. Non era possibile.

"Non ti ho mai amato. Non te l'ho nemmeno mai detto", rise. Si mise a ridere, dopo aver detto una cosa così crudele.

"Non sei nemmeno il mio tipo ma..", Vanessa non l'aveva sentito avvicinarsi, ma sentì perfettamente le sue dita fredde sotto il mento, per far sì che lo guardasse, "mi giravi sempre attorno, da quando ho cominciato a darti lezioni di biologia, così ho pensato di approfittare della situazione", aggiunse con un ghigno.

"Sei bassa e tarchiata per i miei gusti. Preferisco le ragazze alte, slanciate, con un bel fisico da modella. Magari bionde", disse pensando alla prossima vittima da colpire.

"Tu non sei niente di tutto ciò, anzi considerati fortunata ad essere tra i miei trofei". Detto questo Lucas la lasciò andare, sorridendole e salutandola con un cenno, come se avessero parlato di problemi di matematica.

Ma Vanessa.. dopo aver passato venti minuti buoni a fissare il vuoto inerme, urlò. Urlò per il dolore, l'umiliazione, per il fatto che ora non poteva più avere il suo cuore e la sua verginità indietro se non in pezzi. Forse nemmeno quelli.

Quell'urlo straziante la sfiancò e cadde in ginocchio nell'aula bianca, con la testa tra le mani che le pulsava. Rivoli di lacrime le cadevano copiosamente dagli occhi, lacrime di tristezza e senso di perdita.

E quando Vanessa tornò a casa quella sera, distrutta, si addormentò quasi subito tra incubi tormentati offuscati dalle lacrime.

Passarono i giorni e le settimane. Vanessa cominciò ad ignorare completamente le sue amiche, entrando ufficialmente nella fase dove le voci degli amici iniziano a fare troppo rumore per starle a sentire. Perché c'è già la tua voce che urla e sovrasta tutte le altre.

Una mattina Vanessa fu buttata malamente giù dal letto dalla madre, stanca di vederla da settimane nel letto a piangere per chissà quale motivo.

Così con il cappuccio dell'enorme felpa grigia alzato sulla testa, uscì di casa, cercando di inghiottire il terrore e la nausea che provava entrando in quel luogo.

i'm falling for your eyes but they don't know me yet. // sweeranDove le storie prendono vita. Scoprilo ora