Capitolo 2: Il dodicesimo tombino

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Lo ammetto, la mia è stata una decisione improvvisa e non ho valutato le conseguenze delle mie azioni, ma a volte bisogna buttarsi, correre d'istinto seguendo una strada che non si sa dove ci porterà, gettarsi nel vuoto senza sapere se atterreremo sul morbido oppure no. Capita a tutti.
Per quanto ne so io, sto ancora correndo alla cieca, sto ancora cadendo nel vuoto, e l'unica cosa che voglio è sapere di aver scelto la strada giusta.

Ma basta con i pensieri profondi, devo muovermi.
Stamattina mi sono svegliato all'alba, perché se devo andare all'appuntamento a Devely Street, preferirei avere il minor numero possibile di gente che mi gironzola attorno. Meglio andare adesso, mentre tutti dormono.
Purtroppo sul biglietto non era specificato nessun orario, e non posso essere sicuro che la persona che devo incontrare sia già sveglia alle cinque del mattino, né che ci sia veramente qualcuno ad aspettarmi al dodicesimo tombino.
Effettivamente, chi mi dice che non sia tutta una trappola?
Chi mi garantisce che non sia un tranello ingenioso per trarre in inganno qualche ragazzo con dei precedenti alle spalle?

Non voglio problemi con la legge, non subito, e quindi prendo delle precauzioni: mi infilo un felpone nero sopra i jeans e mi metto il cappuccio in modo che mi copra la maggior parte del volto, infilo un paio di occhiali da sole e copro naso e bocca con un foulard che lego dietro le orecchie.
Certo, è abbastanza insolito andare in giro così imbottito visto che è il 3 agosto, ma almeno così nessuno può vedermi in faccia e ho meno probabilità che scoprano la mia identità.

Avrei dovuto chiedere una maschera ai miei genitori, ma visto che non vogliono più vedermi, e io non voglio vedere loro, non mi è sembrato il caso.
Quando gli ho detto cosa avevo intenzione di fare non l'hanno presa affatto bene, erano furiosi, spaventati, confusi, sorpresi e glielo si leggeva in faccia che si vergognavano di me. La loro reazione non mi ha fatto né caldo né freddo, e sono uscito dal loro cancello più sereno che mai.

Esco dal mio appartamento e mi incammino verso Devely Street. Non dovrei metterci molto, visto che si trova solamente a due isolati da dove sono io.
Non so bene cosa farò appena arriverò al punto prestabilito, so solo che non dovrò assolutamente abbassare la guardia e che, se necessario, dovrò scappare il più velocemente possibile.

Appena leggo il cartello "Devely Street " mi guardo intorno con sospetto. Sento il battito del mio cuore accelerare improvvisamente, il mio udito amplifica ogni suono che sento, tanto che ho l'impressione che ogni mio passo abbia lo stesso rumore di un tuono.
Mentre procedo svelto la mia attenzione si concentra sui tombini. Li conto:
un tombino... due tombini...
non vedo nessuno laggiù, devo aguzzare la vista... cinque tombini... sei... ma è possibile che questi palazzi facciano tanta ombra? Non vedo nulla... nove...dieci... ho il cuore in gola, ancora pochi passi e... dodici, dodici tombini.
È questo il dodicesimo tombino di Devely Street.

Guardo con circospezione la strada intorno, ispeziono il lato di destra e poi quello di sinistra...
Non ci posso credere!
Non c'è nessuno!

Mi sento come un bambino a cui sono state rubate le caramelle: sono uno stupido.
Questo vuol dire che sono caduto nella trappola, tra poco verrò catturato dalla polizia... ma non vedo nessuno, non c'è nemmeno qualche auto parcheggiata sul ciglio della strada... niente.

Possibile che sia stato tutto uno scherzo?

In un impeto di rabbia me la prendo col tombino. Tiro pugni a quello stupido tombino, ho fatto tutta questa strada per niente, sono stato un cretino, ci sono cascato come un pesce lesso!
Ormai i pugni mi fanno malissimo, le nocche delle mani sono in uno stato pietoso, ma non mi interessa più nulla del dolore, o del rumore assordante che sto provocando, che rabbia!
Non lo sopporto! Non lo sopporto proprio!

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