Mark

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Mio figlio mi chiamava.
Diceva di essere in ritardo per la scuola, ma la scuola iniziava tre quarti d' ora dopo.
Faceva sempre cosí, amava arrivare in anticipo, fermarsi dietro al cancello con gli amici e aspettare che aprissero.
-Mark è presto!-
-No mamma ho detto a Austin che ci saremmo visti prima-
-Ah sì? E perché? -
-Dobbiamo scambiarci le figurine, te l ho detto ieri!-
-Ah sì hai ragione-.
Ogni mattina c' era una scusa per uscire di casa prima, non sapevo perché amasse così tanto essere in anticipo, ma non mi importava, io facevo di tutto per accontentarlo. Sempre.
Gli compravo giocattoli, lo portavo al parco, gli cucinavo i suoi piatti preferiti.
Però non era viziato, non ai miei occhi almeno.
Era un bambino gentilissimo.
Ricordo di un giorno in cui tornó a casa molto affamato, gli chiesi il motivo e mi rispose che a pranzo non aveva mangiato il panino che gli avevo dato perché la frittata con cui era imbottito non gli piaceva, eppure aveva sempre mangiato la frittata.
Quel pomeriggio mi chiamò la madre di un suo compagno ringraziandomi perché Mark aveva offerto il suo panino a suo figlio.
Non dissi mai niente a Mark a questo proposito.
Certo, non era il bambino più buono e pacato del mondo: la maestra mi chiamò più volte per dirmi che si distraeva in classe, che disturbava o altre piccole disattenzioni.
Ma lui era il mio angelo, forse l' unica persona che avessi accanto, quando avevo qualche problema, mi bastava guardarlo e tutto sembrava un po' più semplice.

Io non facevo altro che accontentarlo in tutto, speravo che i giocattoli potessero riempire il vuoto che suo padre gli aveva lasciato, speravo che non mi chiedesse mai niente di lui.
Ma sapevo che prima o poi quel giorno sarebbe arrivato. E infatti fu così.

Aveva sette anni quando mi chiese perché il suo papà non c' era.
Gli dissi che era partito per la guerra e non era più tornato.
Non seppe mai che suo padre se ne andó dopo avere scoperto che avrebbe avuto un figlio, non seppe mai che lui non si era mai preso una sola responsabilità in vita sua, e non seppe mai che io ero stata cosí ingenua da credergli quando diceva di amarmi.

Avrei voluto raccontargli tutto, un giorno, quando sarebbe diventato più grande, ma non lo diventó mai.

E poi arrivò quella mattina.
Era il 27 Luglio. Come oggi.
Ricordo che il sole non smetteva di splendere da giorni, ma quei trentotto gradi non spaventavano Mark.
Amava il sole.
Amava il caldo, amava muoversi, cosí tanto che decise di mettersi a correre e attraversare la strada.
Ricordo l' asfalto che sembrava potersi sciogliere sotto quei raggi di fuoco.
Ma quei raggi non erano quelli del sole. Erano cerchioni.
Non ricordo con esattezza quello che successe dopo.
Una macchina a velocità spropositata, un faro che mi accecó per un attimo, poi un corpo steso sulle strisce alcuni metri più avanti e del sangue.
E poi una targa.
La stessa targa che mi permise di trovare l' assassino di mio figlio, la stessa targa che mi trasformò in un mostro, ed è grazie a quella targa se ora sono felice.
Felice di riabbracciare il mio bambino.

Non so se esiste un inferno o un paradiso, ma Mark ora è qui con me, ovunque io sia, mentre voi leggete questa lettera.
Di questo sono sicura.

Comunque da quel giorno tutto è cambiato.
Non avevo più nessuno, l' unica compagnia era quel maledetto desiderio di vendetta, la rabbia mi stava divorando lentamente: mi sentivo come un insetto intrappolato in una ragnatela, non potevo reagire, non potevo cambiare quella situazione, non controllavo la mia rabbia, lei controllava me.
Ed ebbe il sopravvento.

L' assassino di mio figlio era già stato condannato a morte.
La sensazione che provai al momento della sua morte fu per me la prima sensazione positiva da quel giorno maledetto.
E fu quella sensazione che mi fece prendere una decisione: sarei andata avanti, e l' avrei fatto vendicandomi.

Era il ventotto settembre quando uccisi la prima persona.
Era un alcolista, proprio come quell' animale che stava marcendo sotto terra.
Non sapevo ancora bene come sarebbe avvenuto l' omicidio, ma sapevo che la stessa cosa che aveva provocato la morte di Mark doveva provocare anche la sua. E quello era l' alcol. Era a causa dell' alcol se quella specie di uomo aveva perso il controllo della macchina.

Veramente non ero molto organizzata, era la prima volta per me, quindi l' esito non fu esattamente quello che speravo: era morto troppo in fretta e aveva sofferto poco. Ma l' importante era che fosse morto. Dovevo ucciderli tutti quelli come lui.
E comunque avrei perfezionato la mia tecnica.


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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 09, 2015 ⏰

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Lettera di un' assassinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora