3.

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-Buongiorno Veronica-
-Mmm... Buongiorno-
Stropiccio gli occhi, è già mattino, addosso ho un lenzuolo, penso sia quello che ieri notte aveva Kyle, arrossisco al pensiero che mi ha coperta lui mentre dormivo.
-Ho preparato i pancakes-
Oltre ad essere un ladro o un killer sa cucinare? Interessante.
Siamo seduti in un tavolino quadrato in legno, io mangio i miei pancakes con un po' di nutella sopra, lui silenziosamente mangia i suoi, ogni tanto ci scambiamo qualche sguardo e un sorrisetto di imbarazzo. Oggi ho intenzione di chiedergli cosa sta succedendo, voglio sapere perchè mi trovo qui, voglio andarmene al più presto, spero che mi dia delle risposte e mi lasci in pace.
Kyle si alza velocemente e sparecchia, mette i piatti nel lavello e mi lascia in cucina, lo vedo allontanarsi e dileguarsi in una stanza, sono rimasta seduta come una stupida in questa stupida cucina, chissà se mi ha cercato Anna o Davide, ho bisogno di parlare con loro.
Mi alzo e vado verso la stanza dove è entrato lui, affaccio la testa, ci sono tanti scatoli, una scrivania, pistole, fucili, zaini, corde. Mi sento impaurita, presa dal panico, forse è andato a prendere qualcosa per uccidermi, ecco è finita quì. Cosa mi aspettavo, che magari era un ladro gentile?
-Che fai li?-
Kyle è lì, seduto sulla scrivania, è a torso nudo, indossa un paio di pantaloni morbidi neri, ha la pelle lucida, sudata, ha una pistola in mano e io mi sento ancora più in ansia.
Mi guarda fisso negli occhi, oddio i suoi occhi, azzurri, di ghiaccio, occhi che lasciano il segno, che lasciano senza parole, mi sento agitata e nello stesso momento attratta da quest'uomo che da un momento all'altro potrebbe uccidermi proprio con la pistola che tiene in mano. Lui si alza dalla scrivania e viene verso di me, la luce che entra dalla finestra mi fa notare una cicatrice che ha nell'addome più rotonda, possibilmente una pallottola, avanza con fare sensuale e continuo a fissarlo con il panico che non mi fa emettere nemmeno una parola.
-Veronica, cos'hai?-
Fa un mezzo sorriso e si ferma davanti a me.
-Non spararmi- sussurro tremolante.
Lui cambia subito espressione, poi si mette a ridere, con fare molto divertito, non riesco a capire se mi sta prendendo in giro o vuole uccidermi lo stesso.
-Non voglio spararti-
-Ah...hai una pistola in mano-
-Ti terrorizza questa?- dice mostrandomi la pistola
-Sì-
Fa un altro sorriso, mi prende la mano e mi ci mette la pistola.
-Allora scusa, puntamela addosso quando vuoi-
Lo guardo scioccata, mi lascia una pistola in mano, potrei anche scappare e minacciarlo.
-Vuoi fare una doccia?-
-Volevo delle spiegazioni-
-Non ora, più tardi, vai a fare una doccia, le tovaglie pulite sono dentro l'armadio-
Ecco, non vuole parlare di cosa sta succedendo, sono confusa, non so con chi sono, non so chi è lui, so solo il suo nome, come può pensare che io possa essere tranquilla.
Vado verso il bagno e tolgo i miei vestiti, poi sento bussare.
-Posso entrare?-
-Sono nuda-
-Non mi dispiacerebbe vederti-
-No! Vai via!-
-Tranquilla volevo solo lasciarti una cosa, devo allontanarmi un paio di minuti-
Prendo l'asciugamano e me l'avvolgo intorno al corpo, apro la porta e Kyle mi porge la pistola di prima che avevo lasciato sul tavolo della cucina.
-Usala se è necessario, arrivo-
Mi lascia con quest'oggetto mai usato prima, non so nemmeno come si spara, richiudo la porta e l' appoggio per terra vicino la doccia.
L'acqua è caldissima, la sento scorrere su di me, mi viene da piangere e in pochi secondi le lacrime escono impetuose, voglio andare via, voglio tornare a casa mia, mi sento sola e ho paura di cosa mi possa succedere stando con quest' uomo, sto pensando di scappare, ma tornerà a cercarmi?
Dopo essermi insaponata esco dalla doccia, metto i vestiti che avevo prima, ormai puzzano di sudore, asciugo i capelli con il phon che ho trovato e prendo la pistola.
Stavolta non mi farò prendere dal panico, io posso farcela.
Kyle non è ancora arrivato, mi affretto a cercare il cellulare che mi ha preso ieri nella borsa messa in soggiorno, ma purtroppo del mio telefono non c'è traccia. Mi avvicino alla porta, giro la chiave e la apro, scendo le scale e mi trovo in una stanza enorme, ci sono solo scatoli vuoti, sporcizia, blocchetti di cemento, terra, forse vuole far sembrare alla gente che qui non ci abita nessuno, sarà una sua copertura. Arrivo quasi alla porta che dovrebbe portarmi fuori e mi sento tirata indietro, due braccia muscolose mi avvolgono in un abbraccio, ma non affettuoso.
-Dove volevi andare? Sei pazza?-
-Lasciami stronzo!-
Sento la sua presa che mi stringe forte, il suo corpo attaccato alla mia schiena, cerco di liberarmi con tutta la mia forza fino a farlo staccare da me e gli punto la pistola.
-IO ME NE VADO!- gli grido
-Credi che puntarmi una pistola mi spaventi?-
Lo guardo arrabbiata, voglio andarmene sul serio, poi mi prende il braccio e in un gesto mi fa cadere la pistola e mi rilascia.
-Kyle io non ci sto capendo niente, o mi lasci andare o mi dici chi sei e che sta succedendo-
-Vabbene-
Si siede su un blocchetto di cemento e mi indica di sedermi anch'io.
-Hai visto quei tipi no? Sono mandati da Brian, il capo di un giro di cocaina, sono tutti dei pazzi-
-E cosa centri tu?-
-Tempo fa io e la mia famiglia stavamo a Newcastle, avevo 15 anni quando mio padre è entrato in depressione, litigava sempre con mia madre, la sgridava, poi ha cominciato a tornare sempre più tardi la sera e dalla mia camera sentivo le urla. ''Sei sballato!'' urlava mia madre, e poi schiaffi e altre grida. Quando feci 18 anni mio padre morì, tutti pensavano che si era suicidato, lo avevano trovato in una zona abbandonata con una pistola vicino.-
-Mi dispiace...-
-Un giorno mi trovai in un bar e due tizi mi portarono con loro con forza, mi dissero che mio padre quel giorno fu ucciso da un gruppo di spacciatori di cocaina, che non aveva pagato e che aveva un debito enorme e se io e mia madre non pagavamo ci avrebbero uccisi. Quando uscì da quel locale un uomo mi disse di seguirlo, mi ha salvato, mi ha insegnato tutto quello che so fare ora, ha pagato il debito di mio padre e ora sono qui, e sono in guerra, voglio uccidere quel bastardo che ha ucciso mio padre, Brian-
-E tua madre adesso dov'è?-
-In un manicomio a Londra, dopo che morì mio padre è diventata pazza, ogni tanto vado a trovarla e mi urla contro gli stessi insulti che urlava a mio papà-
Mi sento davvero meglio adesso che so il suo passato, che non vuole fare del male a me, mi avvicino e mi siedo nel suo blocchetto di cemento e gli stringo il braccio, come se fosse un abbraccio o un segno di consolazione, lui si gira e mi fa un sorriso, uno di quelli teneri e innocenti.
-Cosa centro io in tutto questo Kyle?-
-Quelli che erano lì quando ti ho presa ti hanno vista, e stai sicura che la tua faccia se la ricordano, e farebbero di tutto per arrivare a me, io vivo in zone dove loro arrivano dopo giorni, ti torturerebbero anche se tu non sapessi dove fossi io-
-Perchè me?-
-Adesso saliamo, ti ho portato dei vestiti-
-Aspetta, tu mi hai afferrata e mi hai detto che dovevo venire con te per farti un favore quel giorno, che favore era?-
-Andiamo-
Sale le scale e io resto immobile in piedi a fissare per terra, non capisco perchè non vuole dirmi il motivo per il quale ha preso me, anzi che ha scelto me. E' venuto anche al bar una volta e ora mi viene in mente la frase che mi disse quando lui pagò il caffè. ''A presto'' mi disse. Corro verso il piano di sopra e lui è sdraiato nel divano.
-Kyle! Rispondimi, al bar quando sei venuto mi hai detto ''a presto'', sapevi che doveva succedere tutto questo? Cosa centro io?-
Le mie urla non gli fanno alcun effetto, mi guarda e mi dice che più avanti mi spiegherà. Forse sono legata anche io al suo passato, lui mi conosce allora. Non saprei su quale ipotesi buttarmi.
-Cambiati, ti porto in un posto-
Vorrà spiegarmi portandomi in un posto, mi affretto ad andare in bagno, c'è un sacchetto e dentro c'è una canottiera nera, una camicetta di jeans leggera, un paio di leggins neri. Mi ha vestita per un funerale o gli piace il nero come me. Guardo in fondo al sacchettino e trovo un perizoma e un reggiseno in pizzo nero, arrossisco, sono davvero belli e sexy, spero siano della mia misura.
-Eccomi-
Mi scruta con un sorrisino stampato in faccia.
-Ti stanno bene-
-Come facevi a sapere la misura del mio intimo?-
-Ci sono andato ad indovinare-
Mi fa un occhiolino e si alza dal divano, mette una maglietta grigia e mi porge la mano.
-Andiamo-

-Metti queste-
Indosso un paio di cuffione leggermente strette e prendo in mano la pistola che mi porge Mark, un amico di Kyle.
-Trattamela bene questa eh!-
Mentre Mark mi spiega come impugnare la pistola do un occhiata a Kyle, lui ha già iniziato a sparare, prende 5 bersagli in pieno, li prende proprio in centro, poi si gira a guardarmi con aria soddisfatta. E' davvero un bel ragazzo e quando spara mette in risalto i muscuoli del suo braccio, i suoi occhi ora sono azzurri più che mai con la luce del sole e i suoi capelli sono ancora più biondi, è impressionante come io mi possa sentire così a mio agio con uno sconosciuto pazzoide.
-Hai capito Veronica?-
-Sì...sì Mark-
Sento il calore di Kyle dietro me, appoggia le sue mani sulle mie e mi alza le braccia, mi mette in posizione per sparare e mi sussurra ''Riesci a prendere la mira?''. La sua voce la sento in lontananza, credo di essermi persa nel calore del suo fiato vicino al mio orecchio, guardo il bersaglio, la sagoma di una persona con un cerchio rosso in centro, cerco di prendere una buona mira e sparo un colpo.
-Brava! Sei stata a caccia per caso?-
Ho preso il bersaglio ma l'ho colpito poco più in alto del cerchio rosso. Mi viene in mente quando ero piccola, mio padre mi portava alle giostre vicino casa e mi faceva fare il tiro a segno. E' stato lui ad impararmi a prendere la mira, con cura mi spiegava dove dovevo guardare, erano davvero dei bei tempi, quando eravamo una famiglia unita e mio padre c'era sempre per me. Mia madre mi rimproverava perchè preferivo andare con mio padre che con lei, ero la cocca di papà, ma ben presto sono cambiate le cose quando l'ho visto andarsene di casa dopo una brutta litigata con mia madre.
Sparo un altra volta ma non faccio centro, Kyle è sempre dietro me, mi sento triste quì, mi ricorda le cose belle della mia famiglia. Indietreggio e lascio la pistola in mano a Kyle, mi allontano e vado a sedermi in una panchina. E' un posto angoscioso, siamo dentro un gazzebo e fuori c'è una distesa di sabbia, più in la c'è un terreno con tanti alberi, il sole è cocente, e io mi sento la testa frastornata di pensieri.
-Veronica, stai bene?- Kyle si siede accanto a me preoccupato e mi prende una mano.
-Sì è che tutto questo... mi ricorda la mia famiglia-
Mi stringe la mano e poi mi sorride.
-Andavate a caccia insieme?-
-No, mio padre mi portava al tiro a segno quando ero piccola, mi fa ricordare di quanto stavamo bene-
-Ok basta, non voglio altre spiegazioni, ma se ne vuoi parlare sono qui, saluto Mark e ce ne andiamo-

Saliamo in macchina e andiamo verso la città, mi chiedo se potrei passare da casa mia, o se potesse lasciarmi li.
-Possiamo andare a casa mia?-
-Vabene-
E' stato più facile di quanto pensassi, sarà che gli ho fatto tenerezza e vuole farmi contenta, ma non sa che preferirei che mi spiegasse delle cose, che mi lasciasse andare.

Apro la porta, la mia casa, odore di vaniglia, il mio profumo-ambiente preferito, il letto ancora disfatto, è tutto così confortante essere quì.
-Vuoi un caffè?- gli chiedo mentre lui scruta il mio appartamento.
-Sì-
Kyle si siede nel divano e io preparo il caffè, prenderei alcuni vestiti ma prima voglio parlargli, voglio riuscire a convincerlo di farmi restare a casa mia e che mi sento al sicuro quì.
-Voglio restare-
-No Veronica...- sorseggia il suo caffè e poi riprende la frase
-...Non sei al sicuro-
-Io mi sento al sicuro, non mi sento al sicuro a casa tua!-
-Ah, è così che la pensi?-
-Sì e non mi hai nemmeno risposto alla domanda che ti ho fatto-
-Non posso risponderti adesso-
-Io davvero non capisco, sei così stupido!-
Mi guarda furibondo, poggia la tazzina da caffè sul tavolino e si alza.
-Allora buona vita- urla e sbatte la porta dietro di sé.
Non posso crederci che adesso sono libera, forse ci sono riuscita a togliermi di dosso quel "pazzoide", anche se adesso ho un po' paura che non sia davvero al sicuro.
Sento suonare il citofono e mi affretto a rispondere, sarà di sicuro lui, è tornato per portarmi con sè.
-Sono Anna!-
Vedo Anna entrare felice e mi abbraccia come se non mi vedesse da una vita, in effetti non ho più il cellulare, sono sparita per un giorno.
-Ecco dov'eri! Con quel tipo eh?-
-No Anna... è...è solo un amico-
-Devi raccontarmi tutto, dove l'hai conosciuto, cosa avete fatto, siete stati insieme vero?-
-No Anna niente di tutto questo-
Non posso dire ad Anna quello che mi è capitato, chiamerebbe subito i carabinieri e non voglio che lui finisca nei guai. Per quanto pazzo sia Kyle infondo è un bravo ragazzo o credo?
-Ti piace eh?-
-Anna per favore sono stanca vorrei solo andare a letto-
-Ma sono le sei del pomeriggio!-
-Parleremo domani-
Ho solo voglia di stare con me stessa, ho paura e allo stesso tempo sono felice di essere tornata nella mia casa.

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