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A/N : salve a tutti! Questo capitolo è leggermente più lungo rispetto agli altri due, proprio perché succederanno due cose importanti; finalmente potremo sapere di più sulla storia di Harold, il resto lo lascerò leggere a voi. Forse questo capitolo è leggermente più fluff degli altri, capirete perché. Beh, spero sia di vostro gradimento, buona lettura e come al solito vi chiedo qualche piccolo commento, mi farebbe molto piacere. Grazie di seguirmi e di leggere la storia.

(ci terrei a precisare che per quanto riguarda i messaggi, Arianne è in corsivo, Louis viene sottolineato e Harold è in grassetto.)

•••

2:04 AM

Mi stavo chiedendo, i tuoi ieri non erano a casa? Lavorano?


Sentii vibrare il cellulare sotterrato da qualche parte tra le coperte di lana pungenti, avevo il viso schiacciato da un grande cuscino bianco, lo spostai e presi un grande respiro d'aria pura. Ero violaceo, evidentemente stetti là sotto per troppo tempo, con una mano andai alla ricerca del cellulare. Lessi il messaggio, era Louis.


2:10 AM

Ti va di fare una follia?


La sua risposta non tardò ad arrivare. Sorrisi, sgattaiolai fuori dalle coperte e corsi fuori acchiappando al volo il cappotto marrone poggiato disordinatamente nella poltroncina di stoffa antica.

Per essere precisi, sei minuti e undici secondi dopo mi trovavo di fronte al portone della sua favolosa dimora, grande, elegante, altolocata. Trovai Louis seduto su un gradino avvolto in una coperta di pile, col vento che c'era mi sarebbe piaciuto averne una a mia volta. Lo salutai e mi sorrise in risposta
«L'idea era: saliamo su queste bici e corriamo per la città godendoci il silenzio e l'aria fresca e pulita della notte.»
Scosse la testa e si alzò in piedi avvicinandosi, poggio le mani sul mio manubrio e avvicinò la fronte alla mia «tu sei TOTALMENTE pazzo.» scandì bene la parola e afferrò la bicicletta.
Alle mie orecchie risuonava una dolce melodia che decisi dovesse essere la colonna sonora della mia vita, o quanto meno di quel nuovo periodo, o ancora, poteva essere la colonna sonora dei miei momenti con Louis, ma sarebbe sembrato alquanto patetico e sdolcinato. Correvo e urlavo noncurante dell'ora e della gente che con molta probabilità volesse dormire in santa pace.
Aprii le braccia al vento e mi voltai a guardarlo, sorrideva. Ai miei occhi risultò buffo il fatto che avesse legato la coperta al collo, dando l'impressione di essere uno di quei bambini che cerca di imitare il proprio supereroe preferito il giorno di Halloween.

Arrivammo di fronte a una distesa carina di prato e fiori bianchi, lasciai le vecchie bici arrugginite per terra e corsi urlando per tutto il verde, per poi buttarmi a terra ridendo. Louis si mise di fianco a me porgendomi la coperta sulla quale sdraiarmi e rotolai verso di lui trovandomi a pancia in giù, i suoi occhi erano rivolti verso le stelle, era forse per questo che il sguardo sembrò più luminoso che mai. Strappai un fiorellino alla mia sinistra e lo incastrai sulle sue labbra, lui di tutta risposta lo spinse via con la lingua e aggrottò le sopracciglia.
«I miei genitori sono morti.» dissi semplicemente.
Lui spalancò gli occhi e si sollevò sui gomiti, senza aprir bocca. «Sono morti più di un anno fa, in un incidente stradale. Ecco perché non erano a casa.»
Scosse la testa e sbuffò. «Sono stufo di tutte le tue bugie, non credo più a nulla di tutto ciò che dici.» mi sdraiai di spalle e non risposi.
«Perché lo fai? Per avere un po' di compassione? Cazzo! Avevi detto che erano con te, in ospedale.»
«Lo erano, nella mia mente.» il mio tono di voce era basso, chiusi gli occhi.
«Ci avevo creduto alla storia del coma, era davvero una stronzata, come avevi detto?» alzò la voce con rabbia, io mantenni un tono basso, forse anche più di prima, come un sussurro. «No.»
Sorrise sarcasticamente e si passò una mano fra i capelli, poi mi fissò «dimmelo, ti prego. Perché dici delle cose e subito dopo affermi che non sono vere?»
«Regalo diverse versioni, cosicché ognuno possa scegliere quella che più preferisce.» scrollai le spalle tranquillo.
Louis tornò giù, sostenendo la testa solo con un braccio piegato, mi girò il viso con la mano libera stringendomi forte la mandibola, si avvicinò ferocemente a me, il mio riflesso principale fu quello si cercare di girare il volto per scansarmi da lui, dico "cercare", proprio perché lui me lo impedì, ma non si avvicinò ulteriormente.
«Baciami, ti prego.» disse solamente. Nessuno dei due batté le palpebre per parecchi secondi, fissando le pupille come per poter leggere dentro una qualsivoglia emozione, sfiorò le mie labbra, io rimasi immobile, fisso nel suo sguardo. «ti prego.» insistette, da parte mia nessuna emozione esternata, nessuna apparente voglia di contatto, solo una profondità infinita nella quale perdersi, proprio dentro i miei occhi, come fossero un burrone senza fondo in cui precipitare senza fine, seguendo diversi punti di vista, qualcun altro avrebbe potuto definirli ... vuoti.
«Baciami.»
Quell'ultima volta la sua voce fu un fruscio, come fosse vento che dritto sulle mie labbra, ne passò attraverso addentrandosi al mio interno per poi increspare sull'onda gigantesca del mio cuore creando un rombo sordo. Serrai gli occhi, fu una fitta atroce che si irradiò su tutto il petto; quell'ultima parola esalata come un respiro sulle mie labbra, le fece muovere a ritmo delle sue, con una lentezza estremamente straziante, ma che una volta dentro me cullò il mio animo distrutto e malinconico.
Credo che quelle parole riuscirono addirittura a ballare un lento con esso. Deglutii e gonfiai il mio petto d'aria, protesi la testa avanti e premetti le mie labbra alle sue; dopo una serie indefinita di baci sfiorati che quasi solleticavano le nostre bocche, lasciammo che le nostre lingue si incontrassero.
Era un bacio caldo, lo apprezzai molto poiché la temperatura bassa aveva decisamente raffreddato il mio viso, la sensazione fu tanto speciale da farmi rabbrividire. La mia mano destra strinse l'erba sotto di essa in un pugno, la sinistra era serenamente poggiata sul mio ventre, che con un respiro regolare si gonfiava e sgonfiava accompagnato dai battiti abbastanza rumorosi del mio cuore. Sicuramente lui non poteva sentirli, ma io sì.
La sua mano, invece, dapprima sulla mia mandibola, si spostò verso la guancia e l'accarezzò con la punta delle dita, delicatamente; per riflesso piegai il viso incastrandola tra la mia spalla e la gota stessa, accennai un lieve sorriso, la sua mano continuò il suo viaggio verso i miei capelli, ci passò attraverso pettinandoli con le dita, lo fissai intensamente per pochi secondi prima di abbassare lo sguardo osservando l'apparente vuoto davanti a me. Per tutta risposta lui mi tirò verso il suo petto, poggiai la testa e chiusi gli occhi abbandonandomi al suono melodico del suo cuore.
«Io ci credo alla tua storia.» spezzò il silenzio, poi continuò non ottenendo risposta da parte mia «cos'altro tieni nascosto?» mi solleticò sorridendo ma lo colpii al braccio.
«Niente.»
«Non prendermi in giro. Posso proteggerti.» mi baciò la fronte e mi sollevai sulle ginocchia per prendere una sigaretta, mormorai fra me e me.
«Dite tutti così, o sono stato io a beccare due stronzi tra milioni di persone?» mi sedetti dandogli le spalle, le mie sopracciglia erano aggrottate e il mio atteggiamento più scontroso che mai, magari per via della vulnerabilità che mi sovrastava al momento.
«Per quale assurdo motivo sarei uno stronzo?»
«Mi hai detto che puoi proteggermi.» risposi sommessamente con la sigaretta incastrata tra le labbra. «dite tutti così.»
«Io non sono tutti.» rispose freddo.
«Dicono tutti anche questo.» lo sentii buttarsi al collo da dietro, mi mise una mano davanti la bocca, mi scansai e mi girai a guardarlo.
«All'età di sedici anni ho avuto problemi con la droga.» sputai fuori il fumo e feci una smorfia facciale «o magari la droga ha avuto problemi con me, non l'ho ancora capito. Non era un buon periodo, avevo conosciuto Christopher, me ne ero innamorato follemente, lui aveva qualche anno in più di me. Mi ha trascinato con lui in una cerchia di persone non molto affidabili, ero ingenuo. Lui era affascinante, misterioso, non mi faceva pensare a tutti quei problemi adolescenziali che si hanno, capisci no? I genitori, la scuola, la vita in generale; piccole stronzate da sedicenni. Io lo amavo, ma per lui ero solo una scopata occasionale. Un giorno, gli ho rinfacciato tutto ciò che provavo, gliel'ho urlato in faccia e l'ho spinto con rabbia; lui mi ha semplicemente risposto che ero un bambino stupido e psicopatico e che non aveva tempo da perdere con me.»
Mi passai una mano tra i capelli e calciai via col dito il mozzicone di sigaretta ormai spento.
«Avrei fatto di tutto per non perderlo, così ho finto che nulla fosse mai successo e ho continuato a farmi usare. Ma dentro di me, era come se avesse frantumato tutto, comprese le ossa, preso dal dolore ho cominciato a farmi. Il nostro rapporto è parecchio migliorato in quel periodo, semplicemente perché era sempre fatto anche lui, non ricordo nulla sai? Se ci penso, stavo così fuori che è come se nulla fosse mai esistito. Un giorno ho rischiato la pelle, ho tirato della coca probabilmente tagliata male, ero con lui, questo lo ricordo, ma se l'è data a gambe lasciandomi lì da solo. Credo che dai sensi di colpa abbia chiamato l'ambulanza, perché altrimenti non mi spiego come mi abbiano soccorso. Mia madre da quel momento mi ha vietato di vederlo, mi ha chiuso in un centro di riabilitazione, per due anni non ho avuto sue notizie, l'ho pensato ogni cazzo di giorno. Lui non è venuto a trovarmi nemmeno una volta, era come scomparso. In quegli anni i miei genitori hanno perso la vita, un camionista si è addormentato alla guida andando addosso alla loro auto. A diciotto anni sono scappato di casa per andare a cercare Christopher e incredibilmente, informandomi con delle persone che facevano parte della sua cerchia - persone che mi sorprende siano ancora vive - ho scoperto dove abitasse. Sono andato a trovarlo e l'ho trovato su una poltrona, addormentato, con una siringa penzolante infilzata sul braccio.»
Il mio sguardo era perso nel vuoto, mi resi conto che delle lacrime scesero indipendenti rigando le mie guance, senza nemmeno aver strizzato gli occhi. Estrassi nuovamente il pacchetto di sigarette dalla tasca ma Louis mi fermò.
«Basta fumo.»
«Lasciami.» lo strattonai liberandomi, ma posai ugualmente il pacchetto nella tasca evitando di fumare ancora.
«Beh, era ancora vivo?» chiese timidamente. Sorrisi sarcastico
«Era vivo, l'ho soccorso. Ho passato la notte con lui, non ho chiuso occhio quella notte perché avevo paura di non sentirlo più respirare. Il mattino dopo si è svegliato e mi ha buttato fuori casa a calci in culo urlandomi di non farmi vedere più.» il mio tono era furioso e tirai un pugno sul terreno.
«Lo ami ancora?»
Non risposi.
«Non mi capita mai di pensare a lui e associarlo a tutto questo, è come se con lui avessi vissuto una storia da me totalmente inventata, tutto ciò che immaginavo di fare insieme a lui quando ero solo.»
«Perché hai continuato ad amare qualcuno che non ti rendeva felice?» mi poggiò una mano sulla gamba accarezzandola col pollice. «Non lo so.» scossi la testa e mi sdraiai buttando le braccia indietro.
«Ho ripreso a drogarmi dopo quella volta, avevo gli occhi gonfi dal troppo pianto, le occhiaie più profonde di quelle che vedi adesso, non dormivo. Non mangiavo. Ho tentato il suicidio a diciannove anni, mi sono impasticcato sperando di non risvegliarmi più, non credo in dio sai? Ma ogni sera ho pregato chiunque, purché non mi risvegliassi più. Mesi fa, ho scoperto che Chris era tornato in città, l'ho cercato e di fronte ai suoi amici, mi sono inginocchiato a lui e l'ho pregato piangendo di tornare. Uno di loro aveva un coltellino e mi ha minacciato, avevo paura, ma poi Chris glielo ha strappato dalle mani e si è avvicinato a me, me lo ha puntato alla gola e mi ha detto all'orecchio "se ti fai vedere un'altra volta giuro che ti apro la gola". Poi è andato via. Da quel momento ho smesso di aver paura, qualunque cosa accadesse; dopo una settimana circa, tre dei suoi amici mi hanno pestato a sangue. Forse qualche buon uomo, vedendomi immerso in una pozza di sangue ha avuto pietà di me e ha chiamato un'ambulanza.»
I suoi occhi erano puntati sui miei, che a loro volta osservavano le stelle, si sdraiò al mio fianco e iniziò ad accarezzarmi il petto lentamente.
«Ho urlato quando ho aperto gli occhi, l'ultima cosa che mi era saltata in mente quando quei tre mi sono saltati addosso era: "finalmente". Ma poi mi sono svegliato e l'incubo non era finito. Mi hanno affibbiato uno strizzacervelli con la quale mi sono rifiutato di parlare.
Non ho mai fatto il loro nome, ho preso tutto e sono andato via da quel posto. Non sono iscritto a scuola, frequento da uditore, giusto per tenermi impegnato. Per questo potrei anche non andarci.»
«Cazzo. Hai chiuso definitivamente con la droga?»
«Ci provo. A volte la tentazione torna.» sollevai le spalle, mi sentii improvvisamente più leggero, libero da qualche macigno che albergava nel mio animo occupandolo completamente.
«Per Christopher?»
«No.» risposi immediatamente «non più. Ma cazzo, capisci? Qual è esattamente lo scopo della mia vita? Ho perso la voglia di provarci Louis.»
In pochi secondi si tirò su e si sedette sul mio ventre davanti il mio sguardo sconcertato, mi mise le mani sulle spalle e sorrise, si piegò davanti e posò un leggero, fugace, bacio sulle mie labbra. Lo strinsi a me, per la prima volta non ero io ad essere coccolato, ma qualcun altro fra le mie braccia.

Passammo la notte tra chiacchiere e accennate risate. Mi sorprese notare che nonostante non avessi dormito, come quasi tutte le notti, quella volta non piansi, né tentai disperatamente di trovare un modo per farla finita coraggiosamente. Ero sereno.

Between nowhere and goodbyeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora