7.

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Caldo.
Sentii estremamente caldo, rigirai la testa a destra e sinistra, poi aprii gli occhi. Corrucciai le sopracciglia tristemente, pensai che dovessi essere estremamente sfortunato, non poteva essere vero.
Lanciai uno sguardo rapido verso la finestra, c'era un buio pesto, per cui dovevamo essere in piena notte. Alla mia destra su una seggiolina di legno si trovava Louis,dormiva beatamente sorrisi, era una visione paradisiaca, un angelo.
Mi alzai senza far rumore ed uscii dalla stanza portandomi dietro l'asta nella quale era appesa un ampolla di vetro, ero certo fosse un antidolorifico e ancora più certo che fosse morfina, andai nella grande terrazza dell'ospedale che trovai solo dopo aver gironzolato un po', avevo bisogno di una sigaretta, urgentemente.
Proprio mentre cercavo di rilassarmi affacciato al muretto dell'ospedale, sentii delle forti urla provenire dall'interno, la voce era ben riconoscibile. Cercai di camminare quanto più veloce possibile, quell'antidolorifico mi stordì tremendamente;
«Pss. Lou, sono qui, chiudi quella cazzo di fogna.»
Corse verso di me e in un secondo mi apparvero in mente una miriade di immagini e romantiche scene secondo la quale lui mi sarebbe saltato addosso dolcemente e mi avrebbe riempito di teneri baci. Peccato fosse solo immaginazione, mi arrivo un fortissimo pugno sullo stomaco e mi ritrovai al muro con le sue mani al collo.
«Se non rischiassi l'ergastolo, giuro che ti farei fuori.» disse sibilando a due centimetri dal viso.
«Potevi lasciarmi lì per terra, avresti scansato il problema.» dissi tossendo soffocato. Tolse le mani dal collo, io strofinai una mano aperta sul ventre massaggiandolo.
«Se non fossi tornato indietro, saresti morto, non so se riesci a comprenderlo.»
«Non proprio, questa roba è potentissima.» risposi con strafottenza indicando la morfina. Lui scosse la testa e si diresse fuori verso il muretto.
«Dovevi lasciarmi morire! Perché non hai lasciato che morissi.» gli urlai dietro piangendo. «Adesso sarà un casino Lou, volevo solo liberarmi.»
Si avvicinò a me con passo veloce e afferrò il mio viso con una mano dalle guance «la notte.» il suo tono era infuriato e i suoi occhi sprizzavano veleno, erano fissi sui miei; mi accigliai non capendo cosa volesse dirmi, inizialmente, pochi secondi dopo il mio viso si rilasso. Capii il significato delle sue parole, le nostre labbra si unirono in un bacio amaro, fu voluto da entrambi di fatti i volti si incontrarono a metà tragitto, morsi il suo labbro inferiore, sentii il sapore caratteristico del sangue poco dopo.
Una folata di vento ci venne addosso.
«Odio il fatto che i nostri baci sembrino usciti da un film e poi la nostra relazione è un totale casino.» dissi sulle sue labbra tra un bacio e l'altro, lo sentii sorridere.
«Senti Lou, probabilmente ti sei già posto il problema, ma volevo ricordarti che di notte non c'è il sole. Sei sicuro di volere una vita senza?»
Mugugnò guardando verso l'alto con fare pensieroso «credo di sì, d'altronde, è di notte che si vivono le più grandi emozioni, che si vedono le stelle.»
«Non voglio star qui, andiamo via.» lo tirai per un braccio, ma lui fece forza e rimase fermo «sei impazzito? Ti sei squarciato un braccio in profondità, senza quella cosa non andresti tanto lontano. E poi devi farti medicare, sono certo che domani ti dimetteranno. Passiamo la notte insieme qui.»
«Non posso passarla nel modo che vorrei.» sfrecciai una frecciatina provocatoria e alzai le sopracciglia.
Mi colpì sulla spalla ridendo.

Inutile dire che non riuscii a dormire quella notte, finito l'effetto della morfina avvertii un dolore lancinante al braccio, insopportabile. Inoltre avendo dormito dal pomeriggio precedente era impossibile farlo ancora, per uno come me che non dormiva mai, poi.
Non ebbi il coraggio di svegliare Louis, che dormiva beatamente sul mio petto. Accesi la televisione e abbassai il volume, sperando che almeno così la notte sarebbe passata in fretta.

•••

Come pensammo, mi dimisero la mattina stessa, il mio primo pensiero fu quello di dover tornare nuovamente in quell'incubo.
«Lou.» dissi varcata l'entrata dell'ospedale «io non me la sento di star qui, perdonami.»
«Harold, ragiona per favore, ora andremo a casa, ci rilasseremo e ci lasceremo alle spalle tutto ciò che è successo.»
Scossi la testa colpevole «non posso. Io ho bisogno di andare, ricominciare. Quando sono venuto qui volevo farlo ma avevo troppi casini per la testa e guarda cos'è successo, non voglio ricadere nell'oblio.»
Gli presi il viso tra le mani e lo baciai tra gli occhi «sai cosa vorrei fare in questo preciso istante? Tornare a casa e iniettarmi quanta più merda possibile perché mi sembra di impazzire. Io cederei, so che mi farei tornando. Come faccio a ripulire casa da tutte le siringhe e tutta la polvere senza cedere alla tentazione?»
«Io ti aiuterei, non ti abbandono. Non capisco, vuoi lasciarmi e andartene?»
«Voglio che tu venga con me. Se deciderai di non venire, io rimarrò qui ma ... »
Mi interruppe sospirando, si voltò dandomi le spalle «lo sai che non posso muovermi da qui, come faccio con i miei genitori? E poi non abbiamo nemmeno un po' di soldi da parte.»
«Li troveremo. I miei nonni mi hanno dato qualcosa e per adesso basta.» dissi convincente.
«Harold ...»
Louis però, non sembrò per nulla convinto, purtroppo. L'idea di ricominciare da capo stava andando sempre più in frantumi.
«Fidati di me, ti prego. Ti prometto che non te ne pentirai.»
«Se questa cosa non funziona, io non potrò mai più entrare a casa. Come faccio a mollare tutto, casa e scuola, per vivere all'avventura?» persi totalmente la speranza e sospirai chinando il capo.
«Non voglio costringerti.»
«E io non voglio rinunciare a tutti i miei sogni e soprattutto alla mia famiglia.» disse dispiaciuto, io annuii guardando altrove; sarei rimasto.

Between nowhere and goodbyeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora