Part 3.

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Sudai copiosamente per tutto il tempo in cui dovetti aspettare che le loro ordinazioni arrivassero, disobbedendo al re del pop, dato che non avevo voglia di soddisfare un suo capriccio, se così lo possiamo definire. A mano a mano che servivo, sentivo sempre di più la pressione che il suo sguardo mi lasciava trapelare ogni volta che si posava sul mio corpo che si muoveva velocemente fra i tavoli.
Fu l'ultimo a cui arrivò l'ordinazione e quando gliela posai davanti mi sussurrò un dolcissimo ma presuntuoso grazie.
"Mr Jackson, se lei o i suoi colleghi avete bisogno di me fatemi chiamare"
Mi guardò intensamente, con un luccichio di malizia e desiderio.
"Ti avevo detto di prendere qualcosa per te, signorina".
Lo disse come se fosse stato mia madre dopo che non avevo toccato cibo per giorni.
"Non ho fame" balbettai, estremamente in imbarazzo mentre sentivo il viso accaldarsi sotto il suo quasi imponente sguardo. Si girò indietro, verso il tavolo vuoto alle sue spalle. Con un gemito spontaneo prese la sedia con una mano, la mise proprio accanto a lui che si spostò di qualche centimetro con la sedia.
"Sai," iniziò posando la sedia proprio accanto a lui "non mi piace essere contraddetto, né mi piace essere ignorato, né mi piace quando qualcuno disobbedisce. Non mi piace nemmeno essere rifiutato, se fossi stata un'altra non ti avrei nemmeno più parlato, probabilmente. Quindi siediti, sto solo facendo il gentile".
Rimasi un po' basita dal modo in cui i suoi occhi, dacché prima pieni d'amore e gentilezza, erano diventati come due fuochi ardenti nelle notti d'inverno.
E si sa che il fuoco ti attrae quando ne hai bisogno e hai freddo.
Come un burattino mi sedetti accanto a lui, completamente rapita da quell'uomo esile, ma dotato di così grande forza da mettermi ai suoi piedi. Era riuscito a controllarmi come nessuno aveva mai fatto, e aveva capito quale era il mio punto debole. Il suo sguardo mi aveva rapita, tanto da farmi sentire come un uccellino ingabbiato nei suoi occhi, neri come la pece. In poco tempo aveva sconvolto la mia mente, cominciavo a fantasticare su cose che, molto probabilmente, mai sarebbero accadute.
Eppure lui mi dava quella sensazione, quella grandiosa sicurezza che tutto sarebbe andato come lo immaginavo.
Mai mi ero interessata alla sua immagine, mai mi ero interessata alla sua musica in modo particolare, mi bastava già sentire le sue canzoni in ripetizione alla radio. Sapevo fosse un grande ballerino, avevo imparato un sacco da lui. Sapevo fosse strabiliante, uno di quelli che ti cattura al primo sguardo, e te ne innamori subito, ma non pensavo fosse davvero così. Non mi azzarderei a dire che il mio fu un colpo di fulmine, il suo probabilmente solo un approccio con una bella ragazza bionda dal fisico da ballerina. Probabilmente non era la prima volta che faceva così, anzi ne ero sicura.
Il mio tumulto di emozioni insieme alle farfalle allo stomaco vennero placate da lui stesso, che mi distolse da pensieri che mai avrei pensato di fare.
"Come ti chiami? Avri?"
"Esatto, mr Jackson"
"E posso sapere il nome completo?"
Non so perché ma esitai, mi fermai a guardare la sua mano che impugnava una forchetta ancora pulita.
"Dato che se disobbedisco lei si arrabbia o si potrebbe offendere, le dirò con piacere il mio nome completo. Mi chiamo Avri Jeanne McConnell, mr Jackson".
Trovai il coraggio di rispondere alla sua grandissima provocazione.
"Va bene, Avri Jeanne. Hai fame ora?"
"Per lo stesso motivo di prima, le rispondo che ho fame"
Rise, e quel suono lieve e soffocato mi fece sciogliere, il cuore accelerò, e le farfalle nel mio stomaco mi chiesero pietà.
"Sei divertente, mh?"
"Secondo lei?"
"Sì. Inizi a starmi simpatica. Mi piacciono le ragazze come te"
"Come sono?"
Furono i miei occhi verdi a porlo sotto pressione, nonostante lui continuasse inutilmente a sfidarmi. Eravamo come due titani in uno scontro finale.
"Te lo dirò una volta finito con te"
Tentò di risalire il gradino della superiorità lasciando che io indietreggiassi.
Trattenni un lieve sorriso e guardai in basso per non farmi vedere.
"Quanti anni hai, Avri Jeanne?"
"19"
Quasi il cibo gli andò di traverso e annuì col capo, come meravigliato.
"Non vai a scuola?"
"Ho finito l'anno scorso il liceo, con onori"
"Complimenti. Ma al college?"
"È per questo che mi ritrovo a parlare qui con lei e a servirla, mr Jackson. Non ci tengo minimamente ad avere altri clienti sgarbati come lei"
"Che gran complimento, Avri Jeanne. E i tuoi genitori?"
"Mia madre è disoccupata, mio padre è un carpentiere"
"Immagino sia dura" si fece serio, direi per un tratto anche dispiaciuto.
A me non serviva che una superstars avesse pena di me.
"Mh" mi limitai a borbottare.
Mise il piatto fra me e lui, con le mani mi disse di favorire, ma scossi il capo.
"Avanti, mangia. Sei magrolina"
"Anche lei, mr Jackson"
"Michael, chiamami Michael, e dammi del tu. Non mi piace essere formale con le belle ragazze" il suo sorriso illuminò quel tratto brevissimo di tempo, e diventò il momento più bello della mia vita adolescenziale.
"Non sono troppo piccola per te, Michael?"
"Piccola?"
"Immagino questa sia una delle tue tecniche per approcciare povere e ingenue ragazze che sono sempre disposte a cadere ai tuoi piedi, no? Tu sei una superstar, affascinante, carino, con un sorriso meraviglioso, chi non vorrebbe stare con te per un po'?"
Scoppiò a ridere e scosse il capo in senso di disapprovazione, facendomi sentire ancora più ingenua e stupida di quanto già non mi sentissi.
Quel dolce suono mi rimbombò nelle orecchie come un tormentone che passa almeno dieci volte alla radio, ogni giorno. Magari una canzone senza tempo, che non ti stanchi mai di sentire.
"Mi trovi così pervertito? Do davvero questa impressione?"
"Supposizioni. Se non è così mi scuso"
"Mi piaci" il suo sguardo di nuovo si posò su di me, aveva un mezzo sorriso pronto da sfoggiare.
"Sei l'unica fino ad ora che ha avuto il coraggio di parlarmi così, escludendo, ovviamente, i razzisti"
"È solo un assaggio, Michael"
"Ho tutto il tempo di ascoltarti, adoro il tuo timbro di voce. Prego"
"Sei arrogante, come qualsiasi cliente che abbia messo piede in questo ristorante schifoso. Sei prepotente, polemico, egocentrico, testardo e, credo, anche uno sfruttatore e manipolatore" Annuì soddisfatto, continuando a mangiare tranquillamente, come se gli avessi detto nulla di offensivo.
"Meraviglioso. Altro da aggiungere?"
Sì, altro. Sei l'uomo più affascinante che io abbia mai avuto l'onore di incontrare, il più bello e gentile, l'uomo più incompreso del mondo che tutti dipingono come un uomo pazzo, bizzarro, ma che è in realtà uno dei più buoni, solitari che io conosca
"No, per ora no"
"Posso invece dirti la mia sul tuo conto?"
"Non aspetto altro"
Si schiarì la voce, trattenne un sorrisetto da furbo e continuò a guardare e mangiare tranquillamente.
"Sei bellissima, intelligente, intuitiva, particolarmente coraggiosa, forte, vivace, e sì, anche tu sei testarda e appari arrogante, ma non lo sei davvero. Ti crei quest'immagine che non si addice neanche lontanamente alla ragazza stupenda che sei. E sappi che riuscirò a distruggere l'armatura che hai addosso pur di conquistarti"
Oh, Michael, tu mi hai già conquistata.
"Vai a servire altri tavoli ora, prego" diventò improvvisamente austero, serio, direi arrabbiato. Feci come mi aveva chiesto, mi alzai senza dir nulla, mi allontanai, scossa da quella sua reazione. Attesi che finissero, mentre tenevo gli occhi puntati su ogni suo movimento. Era impacciato, ma allo stesso tempo troppo sicuro di sé.
Quando ebbero finito si alzarono tutti, tranne lui, che attese un po' lì seduto.
"Avri Jeanne, è stato bello chiacchierare con te" si alzò e mi lasciò la mancia sul tavolo, sorridendo dolcemente.
"Per il college. Ci vediamo"

Da quel giorno passarono ben due lunghissime settimane, fra lavoro, danza, famiglia, ovvero fratelli a cui badare. Ne avevo due: un maschio, tre anni più piccolo di me, di nome Derek, e una sorella, Roxanne, due anni più grande di me. Derek era probabilmente il più grande ribelle che avessi mai incontrato, e nei suoi sedici anni di vita aveva combinato più guai che guai, gettando una brutta nomina sulla capacità dei miei genitori di educare i propri figli. Roxanne era una grande conquistatrice di uomini, una che ci sapeva fare, sapeva giocare con loro, capace manipolarli pur di ottenere qualsiasi cosa gli passasse per la mente. Era elegante, bella, ben curata, una donna seducente.
Poi c'ero io, studiosa, una che lavorava sodo pur di soddisfare i genitori, bassina, un po' trascurata quando ero in casa differenza di Roxanne, sempre perfetta.
Proprio mentre uscivo dalla doccia quel giorno, sentii bussare alla porta di casa con un po' di violenza.
"Derek! Vai ad aprire!" urlai per farmi sentire, mentre mettevo l'accappatoio e sentivo dei passi fuori la mia porta. "Derek!"
"Vado io" sbuffò Roxanne, costretta ad alzarsi per fare qualcosa in quella maledetta casa.
Mi vestii il più in fretta possibile, quando Roxanne sbatté la porta di casa e la corse nella mia camera, sconvolta, con gli occhi sgranati.
"Che c'è, mi sto vestendo" la guardai strano, tra divertimento e imbarazzo.
"Perché c'è Michael Jackson alla porta che ha chiesto di te?"
Sgranai gli occhi, mi si mozzò il respiro, con gli occhi sbarrati fissai mia sorella.
"No, era un sogno. Magari vado a ricontrollare"
"Aspetta" mi infilai la prima t-shirt che avevo fra le mani, corsi verso la porta facendo a gara con Roxanne per arrivare prima.
Riuscii ad aprire la porta e lui sussultò un attimo, alzando su di me lo sguardo nascosto dietro due lenti nere.
"Oh, stavo per andarmene. Buonasera" "Buonasera" Roxanne si buttò davanti a me con fare sensuale.
"Ciao. Non mi sembri Avri Jeanne. Sto cercando lei"
Trattenni un sorriso da superiore e soddisfatto, mentre Roxanne, sconfitta, si faceva più in là.
"Ciao" mormorai.
"Beh? Mi fai entrare o rimango qui?"
"Entra"
Il suo profumo mi inebriò le narici e la sua ferma snella mi fece aumentare le farfalle allo stomaco.
"Che bella casa. Mi piace come è arredata. Ci sono i tuoi genitori?"
"Li vedi?"
Sorrise.
"Sempre la solita persona disponibile e gentile, mh?"
"Già. Che posso offrirti?"
"Parlate come se vi conosceste da una vita" esclamò Roxanne sconvolta.
"Già. Allora? Che vuoi?"
"Vediamo se indovini"
"Non lo so. Succo?"
"All'arancia, grazie" si sedette al tavolo della cucina con un sorrisino da vincitore. Mi allontanai verso il frigorifero e venni raggiunta da Roxanne, che gesticolando nervosamente mi chiese dove l' avessi conosciuto.
"È una lunga storia" mi limitai a dire, lei chiuse per me il frigorifero e guardò Michael, che picchiettava le dita sul legno del tavolo.
"Tu ora me lo dici"
"Dopo!" posai il bicchiere pieno davanti a lui, che accennò con la testa e mi ringraziò.
"Tu sei?" chiese a mia sorella che con fare sensuale si sedeva accanto a lui. Girai gli occhi al cielo e presi posto anch'io, di fronte a lui.
"Sono la sorella di Avri, Roxanne. Piacere" "Piacere. Che sei antipatica come lei?"
"Se sei venuto qui per continuare a dirmelo te ne puoi anche andare"
"Stavo scherzando, mio dio. Mi cacceresti da casa tua?"
"Perché no? Ho ottimi motivi per farlo"
Si tolse gli occhiali, come a minacciarmi, si passò la lingua fra le labbra e mi guardò dritto negli occhi, piegandosi un po' sul lato sinistro.
"Mi piaci, Avri Jeanne. Mi piacciono le sfide" sussurrò, per poi rimettersi dritto.
Quel sussurro mi bloccò il respiro. Lo fissai per tutto il tempo, lui non diede cenno di soggezione.
"Vieni così alla cena?" chiese guardando le mie gambe scoperte.
"Quale cena?"
"La nostra cena. Un appuntamento galante io e te"
"Non esco con gli sconosciuti"
"È un modo per conoscerci, no? Non ti piacerebbe stare con me?"
Sorrisi e con un cenno di disapprovazione mi alzai.
"Mi dai il tempo di cambiarmi?"
"Tutto il tempo che vuoi"



Mi scuso per l'assenza ma con tutta sincerità non ho avuto la forza di scrivere.
Enjoy :)

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