Capitolo 1.

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Temo la morte. Penso che la temino tutti. Dai più piccoli ai più anziani. Ma io? Io la temo particolarmente. Da piccola correvo da mia mamma, la notte, e la supplicavo di non morire. La supplicavo di rimanere con me. Avevo paura di svegliarmi, il mattino seguente, e di non trovarla più. Era un incubo che, purtroppo, è divenuto realtà. Mia mamma è morta. Se ne è andata poco tempo dopo, lasciandomi in balìa di una vita troppo difficile da gestire. Non so perchè, ma ho sempre pensato che, in parte, sia stata colpa mia. A furia di pregare, non ho fatto altro che spingerla nella direzione opposta. L'ho allontanata con la mia paranoia. L'ho allontanata con la mia morbosità. L'ho stancata, quando in realtà, papà non faceva altro che ripetermi di lasciarla in pace. Di farla riposare.
Lungo andare, ho perso anche lui. Era troppo depresso, dopo la sua dipartita. Affogava i suoi dispiaceri nell'alcool, nelle sigarette e in passatempi poco raccomandabili. Così, si è trasferito dall'altra parte del Paese. Ora? Ora sono da sola. Di tanto in tanto la mia vicina di casa, una signora sulla sessantina, vedova e piena di gatti, passa a fare un saluto. Ma per il resto? Non ho nessuno. E in parte, è colpa mia. Allontano chiunque mi si avvicini. I pochi amici che ho sanno ben poco di me, quasi nulla. Ma come biasimarli? Ho imparato a tenere a debita distanza le persone che mi circondano. Non voglio la loro pietà. Se c'è una cosa che non sopporto, sono gli sguardi di compassione che, di tanto in tanto, vedo sul viso di chi è dispiaciuto. Probabilmente crollerei. Ed io non devo crollare. Devo rimanere forte per mia madre, perchè, ne sono sicura, lei non vorrebbe altro, se non questo. Non piango dal giorno del suo funerale. Dal giorno in cui ho imparato a mentire.

"Skyler?"
La voce di Rebecca, l'amica più cara che, al momento, possiedo, mi catapulta nel presente, distogliendomi dai pensieri indisciplinati in cui ero precipitata. Tra qualche giorno è l'anniversario della sua morte, ma questo lei non può saperlo. Rebecca, come del resto tutti gli altri, pensano che sia andata in Europa a divertirsi con l'amante di turno. È un'immagine orribile, lo so, ma al momento non mi era venuto in mente niente di meglio. Non sono brava a mentire, se sotto pressione. E in quel momento, credetemi, di pressione ce n'era tanta.
Molto tempo fa, mi sono imposta di non pensare a lei. Non per cattiveria, ma per sopravvivenza. So che, bene o male, lei sarà sempre con me. Ed è grazie a questa convinzione che, seppur duramente, vado avanti.
Mi scosto una ciocca di capelli dal viso, attorcigliandola tra le dita.
"Mh?"
"Cosa ne pensi?"
La guardo accigliata. Non ho la più pallida idea di cosa stia parlando. Disegno cerchi immaginari sulla tovaglietta del tavolo, distraendomi per l'ennesima volta. Accidenti, se continuo così, non arriverò a fine giornata. Mi mordo il labbro inferiore, assumendo un'espressione colpevole.
Rebecca inarca un sopracciglio, dischiudendo di poco le labbra per sbuffare.
"Lasciami indovinare," solleva l'indice, per non essere interrotta, "non mi stavi neanche ascoltando."
Mi stringo nelle spalle, sbattendo le ciglia ad un ritmo frenetico. Lo sguardo da cerbiatto funziona. Sempre. Soprattutto con lei. Ed io questo lo so bene.
"Questa volta non attacca, Sky. Hai sempre la testa tra le nuvole. Si può sapere che succede?"
La sua domanda mi spiazza. E ora? Cosa mi invento? Altre bugie che si accumulano.
"Ma no, niente. Il test di venerdì non sarà semplice e Mrs. Dixon non fa altro che metterci i bastoni tra le ruote. Sono solo un po' agitata. Tutto qui."
Rebecca annuisce comprensiva, allungando una mano nella mia direzione per interrompere i gesti ossessivo-compulsivi delle mie dita sul centrino del bar.
"Mi dispiace, Sky." Mi dispiace? Cavolo, sono io che dovrei scusarmi, non lei.
Mi limito a fare spallucce, senza rispondere. Non saprei neanche cosa dire, probabilmente. Per fortuna, è Rebecca a cambiare discorso.
"Comunque.." si schiarisce la voce, appiattendo le labbra, "tornando al discorso di prima. Cosa ne pensi del ragazzo nuovo?" "Quale ragazzo nuovo?"
"Oh, andiamo. Mi prendi in giro?"
Scuoto il viso con enfasi.
"Quello del terzo anno. A quanto dicono è stato espulso dal college in cui andava e l'hanno trasferito qui. È carino. Molto."
L'espressione maliziosa che leggo sul suo volto, mi fa indietreggiare con la sedia. Qualunque cosa stia pensando, non promette nulla di buono. La missione "troviamo un ragazzo a Skyler" è appena cominciata. E il mio umore sta colando a picco. Metto le mani avanti, con voce autoritaria.
"Rebecca Marshall, cancella quel sorriso dalle labbra. Non accadrà mai. Non so neanche chi sia, figuriamoci."
La verità è che non voglio impegnarmi. Non voglio scaricare su qualcun altro i problemi di cui mi nutro. Non ne sarei capace. Scuoto nuovamente il viso, riflettendo sulle conseguenze di una possibile relazione.
"Se vuoi te lo presento. Sta entrando propr.."
La interrompo, alzando il palmo della mano verso l'alto.
"Non ci provare." Mormoro, a denti stretti.
"Harry, Harry, qui." Senza che io me ne renda conto, Rebecca agita il braccio da una parte all'altra, rendendosi più che visibile. La voce squillante e del tutto innaturale ne sono una prova. Mentre io? Io vorrei scomparire. Abbasso lo sguardo sulle mie dita intrecciate, digrignando i denti e dandole, alla bene in meglio, un calcio sullo stinco. Non mi è mai piaciuto l'egocentrismo. O meglio, ho sempre cercato attenzioni, ma, allo stesso tempo, le ho sempre rifiutate. "Casino" è il mio secondo nome.
Harry si avvicina con passo felpato, le mani nelle tasche ed un cappellino da baseball calcato sulla testa. Faccio scivolare lo sguardo dal suo petto muscoloso ai suoi occhi. Sono dello stesso colore dell'erba di campo, leggermente screziati di smeraldo. Rimango imbambolata per non so quanto. Secondi? Minuti forse. Due dita schioccano davanti a me, facendomi sobbalzare.
"Skyler." Bisbiglia tra i denti Rebecca, sorridendo subito dopo in direzione di Harry. Mi accorgo di averlo fissato. E solo allora divento rossa come un peperone. Oddio. Mi riscuoto dai miei pensieri, scrollando lievemente le spalle.
"Ciao." Harry si accomoda accanto a me, di fronte a Rebecca, la quale ci guarda ammiccante.
"Faremo i conti dopo." Sussurro, sperando che soltanto lei mi abbia sentita.
"I conti?" Una voce maschile si insinua nell'aria, arrestando il passaggio di particelle e molecole. È un suono rauco, di chi fuma sigarette, con l'aggiunta di una tonalità profonda, decisa. Arrossisco violentemente per la seconda volta nel giro di pochi secondi, portandomi una ciocca di capelli davanti al viso, quasi a volermi nascondere. Che poi, è stato il mio obbiettivo fin dall'inizio. Mi alzo, afferrando la borsa a tracolla. Cerco di mantenere un profilo basso, fissandomi le scarpe.
"Si, una lunga storia. Ora, devo andare."
Con un cenno della mano rivolto a Rebecca, sfreccio via dal locale, come se fossi inseguita da qualcuno.

Appena entro in casa, cerco di riprendere fiato. Ho corso per due isolati e mezzo, scappando dalle mie insicurezze. Rebecca mi ha giocato un brutto scherzo, e per questo, ne pagherà le conseguenze con gli interessi. Non posso ancora credere che abbia permesso ad Harry di sedersi accanto a me. Non posso ancora credere che, in realtà, gli abbia permesso di raggiungerci. Lei non conosce la mia situazione, d'accordo, ma andiamo. Mai sentito parlare di sesto senso? Ecco, lei avrebbe dovuto usarlo. Appoggio le chiavi sul mobiletto in ingresso, insieme alla tracolla e al giubbotto di jeans. È aprile, ma le temperature non sono ancora ottimali. Sbuffo sonoramente, lasciandomi poi andare in un sospiro liberatorio. Posso farcela. Devo farcela.
Vado in camera mia, con tutta l'intenzione di fare i compiti per il giorno dopo. Lancio il cellulare sul letto spoglio, mettendomi poi a gambe incrociate sul materasso. Afferro il libro di chimica e lo apro. Munendomi poi di matita e gomma, inizio con i miei doveri universitari.

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Spazio autrice:
Bene, eccomi con il primo capitolo.
Aggiornerò ogni venerdì per questione di tempo e praticità. Fatemi sapere cosa ne pensate. Un bacio.
-A

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