Capitolo 5

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Mister Conte: Ehi piccoletta tutto bene?

Io: Mister, anzi meglio zio Antonio. Si tutto bene.

Antonio: Si molto meglio piccoletta mia. Beh a quanto vedo ti stai riprendendo a poco a poco e ne sono felice.

Io: si a poco a poco mi sto riprendendo. Grazie di tutto

Odio quando le persone ti ricordano cho che hai passato o fatto. È una cosa che non sopporto. Ma intanto tutti non fanno altro che ripetermi come sto e che mi devo riprendere, ma il bello loro non sanno cosa ho passato negli ultimi giorni. Non sanno che appena chiudo gli occhi rivivo tutto. Tutto da quello che è successo in camera fin quando non sono svenuta, a quando ho riaperto gli occhi la sera dopo e ho ritrovato mio padre accanto al mio letto piangere dandosi la colpa di tutto. Loro questo non lo sanno.

Sorrido ad Antonio e guardo i ragazzi che stanno per finire allenamento. Nel frattempo mi squilla il cellulare. Lo prendo dalla tasca e vedo che mio padre mi sta chiamando, avrà sicuramente visto la chiamata che gli avevo fatto. Rispondo e mi allontano dai campi per parlare con lui.

Mi manca da morire, in questo momento lo vorrei avere al mio fianco. Vorrei sentirmi dire da lui che tutto passa. Vorrei sentire il suo profumo, vorrei un suo abbraccio. Vorrei lui, il mio papino, vorrei sentire la sua voce, vorrei sentirmi chiamare con quel nomignolo che odio tanto, ma che allo stesso tempo amo tanto. Ma non è possibile io sono qua e lui e in Australia.

Finita la chiamata con luomo più importante della mia vita, con mio padre, ritorno al campo e vedo che i ragazzi stavano uscendo, ciò voleva dire che avevano finito e che tra poco saremmo tornati a casa. Seguo i ragazzi nel centro sportivo, loro vanno negli spogliatoi a docciarsi mentre io rimango nella hall, seduta a una poltroncina a cazzeggiare con il telefonino. Stranamente Stephan non aveva ancora risposto al messaggio, forse non lavrà letto. Certo che mi contradico da sola eh! Prima dico di odiarlo e poi mi chiedo perché non risponde ai messaggi. Coerenza zero.

Stephan. Beh è un bel ragazzo, ha degli occhi favolosi di un verde in cui ti ci perdi se li guardi a lungo. per non parlare del suo sorriso, delle labbra che vorrei baciare e mordere allo stesso tempo. No aspetta! Joanna ma che pensieri fai? Basta adesso la finisci. Non può piacerti quel crestone egocentrico va bene?

Ritorno in me nel momento in cui vedo arrivare Claudio con il borsone in spalla. Mi fa segno di seguirlo e lo faccio. Saliamo in macchina e cè un silenzio strano, di solito Claudio parla in continuazione, ride e scherza, ma sta sera non spiccica parola, né una battuta, niente. Che strano. Sarà successo sicuramente qualcosa negli spogliatoi. Magri qualche battuta di troppo, chi lo sa.

Il viaggio di ritorno procede silenzioso. Arriviamo a casa, parcheggia la macchina in garage ed entriamo in casa sempre in silenzio. Ad accogliere Claudio cerano i suoi figli e la moglie. Io andai direttamente in camera a poggiare i libri e a distendermi, ero stanchissima e tra laltro non avevo neanche voglia di cenare.

Verso le otto e mezza mi alzai dal letto per andare a prendere il mio solito cocktail di medicinali. Andai in cucina a prendere un bicchiere dacqua. mentre tornavo in camera Roberta mi chiamò per andare a mangiare ma io le risposi che non avevo fame, appena Claudio sentì questo si girò verso di me e mi guardò male, non gli andava giù che io saltassi i pasti. Ma io feci finta di niente e mi richiusi in camera.

Misi le cuffie e mi sdraiai sul letto nuovamente. Mi sentivo strana, triste e non riuscivo a capirne la causa. Decisi di distrarmi e inizia a girare sui social. Ma niente mi sentivo sempre quel peso sul petto, forse era per la telefonata di papà, o per il fatto che mi ero resa conto che mi mancava, non lo so. So soltanto che avevo questo peso enorme che mi opprimeva. Stranamente la musica non mi aiutava, spensi la musica e tolsi le cuffie, dopo di che bloccai il telefono e lo poggia sul letto affianco a me. Inizia a guardare il soffitto bianco sopra di me. Avevo una confusione in testa, e in più avevo paura di chiudere gli occhi.

A distrarmi fu qualcuno che aprì la mia porta, mi girai verso di essa e vidi venire da me il piccolo di casa Leo, lo presi in braccio e iniziai a fargli il solletico. Quanto è bello, la fotocopia della mamma. La sua risata risuona per la stanza e io inizio a sorridere insieme a lui.

Dopo qualche minuto arrivò in camera Roberta per prendere Leo per poterlo lavare e cambiare così lavrebbe messo a letto essendo che era tardi. Uscirono dalla stanza e io rimasi nuovamente sola con i miei pensieri che non mi davano tregua. Decisi di andare a fare una doccia per far sì il mio cervello smettesse di torturarmi almeno un po'. Dopo essere stata sotto lacqua calda per più di mezzora, mi asciugai e andai a mettere il pigiama che consisteva nella tuta di allenamento della squadra. Una volta indossata mi sdraia nel mio lettone e presi il cellulare per controllare se magari qualcuno mi avesse cercato, e ne approfittai per mandare un messaggio a papà avvertendolo che stavo andando a dormire e che ci saremmo sentiti appena mi sarei svegliata, concludendo il tutto con un mi manchi e ti voglio un bene dellanima.

Poggiai il cellulare sul comodino mettendolo in carica e poggiai la testa sul cuscino crollando allistante nel mondo dei sogni.

Come ogni notte mi ritrovo a fare lo stesso incubo, ripercorro le scene di quella maledetta notte. Rivedo mio padre piangere affianco del mio letto in ospedale.

Ogni notte è la stessa storia io che mi sveglio tutta sudata in preda al panico e poi fatico a riaddormentarmi nuovamente. La storia non cambia mai.


Il suo sorriso provocato da un pallone⚽❤ ( In revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora