<< Io credo in lui. >>
<< Non ce la farà. >>
<< Però potrebbe. >>
<< No, credimi. Non ce la farà. >>
Sei ragazzi e un uomo più anziano, tutti con la medesima t-shirt rossa con scritte dorate, se ne stanno seduti su degli spalti. L'arena è ben illuminata, riempita da uno spazioso tatami giallo e rosso. Il palazzetto è una confusione di atleti in judogi, allenatori e anche tifosi provenienti da svariati paesi, con le bandierine della propria nazione. Ovunque regna la scritta "London 2012". La prima ad aver parlato è una ragazzina: ha la pelle abbronzata e una lunga treccia di capelli castani. Gli occhi color nocciola le brillano, e tiene la mano intrecciata a quella del ragazzo accanto a lei: un giovane poco più alto di lei, con un ciuffo di capelli castano chiaro, quasi biondo, a sporcargli la parte destra del volto. Anche lui osserva concentrato quel che sta per accadere sul tatami. Ad aver risposto alla ragazza è invece l'uomo, decisamente ben piazzato per l'età che dimostra, con un accenno di capelli bianchi e un pizzetto del medesimo colore. Tiene le braccia conserte, lo sguardo serio. Autoritario. Le sue parole sono state lapidarie, ma quei sei ragazzi non smettono di sperare. Nonostante uno, o forse anche più di loro, sappiano benissimo che il loro vecchio accompagnatore ha ragione. Oltre ai due già descritti in precedenza, compongono il gruppo anche un ragazzina minuta dai capelli tagliati a caschetto, neri con sfumature viola acceso, un ragazzo molto alto e grosso con i capelli neri a spazzola e gli occhi stretti, un'altra ragazza molto magra con gli occhiali e un ragazzo con i capelli castani corti e riccioli che tiene in mano una lattina di birra quasi vuota. La più piccola di tutti, quella con i capelli mezzi neri e mezzi viola, stringe forte in mano una bandierina dell'Inghilterra ma non la agita.
<< Io penso che... >>
Il ricciolo non finisce la frase, interdetto.
<< Non è pronto. >>
Ancora l'uomo.
<< Non era pronto ieri, non lo è oggi, e non lo sarà per molto tempo. >>
Nessuno pensa nemmeno per un secondo di smentirlo. Nemmeno la ragazzina con la treccia, che freme dall'agitazione. Segue con gli occhi un'altra persona, che invece è in judogi, sotto gli spalti: un ragazzo alto, fisicato, con la stessa pelle abbronzata di lei, i capelli neri e gli occhi scuri. Sulla schiena, il suo judogi blu recita "England" in piccolo e sotto, più grande: "Ray". L'atleta si sta riscaldando, accanto ad un allenatore che gli bisbiglia all'orecchio, indicando verso il lato opposto del palazzetto, dove un altro giovane, di nazionalità italiana, si stiracchia rilassato. Lo speaker annuncia qualcosa che il gruppetto di magliette rosse sugli spalti sa bene. Ray si avvicina al tappeto, si sistema la cintura marrone, respira profondamente, mette prima un piede e poi l'altro sul tatami. Fa un inchino. Entra.
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Hajime!
Teen FictionNel 2010 Simon Curtis, ragazzo timido ed introverso residente a Milton Keynes, entra nella palestra di Judo "Saigo Tsunejiro", innescando una serie di eventi che lo porteranno a conoscere nuovi compagni e ad affrontare nuove difficoltà. Insieme a lu...