Capitolo 1 ♡

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Mi immersi nell'aria gelida del mattino, con le mani affondate nelle tasche della felpa.
I nuvoloni neri minacciavano tempesta, estinguendo la luce come se, da un giorno all'altro, il sole fosse stato rapito dal suo trono nel cielo.
La borsa gonfia di libri mi colpiva il fianco destro ad ogni passo, facendomi innervosire ulteriormente.
Alzai il viso, sentendo una goccia di pioggia scivolarmi tra i capelli: ero alla vecchia villa Parker, abbandonata e destinata a diventare un rudere già da anni.
Un tempo era una casetta deliziosa: due balconi di pietra, ornati dai gerani, si affacciavano sul giardino punteggiato dalle rose. Ma in quel momento, tutto quello che vidi fu un ammasso di erba secca e bruciata dal sole dell'estate. Le rose estinte, i muri ingrigiti dal traffico della città, i balconi pericolanti e scrostati.
Percepii un movimento dietro al muretto coperto di foglie: un flash, come se un pittore avesse deciso di tracciare una linea bianca con il pennello.
E sapevo che non era stato solo uno scherzo dell'immaginazione, perchè una serie di respiri affannati provenirono dall'albero al limitare del giardino.
Era un vecchio salice, che affondava le radici nel terreno da anni, decenni o forse secoli.
Scavalcai il basso muretto, abbandonando lo zaino sul marciapiede.
Un altro fruscio, altri repiri soffocati: guardai dietro il tronco e i miei occhi si posarono su una piccola bambina con una camicia da notte bianca e strappata.
Piangeva, con il visino affondato nelle mani. Era pallida come uno spettro.
Alzò il viso, squadrandomi con occhi così verdi da ricordare i prati sui cataloghi dell'Irlanda.
Una massa di boccoli biondi le ricadevano sulla schiena, circondandole il viso bianco.
Era magra, sembrava denutrita e trascurata.
Mi sedetti vicino a lei, stringendo le ginocchia al petto.
Lei non disse nulla, seguì i miei movimenti con minuzia.
Poi, improvvisamente, inaspettatamente, come il primo tuono di un temporale, scoppiò in singhiozzi e ricadde a terra.
Era scossa dai tremiti, rabbrividiva, il suo piccolo corpicino scosso dai gemiti.
Allungai la mano, tentando di calmarla accarezzandole i capelli, ma lei scostò la testa, rotolando di fianco.
Mi alzai, correndo verso lo zaino, da cui estrassi il sacchetto del pranzo.
A passi lenti, mi avvicinai a lei: le sue lacrime avevano creato goccioline sulle foglie, come rugiada.
In silenzio, le lasciai il sacchetto accanto, per poi tornare ad appoggiare la schiena al tronco del salice.
I miei occhi la squadrarono quando vide il mio modesto regalo: il suo sguardo si illuminò, come un cielo trapassato da un fulmine violento e improvviso.
Riluttante, prese tra le mani la carta bianca e la aprì, lanciandomi uno sguardo colmo di incertezza e gratitudine al tempo stesso.
Borbottò qualcosa che non capii, addentando la mela; come ringraziamento, mi bastava.
«Non c'é di che.» risposi con un sorriso.
La osservai mangiare, fin quando della mela, non restò neanche il torsolo.
Si accucciò di fronte a me, guardandomi con interesse.
«Io sono Celine. E tu?» aveva una voce piuttosto roca per essere una bambina, quasi come non parlasse da anni.
«Meadow. Hai un bel nome, Celine.» dissi sorridendo.
«Grazie. L'ha scelto mio fratello.» asserì fiera.
«Perché piangevi? Ti sei persa?» chiesi non riuscendo più a trattenere la curiosità.
«No, io... io vivo lì.» il suo indice si puntò contro villa Parker.
Nessuno ci viveva da anni: non c'era luce, non c'era acqua, quel rudere inquietava tutti i bambini del quartiere. Nessuno, nessuno, avrebbe mai pensato di inoltrarsi sotto il suo pericolante tetto.
«Qui? Ma... questa casa é abbandonata da anni ormai.» Mi prendeva in giro, sì. Ai bambini piace scherzare, dopotutto.
«Dico davvero. Vivo qui con i miei fratelli. Loro non sono qui, sai... sono a lavorare. Ma torneranno presto.» disse con un sorriso ad incresparle la pelle pallida del volto.
Non osai ribattere, non sapevo che dire. Come poteva una bambina vivere senza genitori in una casa abbandonata, buia e chiusa, senza acqua ne riscaldamento da almeno un decennio?
«Non mi credi, vero? Beh, chiedi ai miei fratelli e lo diranno anche loro.» protestò al mio silenzio.
«No, io... é solo che non potreste vivere qui.» balbettai incerta sul che dire.
La bambina incrociò le braccia al petto, osservandomi con quello che doveva essere uno sguardo di rimprovero.
Poi, all'improvviso, un lampo accecante squarciò lo spento colore del cielo. Portai istintivamente gli occhi sulla rovina della casa, accorgendomi di un'ombra scura appoggiata al muro portante.

•••
Hey hey ♡
Chiedo umilmente scusa se ho fatto aspettare tipo un mese per postare il capitolo 1.
Ma hey, ora è qui, anche se é corto e probabilmente scritto maluccio, perché non l'ho neanche riletto.
E nulla, accendete una stellina se vi è piaciuto e commentate per dirmi che ne pensate della storia fino ad ora.

Love xx

~Lottie ♡

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 04, 2015 ⏰

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Whitered roses ||Crawford CollinsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora