All'orizzonte? Solo guai.

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Il sole è già calato da un po', ma se volgi lo sguardo a Est del Faro puoi ancora intravvedere gli ultimi raggi del sole che tingono il cielo di un viola che sa d'estate, mentre le montagne si lasciano accarezzare dolcemente da quella coperta che le tinge di oro. Dalla parte opposta, invece, il mare riduce il suo continuo borbottio ad un sussurro appena udibile, mentre contempla pazientemente il cielo ricoperto da una moltitudine di lucciole molto distanti; e poi, nel mezzo, ci sono io. Rallento la velocità -tanto non devo andar da nessuna parte-, e mi abbasso di quota - nessuna nave solca i mari a quest'ora- , e nonostante la poca luce, riesco a vedere la mia immagine riflessa nello specchio d'acqua; in lontananza non c'è nessuno, l'unica cosa visibile, ormai, è soltanto il Faro; e quando finalmente anche questo si riduce prima a una fioca luce, e poi scompare del tutto, una strana sensazione mi pervade tutto, dalle mie zampe palmate fino alla punta rossa del mio becco leggermente ricurvo, ma la cosa strana, o più che altro assurda, è che questa sensazione la provo ogni notte da tutta la mia vita, sempre nello stesso momento, sempre allo stesso modo, sempre.
Mi alzo di quota ed inizio la mia perlustrazione notturna; la luna oggi è quasi piena, e si rende utile illuminandomi il cammino, perché ormai sa ogni mio movimento a memoria, mentre qualche stella avventurosa prova ad imitarmi nel volo, cadendo rovinosamente, fino a spegnersi. Ho appena il tempo di salutare l'avventuriera di turno che la leggera brezza di mare mi porta uno strano odore; lo riconosco subito, questo è odore di uomo!
A qualche chilometro di distanza, ancora in mare aperto, intravedo qualcosa galleggiare; sicuramente una barca, eppure sembra più grossa di quelle che ho visto sino ad ora -e vi posso assicurare che in vita mia ne ho viste tante- ed emana un odore nauseabondo... Ah, gli uomini, forse la specie più folle di questo pianeta! Chissà cosa avranno ingegnato sta volta.

Ho controllato l'imbarcazione per un po', e non risultano movimenti sospetti, tutto appare tranquillo, come le acque che ci circondano, e se il mio intuito non sbaglia, penso che oltre alla calma questo strano affare sia imprevedibile tanto, se non addirittura più, del mare.
E mentre penso ciò plano delicatamente verso il galleggiante, fino ad atterrare silenziosamente su quella che sembra essere il tettuccio della cabina di pilotaggio.La vista non è granché: quello che riesco a scorgere è una lunga piattaforma di decine di metri, contenente migliaia di corpi accalcati uno sopra l'altro, stretti fra loro quasi a voler diventare una sola cosa; mentre dalla cabina, una casa compresa di tutt'e quattro le mura, posta al centro dell'imbarcazione, si intravede una luce fioca, presumibilmente una lanterna, e si sente lo schiamazzare di voci confuse disperse dal sottofondo del mare. Queste sono le uniche informazioni che sono riuscito a raccogliere sta notte; all'orizzonte il cielo inizia già a schiarirsi, è ora di ritornare al mio nido, ma una cosa è certa:qualunque cosa trasporti quel barcone, di certo porta guai.

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