Artemide mi afferrò un braccio e mi condusse fuori dal tempio. La lasciai fare, ancora stordita dalle parole di Ares.
Mi trascinò lungo tutta la via maestra, fino a giungere di fronte alle porte dorate che sigillavano l'ingresso nella città.
La dea si soffermò un attimo poi le sorpassò. "Dove stiamo andando?" Chiesi spazientita divincolandomi dalla sua presa.
"Oltre ai giardini di Persefone," spiegò Artemide facendo un gesto circolare per indicare l'ambiente circostante "c'è un bosco. Ci alleneremo là."
Mentre me lo diceva, osservai meglio l'ambiente in cui ci trovavamo. Eravamo, come spiegato dalla dea, nei giardini sacri a Persefone. Precedentemente, Morfeo mi aveva narrato il mito della creazione di questo luogo, secondo il quale esso fu progettato da Demetra per la figlia quando essa fosse tornata dagli Inferi. Dovetti riconoscere che aveva fatto davvero un buon lavoro. Diviso idealmente in quattro zone da viali acciotolati, ognuna di essa presentava le proprie peculiarità.
Nella prima area alla mia destra, si elevavano maestosi alberi di ciliegio in fiore, accompagnati da cespugli di biancospino, il cui profumo gradevole si espandeva nell' aria.
Procedendo, la seconda porzione aveva una meravigliosa statua che fungeva da fontana, rappresentante Persefone, da cui zampillava acqua cristallina.
Dietro, vi era un laghetto in cui si gettava una cascatella.
Le altre due aree erano invece disseminate di fiori variopinti delle specie più disparate, dai tulipani, alle rose, fino ai rododendri.
Infine, lungo i viali, erano sparse varie panchine.
Era un luogo stupendo, ideale per rilassarsi.
Artemide si schiarì la voce. "Immagino il tuo stupore nel vedere queste meraviglie. Però ora dobbiamo dedicarci all'allenamento."
Già, l'allenamento. Era giunto il momento di dimostrare le mie reali affinità con la dea cacciatrice. Ne sarei stata in grado? Dal loro atteggiamento, era ben chiaro che gli dei non credevano minimamente in me. Anzi, erano certi che avrei fallito. Alzai fieramente il mento. Fosse solo per dimostrargli che avessero torto, sarei riuscita nell' impresa."Seguimi"m'impose Artemide. Eseguii l'ordine e giungemmo in una radura, delimitata da pini. Il loro odore pungente mi pervase le narici. Involontariamente, sorrisi.
Artemide sorrise a sua volta. "Adori questo luogo, eh? La natura incontaminata, le odi alllegre degli uccelli, il gorgoglio dell' acqua, l'odore dei pini..."
"È il paradiso" terminai al posto suo.
Gli occhi della dea luccicarono di gioia. Certo, il termine paradiso era di origine cristiana ma era un chiaro segno della nostra comunanza.
"Passando a cose più serie..." proseguì Artemide "È opportuno che ti fornisca un abbigliamento più comodo." Diedi una rapida occhiata alla mia tunica turchese sfarzosa ed elegante.
Del tutto inadatta ad un allenamento.
Artemide dunque fece un cenno col dito e, in un attimo, il chitone di Afrodite fu sostituito da una veste bianca corta più pratica, corredata da cintura e calzari di pelle. I capelli invece rimasero acconciati in una sorta di chignon.
"Per prima cosa, devo testare le tue abilità nel tiro con l'arco. Se contieni davvero la mia essenza-come penso- dovresti essere una buona tiratrice."
Contenere la mia essenza. Era una definizione che non gradivo per nulla. Sembrava che fossi un contenitore, privo d'identità.
Mi porse un arco di legno di tasso con una corda di lino.
Corrugai la fronte. Un momento. ..come potevo sapere che fosse di legno di tasso? Non avevo mai usato un arco prima d'ora...sicuramente era entrata in gioco la reminiscenza; questo ricordo, che non mi apparteneva, provocava una strana sensazione.
"Allora. ..come ti pare?" Mi chiese Artemide, preoccupata dal mio silenzio.
"È. ..comodo, maneggevole, direi." Ed era vero. L'impugnatura si adattava bene alla mia presa.
"Cosa aspetti...provalo!"
La dea fece comparire dal nulla un bersaglio, posato su un albero.
Con mano tremante, tesi l'arco. Tentai di prendere la mira, ma l'agitazione m'impediva di mantenere ferma la freccia.
Notando il mio nervosismo, Artemide mi si accostò e mi sussurrò parole tranquilizzanti.
"Sei troppo rigida. Rilassa le spalle" mi suggerì. "Prendi un respiro profondo e tira."
Seguii le sue indicazioni, chiusi gli occhi e scoccai la freccia.
"Non male" Non mi resi conto di aver trattenuto il fiato finché la dea non commentò il mio tiro.
Riaprii gli occhi ed osservai il bersaglio. La freccia non aveva colpito il centro esatto, bensì una parte a lato.
Sorrisi. Potevo ritenermi soddisfatta, essendo solo il primo tentativo.
Artemide non fu del mio stesso avviso. "Puoi fare di meglio" sentenziò. "Riprova"
STAI LEGGENDO
Il marchio della cacciatrice
FantasyDiana è un'adolescente qualunque, eccetto che per un particolare: una voglia sul polso, raffigurante un cervo. Lei non ci ha mai prestato molta attenzione... fino al giorno del suo sedicesimo compleanno, quando comincia a bruciarle terribilmente. ...