Gli asterischi indicano il cambio di PoV. Spero che vi piaccia!
Sarebbe dovuto essere un appuntamento al buio. Sapevo solo il suo nome, Clary, e che aveva un anno in meno di me. Tutto questo nacque quando Isabelle decise di volere a tutti i costi trovarmi una ragazza. Mi disse che conosceva una ragazza molto carina e simpatica, che di sicuro mi sarebbe piaciuta, con cui mi sarei divertito e bla bla bla...
Non diedi molto ascolto a quello che mi diceva ma poi mi chiesi: "Perché no? Si tratta solo di uscirci una volta sola".
Così Isabelle organizzò il tutto; saremmo andati a pranzare in una tavola calda a nord di Brooklyn e, se tutto fosse andato bene, dopo avremmo fatto una "romantica" passeggiata al parco. In realtà avrei preferito trovarci in un fast-food e rimpinzarci di doppi cheeseburger con pomodori e cipolle e di patatine deluxe ricoperte di maionese e ketchup, ma Isabelle era irremovibile.
Così, dopo avermi fatto indossare qualcosa di diverso dalla solita t-shirt nera comprata ai saldi invernali di Macy's e avermi sistemato i capelli, già perfetti anche senza il suo aiuto, Isabelle mi accompagnò fino all'entrata del locale dove mi diede gli ultimi consigli, di cui non avevo bisogno, e mi augurò buona fortuna.
Entrai nella tavola calda e mi guardai intorno alla ricerca della ragazza. Izzy mi aveva avvertito che avrebbe indossato un vestitino verde per farsi riconoscere e in questo modo la trovai quasi subito. Era seduta su una panca ad un tavolo accanto al muro ed era intenta a guardarsi intorno sorseggiando una bibita gasata. Indossava un paio di scarponcini neri lucidi ed un vestitino morbido verde al ginocchio che le lasciava scoperte le spalle, sopra alle quali ricadevano dei lunghi riccioli rosso fuoco. Gli occhi si notavano perfino da quella distanza: erano di un color verde intenso simile a quello del suo vestito.
Avvicinandomi riuscì a notare altri particolari del suo aspetto, come ad esempio le lentiggini che le ricoprivano il viso e le spalle o il fatto che fosse incredibilmente bella.
Mi fermai quando arrivai al tavolo dov'era seduta la ragazza. "Ciao, sei Clary?"
Lei rivolse i suoi grandi occhi luminosi su di me e guardandomi sorrise. "Sì, sono io. Tu devi essere Jace, non è vero?" si presentò tendendomi la mano. Io la strinsi delicatamente.
"In carne ed ossa." Mi sedetti davanti a lei e una cameriera con un grembiulino blu ci raggiunse subito.
"Benvenuti da Jack & Decker's, cosa posso portarvi?" ci chiese con voce squillante.
Ordinammo da mangiare e la cameriera si annotò tutto sul suo block notes, dopodiché ci fece un sorriso e scomparì dietro alla porta della cucina. Tornò poco dopo con le nostre bibite.
"Allora Clary, cosa ti piace fare nel tempo libero?" chiesi interessato mentre mi rigiravo il bicchiere di Coca in mano.
"Niente di speciale. Disegno, leggo fumetti," rispose mordicchiando la cannuccia rosa della bibita.
"Disegni? E sei brava?" Ero realmente interessato.
"Me la cavo." Esitò un attimo. "Vuoi vedere qualche mio disegno?" domandò con tono timido.
"Certo, sono curioso."
Allungò il braccio e raggiunse la borsa scamosciata di fianco a lei, la aprì e tirò fuori un blocco da disegno porgendomelo. Lo presi e cominciai a sfogliare la pagine.
Osservai le linee morbide che si sovrapponevano, i chiaroscuri sui volti dei personaggi e ancora le curve marcate, i tratti decisi, quelli più leggeri. Non me ne intendevo di disegno, ma quella era vera arte. Sollevai lo sguardo su Clary che mi osservava timidamente cercando di leggere le emozioni sul mio viso alla vista dei suoi lavori.
"Clary, questa è pura arte. Hai un enorme talento," osservai sincero.
La sua espressione si addolcì e mi rivolse un sorriso.
Poco dopo arrivarono le nostre ordinazioni e cominciammo a mangiare continuando a parlare tra un boccone e l'altro.
Scoprì che il suo nome completo era Clarissa Adele Morgenstern, aveva sedici anni e viveva con la madre e il fratello Jonathan in una casetta in un quartiere residenziale poco distante dalla tavola calda. Il suo migliore amico si chiamava Simon e si conoscevano da quando erano molto piccoli. Con lui condivideva la passione per i fumetti e capitava molto spesso che si trovassero a casa di uno o dell'altro per leggere insieme.
Mentre parlava osservai meglio le sue labbra che si muovevano. Ebbi una strana sensazione, come una specie di attrazione.
Quando finimmo di mangiare e la cameriera dalla voce squillante ebbe portato via i nostri piatti, pagai il conto e ci alzammo per dirigerci verso il parco. Avrei voluto portarla a Central Park, ma si trovava a Manhattan e la strada sarebbe stata troppo lunga, così ci accontentammo di un parco minore lì vicino.
Percorremmo un sentiero alberato e ci sedemmo all'ombra di una grossa quercia appartata. Fu Clary a insistere per quella posizione, poiché sosteneva che fosse un posto molto tranquillo. Io non volevo che sedendosi per terra si sporcasse il vestito, ma a lei sembrava non importare.
Eravamo appoggiati con la schiena al tronco della quercia e guardavamo il viale davanti a noi; le foglie gialle e rosse di inizio autunno erano tutte sparpagliate per terra creando un magnifico tappeto dai toni aranciati.
Cominciò a soffiare un leggero ma pungente venticello e con la coda dell'occhio vidi Clary rabbrividire; mi affrettai a sfilarmi la giacca di jeans e la posai sulle sue spalle nude. Lei mi guardò con i suoi grandi occhi verdi e mi ringraziò stringendosi nella giacca.
Il tempo passò in fretta, troppo in fretta, e, quando il sole cominciò a calare all'orizzonte, fu ora di tornare a casa. Mi alzai dal prato scuotendomi le foglie di dosso e porsi la mano a Clary per aiutarla a sollevarsi. Ripercorremmo nuovamente in viale alberato in direzione dell'uscita.
Quando arrivammo di fronte al vialetto che conduceva a casa sua cominciai a domandarmi cosa avrei dovuto fare: dovevo salutarla e lasciarla entrare o abbandonarmi ai sentimenti e baciarla?
"Allora," cominciò Clary, ma fu interrotta dal rumore della porta d'ingresso che si apriva. Un ragazzo alto e dai capelli biondo platino si affacciò dalla casa e mi guardò con l'aria di un cane da guardia.
Clary sbuffò. "Lui è mio fratello Jonathan, è alquanto protettivo quando si tratta di ragazzi."
Guardai nuovamente il ragazzo e gli feci un cenno di saluto. Lui ricambiò, ma non smise di guardarmi in quel modo.
Ormai un bacio non era neanche vagamente immaginabile.
"Beh, mi sono divertito molto oggi. Mi piacerebbe uscire di nuovo con te. Che ne dici?" domandai con un po' di nervosismo passandomi una mano sulla nuca e ravviando i capelli.
Lei si guardò gli scarponcini, ma subito rialzò lo sguardo su di me sorridendo. "Certo, mi piacerebbe molto."
"Perfetto, allora ti chiamo stasera."
Clary guardò in direzione di suo fratello scoccandogli uno sguardo supplicante, lui sbuffò e per un attimo si girò a guardare i vasi di fiori che decoravano il viale d'ingresso. Approfittando di quell'attimo Clary si sporse verso di me e mi diede un delicato bacio sulla guancia.
"A stasera, allora," e si allontanò verso la porta di casa. Jonathan le mise un braccio attorno alle spalle e insieme entrarono.
Rimasi a guardare la porta anche quando si chiuse e solo dopo qualche secondo riuscì a muovere i primi passi e a dirigermi verso casa mia.
Ripensai a quel bacio: così casto e semplice, ma anche così pieno di significato. Lasciava intendere un seguito, come un invito a continuare per vedere cosa sarebbe successo dopo. Una promessa di qualcosa di più.
STAI LEGGENDO
Apples and vanilla || Clace OS
FanfictionAveva gli occhi spalancati puntati nel vuoto davanti a sé. Due grosse occhiaie nere gli scavavano il viso e le guance erano lucide, come se avesse appena smesso di piangere. Non mi sarei mai immaginata di vedere un ragazzo come lui ridotto in quello...